Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 21 nr. 185
ottobre 1991


Rivista Anarchica Online

Tra fantastico e quotidiano
di Furio Biagini

Il mondo ebraico dell'Europa orientale, cancellato dallo sterminio nazista e dallo stalinismo, ha trovato in Isaac B. Singer - recentemente scomparso - il suo più sensibile cantore. Le radici dell'illuminismo ebraico e la valorizzazione della cultura yiddish.

Lo scorso luglio a Surfside in Florida è morto all'età di 87 anni Isaac Bashevis Singer, massimo scrittore yiddish del nostro secolo.
La grande stagione della letteratura yiddish inizia nella seconda metà del secolo scorso grazie alle opere di Mendele Moykher Sforim (1836-1917), Sholem Aleichem (1859-1916) e Isaac Leib Peretz (1852-1915), ma il suo patrimonio umano, culturale e linguistico affonda le radici in una tradizione plurisecolare.
Lo yiddish (forma corrotta del tedesco antico yudish, cioè ebraico) era la lingua degli ebrei ashkenazim (parola ebraica per tedeschi) che a causa delle persecuzioni erano emigrati nel tardo medioevo dalla Germania verso la Polonia e i territori limitrofi russi, lituani e ucraini. Lo yiddish però non è l'ebraico anche se ne conserva i caratteri e la scrittura da destra a sinistra. Si tratta di un dialetto mittelhochdeutsch (medioaltotedesco) di impronta francone e alemanna che contiene numerose parole e frasi idiomatiche ebraiche cui si sono aggiunte una notevole quantità di parole slave. Le prime designano concetti, oggetti e pratiche della sfera spirituale e religiosa, ma anche di quella familiare; le seconde aspetti e momenti della vita quotidiana. Come tutte le lingue anche lo yiddish subì un continuo processo di trasformazione e a seconda delle zone di insediamento delle varie comunità ebraiche assimilò componenti di diverse lingue che col tempo finirono per distinguere lo yiddish lituano da quello polacco e da quello russo-meridionale. Tra la fine dell'800 e i primi anni del nostro secolo si formò anche uno yiddish fortemente americanizzato in seguito alla grande emigrazione ebraica negli Stati Uniti. Lo yiddish poiché era parlato dal popolo nelle strade e nei mercati delle shtetlach (plurale di shtetl, dal tedesco shtadt, città o villaggio), dalle donne e dai bambini nell'ambiente familiare, era definito mame-loshen (lingua della mamma) da distinguersi dalla lingua ebraica considerata loshen-ha-kodesh (la lingua sacra) che veniva usata nelle cerimonie ufficiali, nelle preghiere e per elaborare la colta e raffinata letteratura rabbinica.

Idillio amabile e struggente
Molti datano le iniziali manifestazioni della lingua yiddish nel periodo compreso tra il 1000 e il 1250, i primi testi manoscritti risalgono infatti al XII secolo mentre le prime pubblicazioni a stampa compaiono verso la metà del Cinquecento. Considerata la lingua delle donne i suoi primi documenti letterari risultano essere versioni popolareggianti della Torah e del Talmud, testi devozionali per le fanciulle, raccolte di favole, leggende e storie cavalleresche.
Ritenuto a lungo un plebeo e volgare jargon, fu il Chaddismo, che propugnava una religione semplice e familiare imperniata sulla leggenda e sul racconto, a contribuire alla sua rinascita. Il Chaddismo, movimento religioso mistico-popolare fondato da Israel Ben Eliezer più noto con il titolo di Baal Shem Tov (Il Signore del Santo Nome) (1700? 1760), rappresentava la ribellione dei poveri e degli ignoranti contro il predominio dei dotti rabbini e contro coloro che in seno alla keillah (comunità) detenevano il potere. Contemporaneamente l'Haskalah (illuminismo ebraico), benché avverso ai materiali folclorici e superstiziosi della letteratura popolare, contribuì ad elevare lo yiddish a mezzo di comunicazione tra gli intellettuali e le masse popolari.Volendo educare il popolo i maskilim (illuministi) furono costretti a parlare quell'idioma per poter diffondere le loro idee. Usato precedentemente per i proverbi e i libri di favole per le donne e i bambini, lo yiddish si stava piano piano trasformando in una vera lingua letteraria. Ciò spiegherebbe secondo i più autorevoli studiosi di questa lingua come mai nella letteratura yiddish a differenza delle altre, la narrativa di appendice anticipi anziché seguire il grande romanzo.
Discriminati dalla iniqua legislazione razzista che considerava gli ebrei come inorodtsy (quelli nati altrove), avversati dalle altre popolazioni dell'impero, nel forzato isolamento dello shtetl e di una struttura arretrata e oppressiva che non permetteva loro alcuna possibilità di scelta politico-sociale, la narrativa yiddish - come giustamente sostiene Claudio Magris - dette "vita ad un idillio amabile e struggente, capace di affrontare con il sorriso e con lo humour la tragedia e la desolazione sempre imminenti e di celebrare con disillusa tenerezza gli affetti individuali e familiari, i quali offrivano l'unico spazio spirituale in cui rifugiarsi da una storia che era solo persecuzione e dolore".
Il mondo ebraico orientale è stato poi cancellato dallo sterminio nazista e dalle persecuzioni staliniane, ma la cultura e la letteratura yiddish, bagaglio ideale delle grandi masse ebraiche emigrate nel nuovo mondo alla fine del secolo scorso per sfuggire alla miseria e ai ricorrenti e sanguinosi pogrom zaristi, è sopravvissuta negli Stati Uniti ed ha trovato in Isaac Bashevis Singer il suo massimo cantore.
Nato il 14 luglio 1904 a Radzymin, nella Polonia più ebraica che si possa immaginare, e cresciuto in una famiglia chassidica, ricevette un'educazione profondamente religiosa che lo destinava al rabbinato. L'ambiente familiare, l'infanzia trascorsa fra sinagoghe e yeshivot (scuole di studi talmudici) e poi ancora il Beth Din (tribunale rabbinico) tenuto dal padre nella loro stessa casa di Via Krochmalna 10 a Varsavia, segnarono la sua personalità. Come il fratello Israel Joshua, anch'egli scrittore di grande talento, rigettò ben presto l'insegnamento religioso e si impegnò nell'Haskalah per divenire uno dei membri della bohéme ebraica di Varsavia.

Nella lingua degli esuli
Incominciò la sua carriera di scrittore come giornalista e traduttore in yiddish delle grandi opere della letteratura europea. Anche quando nel 1935 raggiunse il fratello a New York non rinnegò mai queste sue prime esperienze e non rinunciò mai alla sua attività giornalistica che considerava per uno scrittore come una eccellente scuola formativa. Negli Stati Uniti tenne una rubrica fissa sul "Jewish Daily Forward", dove fino alla morte pubblicò i suoi scritti in yiddish, la lingua degli esuli, la lingua senza terra e senza frontiera che non godeva dell'appoggio dei governi, come amava sottolineare. Per non essere confuso con il fratello, autore già affermato dopo il successo del romanzo I fratelli Ashkenazi, scrisse usando una infinita serie di pseudonimi come IsaacWarshausky o Isaac Bashevis (storpiatura del nome della madre Bas-sheva, Betsabea in yiddish) e solo quando gli editori americani gli aprirono le porte si firmò Isaac Bashevis Singer.
In Polonia era già uscito a puntate su un giornale, ma non ancora in volume, il suo primo romanzo Satana a Goray , ma quello che lo rivelò al grande pubblico americano fu La famiglia Moskat considerato il suo lavoro migliore. Pubblicato nel 1950 è una classica saga familiare che descrive attraverso le molteplici vicende di una famiglia ebrea di Varsavia il declino del mondo ebraico-orientale: "Il mio mondo - ricorderà in seguito - non esisteva più. Per farlo esistere ancora, per sempre, dovevo rappresentarlo in un libro".
Con La fortezza, uscito nel 1967, e La proprietà del 1969, Singer proseguì in questa opera di ricostruzione storica dell'ebraismo polacco del XIX secolo alla vigilia del genocidio, collocandosi all'interno della grande tradizione narrativa russa di Tolstoj e Dostoevskij a cui il fratello lo aveva iniziato. Ma Il Mago di Lublino (1960) e Lo schiavo (1962), più una infinità di novelle raccolte tra la fine degli anni 50 e i primi anni 60 in The Spinoza of Market Street e Gimpel l'idiota , ci svelano un Singer molto diverso da quello del romanzo storico ma sicuramente più a suo agio su questo terreno che gli permetteva di sfruttare al meglio la sua fervida immaginazione. Molti di questi racconti hanno per narratori uomini e donne ordinari come la maggioranza di coloro che abitavano le borgate ebraiche sempre in bilico tra due mondi, rurale e urbano, dove la credenza e la superstizione della religione popolare era più forte. Fantastico e soprannaturale si intrecciano allora in queste storie di pazzi e filosofi, di folletti maligni e ingenui contadini, di esseri fuori dal comune per la loro bontà o la loro depravazione. Un'infinità di racconti scritti non solo per gli adulti ma anche per i bambini: "Alcune di queste storie - disse - me le raccontò mia madre: sono novelle folcloristiche che lei ascoltò da sua madre e da sua nonna... le ho rinarrate a modo mio... nei miei scritti non esiste una differenza sostanziale fra le storie per adulti e quelle per il mondo dei piccoli. Ai nostri giorni, quando la letteratura è prossima a smarrire il proprio indirizzo e il raccontare novelle sta diventando un'arte dimenticata, i ragazzi sono i lettori ideali". Lo stesso spirito investe le pagine, sempre più lontane dalla Polonia che ricordava, delle successive raccolte pubblicate negli anni seguenti: Un amico di Kafka, Una corona di piume, La morte di Matusalemme solo per citarne alcune.

Un mondo che non c'è più
Oramai anche il mondo della metropoli americana gli era divenuto familiare tanto da fargli affrontare un tema del tutto newyorchese, usciva così nel 1970 il romanzo Nemici: una storia d'amore, che si riferiva all'olocausto ed ai sopravvissuti. Nel 1978 giunse poi inaspettato il Premio Nobel "per la sua arte narrativa appassionata, che, con radici in una tradizione culturale ebraico-polacca, dà vita a condizioni umane universali". Quel riconoscimento rappresentò per Singer la definitiva consacrazione di grande scrittore. Tradotto in tutte le lingue ("anche in giapponese" rideva divertito l'autore), il successo che i suoi romanzi e le sue novelle incontrano, l'influenza che esercitano su autori e lettori ebrei e non ebrei testimoniano della sua grande importanza letteraria.
Dopo il genocidio Singer divenne il depositario di un mondo che non c'è più. Con lui il mondo ebraico dello Shtetl, immagine centrale e simbolo della letteratura yiddish entra nell'immaginario occidentale. I suoi rabbini, i suoi talmudisti assorti nello studio della Legge, i suoi artigiani, i suoi mercanti, i suoi luftmentchen (uomini che vivono nell'aria), che consumano le loro vite e le loro passioni nelle sue strade fangose, ci appaiono nello stesso tempo vicini e lontani, familiari ed esotici, lontani nel tempo e nello spazio, ma sempre presenti nella nostra memoria.

Haskala / Fermento ideologico e rivolta

Il movimento illuminista ebraico HASKALA (dall'ebraico SECHEL che significa intelligenza e comprensione) sorge e dipende da tutto il movimento filosofico europeo che inizia nel sec. XVII e ha il suo massimo sviluppo nel sec. XVIII. Diffusosi tra gli ebrei verso la metà del Settecento non costituì qualcosa di totalmente nuovo, ma può essere ricondotto alle tendenze razionalistiche presenti nel pensiero ebraico fin dai tempi di Maimnide. Ispiratore ne era stato il filosofo tedesco Moses Mendelssohn, ma mentre in Germania l'illuminismo ebraico si era sviluppato in un ambiente di lingua germanica e affondava le sue radici nel pensiero del popolo tedesco, nell'Europa orientale aveva radici nella lingua ebraica e nel pensiero degli ebrei.
Nell'ombra durante la suprema reazione zarista, si manifestò apertamente nel primo periodo del regno di Alessandro II spingendo per la trasformazione della vita ebraica. Lo scopo principale era quello di stimolare le autorità russe al miglioramento delle condizioni materiali degli ebrei. Molti intellettuali che si erano avvicinati al movimento e che aspiravano alla completa integrazione nella società russa, credevano che il processo iniziato con le rivoluzioni americana e francese potesse presto o tardi influenzare anche l'Est europeo emancipando politicamente gli ebrei e le altre minoranze dell'Impero. Nella diffusione delle idee di libertà e uguaglianza professate dalla HASKALA la stampa svolse un ruolo preponderante e si impegnò in una lotta su tre fronti: contro la discriminazione e l'oppressione che subiva la popolazione ebraica, esigendo per essa l'uguaglianza dei diritti; contro il conservatorismo sia sociale che intellettuale della comunità ebraica; infine a differenza di quanto avveniva in Occidente, rigettò l'assimilazione assumendo un carattere decisamente nazionale.
Tuttavia l'illuminismo, che nell'Europa occidentale aveva dato vita a vere e proprie rivoluzioni, in Russia non riuscì ad instaurare sistemi egualitari e il paese continuò ad essere governato da una monarchia assoluta e retrograda. Benché la sua influenza fosse enorme soprattutto in campo linguistico e letterario, molti subirono il fascino per le riforme sociali e culturali di cui la HASKALA era simbolo e ben presto si avvicinarono alle nuove idee radicali che si diffondevano in tutta Europa: il socialismo e l'anarchismo.
La fede che ispirava questa intellighenzia non poteva che essere accolta e amplificata dalle sfruttate masse ebraiche. La HASKALA aveva preparato il terreno al fermento ideologico e alla rivolta.