Rivista Anarchica Online
Meglio soli che...
Trascorso un certo periodo dall'accadimento di un dato fenomeno,
il fenomeno stesso può essere analizzato con maggiore
chiarezza e lucidità venendone meno, nel giudizio che si
forma, gli aspetti emotivo/irrazionali che sempre si accompagnano ad
ogni considerazione umana su qualsivoglia fatto. Ebbene, questa
osservazione mi sembra possa essere fatta anche per un fenomeno come
quello della Pantera, il movimento studentesco che lo scorso anno si
è battuto per alcuni mesi, occupando le università,
contro il tentativo di riforme e privatizzazioni pensato dal
ministro Ruberti. Mi sembra sia il tempo per un tentativo di analisi
più seria di quella data dagli studenti anarchici, io stesso
per primo, la scorsa primavera, durante il periodo caldo.
Si tratta di un giudizio che spero smentito dai fatti, anche se
ciò attualmente mi pare difficile, dato che la Pantera, se
non agonizzante, pare quanto meno in letargo. Premetto che,
proprio in quanto studente, non posseggo ancora strumenti di analisi
elaborati, per cui quelle che seguono sono solo considerazioni di
chi ha vissuto in prima persona il fenomeno. Dunque cominciamo
col dire che, nelle analisi che sono state fatte da parte anarchica,
si sono gravemente confuse le forme con i contenuti. Ammetto che
io stesso, partecipando alla prima grande protesta della mia vita,
sono rimasto abbagliato dal modo in cui tutto ciò è
avvenuto: democrazia diretta, deleghe revocabili, discussioni
collettive, rifiuto della rappresentanza, ecc. ecc.. E' stato un
periodo bellissimo, in cui dopo anni si è tornati a
ridiscutere nelle Università, un periodo di creatività
in cui parte degli studenti hanno ripreso coscienza del proprio
status, hanno voluto dire la loro su riforme e decisioni che
venivano prese dall'alto, sulla loro testa. Azione diretta,
opposizione alla politica mafiosa dei Cattolici Popolari, volontà
di decidere direttamente benissimo, giustissimo. Ma quali sono stati
i contenuti, che cosa voleva (e vuole) la Pantera? Qui entriamo nel
campo dell'opinabile, perché la Pantera, proprio in quanto
movimento, in quanto cioè non istituzionalizzata, è
rimasta su un terreno di protesta e di mera contrapposizione,
terreno che io credo sarà difficile superare, e poi spiegherò
il perché. Mi sembra più facile dire ciò che
la Pantera non voleva, la privatizzazione, piuttosto che ciò
che voleva. Individuo dunque la Pantera come quel movimento
studentesco che s'oppone alla privatizzazione. La Pantera, a mio
avviso, fa dunque parte di quel più ampio movimento sociale
che in questo periodo, nei paesi occidentali, si oppone allo
smantellamento del welfare State. Poiché questo movimento è
sicuramente di sinistra, poiché è alimentato e
sostenuto da partiti comunisti e, in altri stati, socialisti, dai
sindacati e dai gruppi di sinistra, se ne deduce che è un
movimento in difesa dello stato, del sistema pubblico (identificato
con lo stato), contro la svendita ai privati di aziende, apparati,
strutture dello stato, svendita messa in atto per sanare deficit
spaventosi di bilanci e gravi inefficienze del sistema pubblico. Un
movimento, dunque, che, pur con varie sfumature, si pone,
implicitamente o esplicitamente, volente o nolente, in difesa
dello stato (non di questo particolare stato, ma di quello che si
vorrebbe), alimentando in tal senso il mito comunista del sistema
pubblico come panacea di tutti i mali. I Buoni Funzionari statali, i
Buoni Amministratori della cosa pubblica, contro i cattivi manager,
i cattivi imprenditori che pensano solo al proprio tornaconto. Io
penso che la Pantera, anche se può avere tutte le forme
libertarie che vuole, non sfugga assolutamente a questa sostanza.
Analizziamo da chi è composta la Pantera: possiamo vedere
che è un movimento di sinistra, se non di estrema sinistra.
Per ciò che ho potuto constatare, anche se vi erano
moltissimi studenti che non avevano una chiara identità
politica, la stragrande maggioranza degli studenti politicizzati era
comunista (non intendo PCI; ma, indipendentemente dalla parrocchia,
di formazione mentale comunista). Certo, magari di un comunismo
diverso da quello di vent'anni fa, magari non stalinista (e lo si è
visto dai modi libertari), comunque gente con un'idea forte dello
stato, molto più forte di molti altri gruppi e individualità
che non hanno preso parte alla Pantera. La contestazione, come
dicevamo, si è limitata ad una fase di contrapposizione, e
non poteva che essere così: infatti per raggiungere l'unità
di un fronte sicuramente eterogeneo, è stato più
facile dire cosa non si voleva (i privati), piuttosto di che cosa si
voleva. Io credo che se si cominciasse una chiara discussione su
cosa si propone in alternativa alla privatizzazione, l'unità
sarebbe messa in seria crisi. La Pantera è stata in realtà
oggetto di molte interpretazioni; di "sinistra", di
"centro", di "destra". Di quelle che ho letto,
la più corretta mi sembra quella data dal sociologo Alberoni,
il quale giudica la Pantera come un movimento che è a favore
della centralizzazione e dello stato. Non per niente, dice Alberoni,
la Pantera è nata dal Sud, da Palermo. Gli studenti più
svantaggiati (quelli del Sud) temono che l'introduzione del sistema
privato faccia loro perdere le particolari attenzioni e sovvenzioni
che lo stato riserva loro. Penso sia proprio così. Abbiamo
dunque questa situazione: un sistema pubblico agonizzante e
insoddisfacente; centralizzato, statale ed autoritario, che sta per
essere sostituito con un sistema privato, decentrato (anche se non
certo in contraddizione con lo stato e la gerarchia), un po' meno
autoritario; un movimento che cerca di opporsi a questa manovra.
E' logico pensare che, stando così le cose, quel movimento è
a favore del sistema pubblico, cioè dello stato.
Lo slogan apparso su "A", "Né stato, né
privati", era e rimane solo un povero (anche se bellissimo)
slogan, insignificante. Anzitutto perché è appunto uno
slogan di studenti libertari apparso su un giornale anarchico, e non
lo slogan della Pantera. La quale non lotta contro lo stato,
anzi. Di fatto non mi interessano i proclami - difende un sistema
burocratico (nelle università come altrove) assistenzialista,
centralizzato, autoritario. Un sistema pubblico che, anche se non ne
è la causa, è certo uno dei più grossi sostegni
nel Sud, alle clientele, alle mafie, ai criminali. Un sistema che
sta portando alla rovina il paese poiché intriso di
assistenzialismo. Non per niente questo sistema prolifica tanto in
Italia poiché le due culture dominanti sono state per molti
anni la comunista e la cattolica.
Un sistema che mantiene, a spese di tutti, burocrati,
funzionari, personale inutile. Un solo esempio: nella mia facoltà
ci sono cinque bidelli-portieri, che non servono a niente, che
non fanno nulla dalla mattina alla sera, che non sanno dare
neppure indicazioni e che pretendono uno stipendio così senza
fare nulla, coi soldi di tutti. Beati loro, direte. Però è
questo che stiamo difendendo, noi della Pantera. Questo sistema che
prima di tutto è cultura, modo di pensare. Cosa c'entra
questo con l'anarchia? Niente, secondo me. Certo, il sistema
pubblico ha oggettivamente dei vantaggi (garantisce a tutti), così
come quello privato (è efficiente). E allora? Il fatto è
che ancora una volta gli anarchici e i libertari si accodano
acriticamente ad una battaglia di sinistra, perché
l'anarchismo è nato all'interno del movimento operaio, del
socialismo. Ma è una cosa che, se aveva le sue ragioni in
passato, ora, secondo me, le ha perse completamente. E' ora di
smetterla di aggregarsi dogmaticamente al carro, è ora di
sfatare miti e luoghi comuni; la politica di "sinistra" ha
dato e sta dando pessimi frutti... Non sarebbe ora di cambiare
rotta? Può essere un problema mio, del fatto che non mi sento
di sinistra, né di destra, né di centro, ma solamente
anarchico, però può essere vero che è
necessario cambiare qualcosa. A questo punto, qualcuno potrebbe
obiettare, cosa proponi tu, dopo tante critiche? Devo anzitutto
fare una premessa. La posizione degli anarchici mi pare proprio
difficile. Non abbastanza forti per proporre una terza via (né
privato né pubblico: anarchico), ragionando realisticamente,
abbiamo due alternative: appoggiare la privatizzazione, uscendo
dalla Pantera, o rimanere nella Pantera, in un movimento nei fatti
comunista, e, nei fatti, appoggiare lo stato. Scartata la prima
ipotesi, anche se secondo me vale tanto quanto la seconda, poiché
provocherebbe, adesso come adesso, traumi notevoli (lo studente
anarchico è uno studente di sinistra; lo studente più
avvicinabile all'anarchismo è ancora per ora uno studente di
sinistra), non ci resta che, nostro malgrado, rimanere nella
Pantera. Però agendo in maniera diversa da quanto si è
fatto finora: cercare di provocare dibattiti, seminari, discussioni
sul significato del sistema pubblico oggi. In queste occasioni
dovremo portare la nostra critica radicale al sistema pubblico in
quanto sistema statale. Dobbiamo introdurre nel movimento germi
di individualismo anarchico, di visione libertaria non dogmatica, di
antistatalismo. Al limite, viste le nostre attuali forze,
costringere la Pantera ad una proposta di legge di riforma radicale
del sistema pubblico, che potrebbe prevedere l'introduzione di un
sistema misto (pubblico e privato), decentrato (magari dipendente
finanziariamente e politicamente dai comuni) e in cui si tengano
presenti le proposte e le modalità libertarie (gestione
collettiva, deleghe revocabili) della Pantera. Solo cosi potremo
determinare una svolta reale. Rendiamoci conto che l'unione, così
come è ora, non è un valore positivo, che il ristagno
attuale è frutto di compromessi fittizi e assurdi. Che infine
una protesta, solo perché protesta, non ha senso (anche l'MSI
protesta...). Mi accorgo che ciò che propongo per la Pantera
è una scelta riformista.
D'altronde questa parola non mi fa paura: se si vuole ragionare
politicamente bisogna tener conto delle proprie forze. Queste,
attualmente, sono scarsissime. Non facciamo i velleitari,
provochiamo, al limite fino alla rottura. A quel punto l'unica
posizione anarchica coerente potrebbe essere quella individualista.
Non sarà politica, o proponibile, comunque meglio soli che
male accompagnati.
Francesco Berti (Bassano del Grappa)
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