A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Tesi sacrosante reiterate, fino ad indebolirle
In materia di comunicazione vige una legge implicita: se un
argomento è buono, più lo ribadisci e più lo
indebolisci. Se poi l'argomento buono concerne una gran generalità
di questioni, è del tutto controproducente estenderlo alla
totalità: di un argomento così totalitario, io,
sospetto sempre, e il buono in esso contenuto comincia ad apparirmi
meno buono. Accade che un regista abbracci una tesi e che,
nell'enfasi di dimostrarla, commetta più di un errore - per
esempio, addomesticando tutti gli eventi da lui narrati al fine di
renderli coerenti alla tesi medesima. Finisce così per
costruire un universo logicamente chiuso, in cui tutto - dalla
battuta del protagonista allo sviluppo degli eventi - risulta
perfettamente compatibile, conseguenziale, a rispecchiare un mondo
aristotelico dove i rapporti di causa e di effetto rispettano le
ambizioni (e le illusioni) di razionalità del
narratore. Fermo restando, allora, che una teoria anarchica della
narrazione sia ancora tutta da formulare, possiamo dire che di
questo crampo mentale rimane vittima Thelma&Louise di
Ridley Scott, regista britannico oggidì in amor di America
cui la storia del cinema elegante deve, a seconda dei gusti, I
duellanti, Alien, Blade Runner, Legend o Chi protegge il
testimone. Sembrerebbe premergli, a Scott, il riscatto
dell'immaginario femminile: ed eccolo, dunque, alle prese con Thelma
(la Geena Davis plaudita in Turista per caso) e con Louise
(Susan Saradon), le due amiche americane che dalla sottomissione
quotidiana pervengono alla definitiva liberazione passando per un
tentativo di stupro, un omicidio, amore, ciucche e rabbia, rapine e
riparazione di torti storici e meno storici. La soluzione
narrativa è di quelle che, andando sul sicuro e sul
collaudato, si affidano alla strada. Tanto per dire che di nuovo non
ci si deve aspettare granché - per un verso siamo al solito
europeo che vede l'America, per la serie Paris, Texas (serie,
alla fin fine, meno disprezzabile di altre qualora lo spettatore sia
disposto a digerirsi la cospicua porzione di melodrammaticità
che sembrerebbe d'obbligo). Film diretto bene, fotografato
meglio, musicato stupendamente sui rumori della carreggiata e sui
silenzi dei canyon, scaturito forse dalle più pie intenzioni
di questo mondo, Thelma&Louise eccede nel raccogliere
simpatie intorno alle sue due eroine e frana senza misericordia
addirittura nel caricaturale allorquando della simpatia non si
accontenta più e mira all'aureola: ecco che allora ci tocca
notare come la sceneggiatura riservi ai maschietti soltanto
ridicolaggine di parola e nefandezze d'azione, o come, nell'arte
dell'inseguimento, alla polizia americana tocchino le stesse figure
barbine che gli toccavano nei film di Jerry Lewis o di Eddie Murphy.
Tanto è vero che al palpito segue il riso liberatorio; tanto
è vero che all'indignazione segue il sollievo - fino
al momento magico in cui il sacrificio finale ci viene ammannito
sotto forma di stilizzazione suprema con i titoli di coda. Peccato.
Alla fresca e spontanea evoluzione del ritratto delle protagoniste
fa riscontro un contesto umano e cinematografico via via più
fittizio. Peccato, perché, così facendo, quel che
poteva sembrare a prima vista una denuncia si è rivelata come
letteratura consolatoria.