Il mondo ebraico dell'Europa orientale, cancellato dallo
sterminio nazista e dallo stalinismo, ha trovato in Isaac B. Singer
- recentemente scomparso - il suo più sensibile cantore. Le
radici dell'illuminismo ebraico e la valorizzazione della cultura
yiddish.
Lo scorso luglio a Surfside in Florida è
morto all'età di 87 anni Isaac Bashevis Singer, massimo
scrittore yiddish del nostro secolo. La grande stagione
della letteratura yiddish inizia nella seconda metà
del secolo scorso grazie alle opere di Mendele Moykher Sforim
(1836-1917), Sholem Aleichem (1859-1916) e Isaac Leib
Peretz (1852-1915), ma il suo patrimonio umano, culturale e
linguistico affonda le radici in una tradizione plurisecolare. Lo
yiddish (forma corrotta del tedesco antico yudish,
cioè ebraico) era la lingua degli ebrei ashkenazim
(parola ebraica per tedeschi) che a causa delle persecuzioni erano
emigrati nel tardo medioevo dalla Germania verso la Polonia e i
territori limitrofi russi, lituani e ucraini. Lo yiddish però
non è l'ebraico anche se ne conserva i caratteri e la
scrittura da destra a sinistra. Si tratta di un dialetto
mittelhochdeutsch (medioaltotedesco) di impronta francone e
alemanna che contiene numerose parole e frasi idiomatiche ebraiche
cui si sono aggiunte una notevole quantità di parole slave.
Le prime designano concetti, oggetti e pratiche della sfera
spirituale e religiosa, ma anche di quella familiare; le seconde
aspetti e momenti della vita quotidiana. Come tutte le lingue anche
lo yiddish subì un continuo processo di trasformazione
e a seconda delle zone di insediamento delle varie comunità
ebraiche assimilò componenti di diverse lingue che col tempo
finirono per distinguere lo yiddish lituano da quello
polacco e da quello russo-meridionale. Tra la fine dell'800 e i
primi anni del nostro secolo si formò anche uno yiddish
fortemente americanizzato in seguito alla grande emigrazione
ebraica negli Stati Uniti. Lo yiddish poiché era
parlato dal popolo nelle strade e nei mercati delle shtetlach
(plurale di shtetl, dal tedesco shtadt, città
o villaggio), dalle donne e dai bambini nell'ambiente familiare, era
definito mame-loshen (lingua della mamma) da distinguersi
dalla lingua ebraica considerata loshen-ha-kodesh (la lingua
sacra) che veniva usata nelle cerimonie ufficiali, nelle preghiere e
per elaborare la colta e raffinata letteratura rabbinica.
Idillio amabile e struggente
Molti datano le iniziali manifestazioni della lingua yiddish
nel periodo compreso tra il 1000 e il 1250, i primi testi
manoscritti risalgono infatti al XII secolo mentre le prime
pubblicazioni a stampa compaiono verso la metà del
Cinquecento. Considerata la lingua delle donne i suoi primi
documenti letterari risultano essere versioni popolareggianti della
Torah e del Talmud, testi devozionali per le
fanciulle, raccolte di favole, leggende e storie
cavalleresche. Ritenuto a lungo un plebeo e volgare jargon,
fu il Chaddismo, che propugnava una religione semplice e
familiare imperniata sulla leggenda e sul racconto, a contribuire
alla sua rinascita. Il Chaddismo, movimento religioso
mistico-popolare fondato da Israel Ben Eliezer più noto con
il titolo di Baal Shem Tov (Il Signore del Santo Nome) (1700? 1760),
rappresentava la ribellione dei poveri e degli ignoranti contro il
predominio dei dotti rabbini e contro coloro che in seno alla
keillah (comunità) detenevano il potere.
Contemporaneamente l'Haskalah (illuminismo ebraico), benché
avverso ai materiali folclorici e superstiziosi della letteratura
popolare, contribuì ad elevare lo yiddish a mezzo di
comunicazione tra gli intellettuali e le masse popolari.Volendo
educare il popolo i maskilim (illuministi) furono costretti a
parlare quell'idioma per poter diffondere le loro idee. Usato
precedentemente per i proverbi e i libri di favole per le donne e i
bambini, lo yiddish si stava piano piano trasformando in una
vera lingua letteraria. Ciò spiegherebbe secondo i più
autorevoli studiosi di questa lingua come mai nella letteratura
yiddish a differenza delle altre, la narrativa di appendice
anticipi anziché seguire il grande romanzo. Discriminati
dalla iniqua legislazione razzista che considerava gli ebrei come
inorodtsy (quelli nati altrove), avversati dalle altre
popolazioni dell'impero, nel forzato isolamento dello shtetl
e di una struttura arretrata e oppressiva che non permetteva loro
alcuna possibilità di scelta politico-sociale, la narrativa
yiddish - come giustamente sostiene Claudio Magris - dette
"vita ad un idillio amabile e struggente, capace di affrontare
con il sorriso e con lo humour la tragedia e la desolazione
sempre imminenti e di celebrare con disillusa tenerezza gli affetti
individuali e familiari, i quali offrivano l'unico spazio spirituale
in cui rifugiarsi da una storia che era solo persecuzione e
dolore". Il mondo ebraico orientale è stato poi
cancellato dallo sterminio nazista e dalle persecuzioni staliniane,
ma la cultura e la letteratura yiddish, bagaglio ideale delle
grandi masse ebraiche emigrate nel nuovo mondo alla fine del secolo
scorso per sfuggire alla miseria e ai ricorrenti e sanguinosi pogrom
zaristi, è sopravvissuta negli Stati Uniti ed ha trovato in
Isaac Bashevis Singer il suo massimo cantore. Nato il 14 luglio
1904 a Radzymin, nella Polonia più ebraica che si possa
immaginare, e cresciuto in una famiglia chassidica, ricevette
un'educazione profondamente religiosa che lo destinava al rabbinato.
L'ambiente familiare, l'infanzia trascorsa fra sinagoghe e yeshivot
(scuole di studi talmudici) e poi ancora il Beth Din
(tribunale rabbinico) tenuto dal padre nella loro stessa casa di Via
Krochmalna 10 a Varsavia, segnarono la sua personalità. Come
il fratello Israel Joshua, anch'egli scrittore di grande talento,
rigettò ben presto l'insegnamento religioso e si impegnò
nell'Haskalah per divenire uno dei membri della bohéme
ebraica di Varsavia.
Nella lingua degli esuli
Incominciò la sua carriera di scrittore come giornalista
e traduttore in yiddish delle grandi opere della letteratura
europea. Anche quando nel 1935 raggiunse il fratello a New York non
rinnegò mai queste sue prime esperienze e non rinunciò
mai alla sua attività giornalistica che considerava per uno
scrittore come una eccellente scuola formativa. Negli Stati Uniti
tenne una rubrica fissa sul "Jewish Daily Forward", dove
fino alla morte pubblicò i suoi scritti in yiddish, la
lingua degli esuli, la lingua senza terra e senza frontiera che non
godeva dell'appoggio dei governi, come amava sottolineare. Per non
essere confuso con il fratello, autore già affermato dopo il
successo del romanzo I fratelli Ashkenazi, scrisse usando una
infinita serie di pseudonimi come IsaacWarshausky o Isaac
Bashevis (storpiatura del nome della madre Bas-sheva, Betsabea in
yiddish) e solo quando gli editori americani gli aprirono le porte
si firmò Isaac Bashevis Singer. In Polonia era già
uscito a puntate su un giornale, ma non ancora in volume, il suo
primo romanzo Satana a Goray , ma quello che lo rivelò
al grande pubblico americano fu La famiglia Moskat
considerato il suo lavoro migliore. Pubblicato nel 1950 è una
classica saga familiare che descrive attraverso le molteplici
vicende di una famiglia ebrea di Varsavia il declino del mondo
ebraico-orientale: "Il mio mondo - ricorderà in seguito
- non esisteva più. Per farlo esistere ancora, per sempre,
dovevo rappresentarlo in un libro". Con La fortezza,
uscito nel 1967, e La proprietà del 1969, Singer
proseguì in questa opera di ricostruzione storica
dell'ebraismo polacco del XIX secolo alla vigilia del genocidio,
collocandosi all'interno della grande tradizione narrativa russa di
Tolstoj e Dostoevskij a cui il fratello lo aveva iniziato. Ma Il
Mago di Lublino (1960) e Lo schiavo (1962), più
una infinità di novelle raccolte tra la fine degli anni 50 e
i primi anni 60 in The Spinoza of Market Street e Gimpel
l'idiota , ci svelano un Singer molto diverso da quello del
romanzo storico ma sicuramente più a suo agio su questo
terreno che gli permetteva di sfruttare al meglio la sua fervida
immaginazione. Molti di questi racconti hanno per narratori
uomini e donne ordinari come la maggioranza di coloro che abitavano
le borgate ebraiche sempre in bilico tra due mondi, rurale e urbano,
dove la credenza e la superstizione della religione popolare era più
forte. Fantastico e soprannaturale si intrecciano allora in
queste storie di pazzi e filosofi, di folletti maligni e ingenui
contadini, di esseri fuori dal comune per la loro bontà o la
loro depravazione. Un'infinità di racconti scritti non solo
per gli adulti ma anche per i bambini: "Alcune di queste storie
- disse - me le raccontò mia madre: sono novelle
folcloristiche che lei ascoltò da sua madre e da sua nonna...
le ho rinarrate a modo mio... nei miei scritti non esiste una
differenza sostanziale fra le storie per adulti e quelle per il
mondo dei piccoli. Ai nostri giorni, quando la letteratura è
prossima a smarrire il proprio indirizzo e il raccontare novelle sta
diventando un'arte dimenticata, i ragazzi sono i lettori ideali".
Lo stesso spirito investe le pagine, sempre più lontane dalla
Polonia che ricordava, delle successive raccolte pubblicate negli
anni seguenti: Un amico di Kafka,Una corona di piume,
La morte di Matusalemme solo per citarne alcune.
Un mondo che non c'è più
Oramai anche il mondo della metropoli americana gli era divenuto
familiare tanto da fargli affrontare un tema del tutto newyorchese,
usciva così nel 1970 il romanzo Nemici: una storia
d'amore, che si riferiva all'olocausto ed ai sopravvissuti. Nel
1978 giunse poi inaspettato il Premio Nobel "per la sua arte
narrativa appassionata, che, con radici in una tradizione culturale
ebraico-polacca, dà vita a condizioni umane universali".
Quel riconoscimento rappresentò per Singer la definitiva
consacrazione di grande scrittore. Tradotto in tutte le lingue
("anche in giapponese" rideva divertito l'autore), il
successo che i suoi romanzi e le sue novelle incontrano, l'influenza
che esercitano su autori e lettori ebrei e non ebrei testimoniano
della sua grande importanza letteraria. Dopo il genocidio Singer
divenne il depositario di un mondo che non c'è più.
Con lui il mondo ebraico dello Shtetl, immagine centrale e
simbolo della letteratura yiddish entra nell'immaginario
occidentale. I suoi rabbini, i suoi talmudisti assorti nello studio
della Legge, i suoi artigiani, i suoi mercanti, i suoi luftmentchen
(uomini che vivono nell'aria), che consumano le loro vite e le loro
passioni nelle sue strade fangose, ci appaiono nello stesso tempo
vicini e lontani, familiari ed esotici, lontani nel tempo e nello
spazio, ma sempre presenti nella nostra memoria.
Haskala / Fermento
ideologico e rivolta
Il movimento
illuminista ebraico HASKALA (dall'ebraico SECHEL che
significa intelligenza e comprensione) sorge e dipende da tutto il
movimento filosofico europeo che inizia nel sec. XVII e ha il suo
massimo sviluppo nel sec. XVIII. Diffusosi tra gli ebrei verso la
metà del Settecento non costituì qualcosa di
totalmente nuovo, ma può essere ricondotto alle tendenze
razionalistiche presenti nel pensiero ebraico fin dai tempi di
Maimnide. Ispiratore ne era stato il filosofo tedesco Moses
Mendelssohn, ma mentre in Germania l'illuminismo ebraico si era
sviluppato in un ambiente di lingua germanica e affondava le sue
radici nel pensiero del popolo tedesco, nell'Europa orientale aveva
radici nella lingua ebraica e nel pensiero degli ebrei. Nell'ombra durante
la suprema reazione zarista, si manifestò apertamente nel
primo periodo del regno di Alessandro II spingendo per la
trasformazione della vita ebraica. Lo scopo principale era quello di
stimolare le autorità russe al miglioramento delle condizioni
materiali degli ebrei. Molti intellettuali che si erano avvicinati
al movimento e che aspiravano alla completa integrazione nella
società russa, credevano che il processo iniziato con le
rivoluzioni americana e francese potesse presto o tardi influenzare
anche l'Est europeo emancipando politicamente gli ebrei e le altre
minoranze dell'Impero. Nella diffusione delle idee di libertà
e uguaglianza professate dalla HASKALA la stampa svolse un
ruolo preponderante e si impegnò in una lotta su tre fronti:
contro la discriminazione e l'oppressione che subiva la popolazione
ebraica, esigendo per essa l'uguaglianza dei diritti; contro il
conservatorismo sia sociale che intellettuale della comunità
ebraica; infine a differenza di quanto avveniva in Occidente,
rigettò l'assimilazione assumendo un carattere decisamente
nazionale. Tuttavia
l'illuminismo, che nell'Europa occidentale aveva dato vita a vere e
proprie rivoluzioni, in Russia non riuscì ad instaurare
sistemi egualitari e il paese continuò ad essere governato da
una monarchia assoluta e retrograda. Benché la sua influenza
fosse enorme soprattutto in campo linguistico e letterario, molti
subirono il fascino per le riforme sociali e culturali di cui la
HASKALA era simbolo e ben presto si avvicinarono alle nuove
idee radicali che si diffondevano in tutta Europa: il socialismo e
l'anarchismo. La fede che
ispirava questa intellighenzia non poteva che essere accolta e
amplificata dalle sfruttate masse ebraiche. La HASKALA aveva
preparato il terreno al fermento ideologico e alla rivolta.