Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 21 nr. 179
febbraio 1991


Rivista Anarchica Online

Meglio soli che...

Trascorso un certo periodo dall'accadimento di un dato fenomeno, il fenomeno stesso può essere analizzato con maggiore chiarezza e lucidità venendone meno, nel giudizio che si forma, gli aspetti emotivo/irrazionali che sempre si accompagnano ad ogni considerazione umana su qualsivoglia fatto. Ebbene, questa osservazione mi sembra possa essere fatta anche per un fenomeno come quello della Pantera, il movimento studentesco che lo scorso anno si è battuto per alcuni mesi, occupando le università, contro il tentativo di riforme e privatizzazioni pensato dal ministro Ruberti. Mi sembra sia il tempo per un tentativo di analisi più seria di quella data dagli studenti anarchici, io stesso per primo, la scorsa primavera, durante il periodo caldo.
Si tratta di un giudizio che spero smentito dai fatti, anche se ciò attualmente mi pare difficile, dato che la Pantera, se non agonizzante, pare quanto meno in letargo. Premetto che, proprio in quanto studente, non posseggo ancora strumenti di analisi elaborati, per cui quelle che seguono sono solo considerazioni di chi ha vissuto in prima persona il fenomeno. Dunque cominciamo col dire che, nelle analisi che sono state fatte da parte anarchica, si sono gravemente confuse le forme con i contenuti. Ammetto che io stesso, partecipando alla prima grande protesta della mia vita, sono rimasto abbagliato dal modo in cui tutto ciò è avvenuto: democrazia diretta, deleghe revocabili, discussioni collettive, rifiuto della rappresentanza, ecc. ecc.. E' stato un periodo bellissimo, in cui dopo anni si è tornati a ridiscutere nelle Università, un periodo di creatività in cui parte degli studenti hanno ripreso coscienza del proprio status, hanno voluto dire la loro su riforme e decisioni che venivano prese dall'alto, sulla loro testa. Azione diretta, opposizione alla politica mafiosa dei Cattolici Popolari, volontà di decidere direttamente benissimo, giustissimo. Ma quali sono stati i contenuti, che cosa voleva (e vuole) la Pantera? Qui entriamo nel campo dell'opinabile, perché la Pantera, proprio in quanto movimento, in quanto cioè non istituzionalizzata, è rimasta su un terreno di protesta e di mera contrapposizione, terreno che io credo sarà difficile superare, e poi spiegherò il perché. Mi sembra più facile dire ciò che la Pantera non voleva, la privatizzazione, piuttosto che ciò che voleva. Individuo dunque la Pantera come quel movimento studentesco che s'oppone alla privatizzazione. La Pantera, a mio avviso, fa dunque parte di quel più ampio movimento sociale che in questo periodo, nei paesi occidentali, si oppone allo smantellamento del welfare State. Poiché questo movimento è sicuramente di sinistra, poiché è alimentato e sostenuto da partiti comunisti e, in altri stati, socialisti, dai sindacati e dai gruppi di sinistra, se ne deduce che è un movimento in difesa dello stato, del sistema pubblico (identificato con lo stato), contro la svendita ai privati di aziende, apparati, strutture dello stato, svendita messa in atto per sanare deficit spaventosi di bilanci e gravi inefficienze del sistema pubblico. Un movimento, dunque, che, pur con varie sfumature, si pone, implicitamente o esplicitamente, volente o nolente, in difesa dello stato (non di questo particolare stato, ma di quello che si vorrebbe), alimentando in tal senso il mito comunista del sistema pubblico come panacea di tutti i mali. I Buoni Funzionari statali, i Buoni Amministratori della cosa pubblica, contro i cattivi manager, i cattivi imprenditori che pensano solo al proprio tornaconto. Io penso che la Pantera, anche se può avere tutte le forme libertarie che vuole, non sfugga assolutamente a questa sostanza.
Analizziamo da chi è composta la Pantera: possiamo vedere che è un movimento di sinistra, se non di estrema sinistra. Per ciò che ho potuto constatare, anche se vi erano moltissimi studenti che non avevano una chiara identità politica, la stragrande maggioranza degli studenti politicizzati era comunista (non intendo PCI; ma, indipendentemente dalla parrocchia, di formazione mentale comunista). Certo, magari di un comunismo diverso da quello di vent'anni fa, magari non stalinista (e lo si è visto dai modi libertari), comunque gente con un'idea forte dello stato, molto più forte di molti altri gruppi e individualità che non hanno preso parte alla Pantera. La contestazione, come dicevamo, si è limitata ad una fase di contrapposizione, e non poteva che essere così: infatti per raggiungere l'unità di un fronte sicuramente eterogeneo, è stato più facile dire cosa non si voleva (i privati), piuttosto di che cosa si voleva. Io credo che se si cominciasse una chiara discussione su cosa si propone in alternativa alla privatizzazione, l'unità sarebbe messa in seria crisi. La Pantera è stata in realtà oggetto di molte interpretazioni; di "sinistra", di "centro", di "destra". Di quelle che ho letto, la più corretta mi sembra quella data dal sociologo Alberoni, il quale giudica la Pantera come un movimento che è a favore della centralizzazione e dello stato. Non per niente, dice Alberoni, la Pantera è nata dal Sud, da Palermo. Gli studenti più svantaggiati (quelli del Sud) temono che l'introduzione del sistema privato faccia loro perdere le particolari attenzioni e sovvenzioni che lo stato riserva loro. Penso sia proprio così. Abbiamo dunque questa situazione: un sistema pubblico agonizzante e insoddisfacente; centralizzato, statale ed autoritario, che sta per essere sostituito con un sistema privato, decentrato (anche se non certo in contraddizione con lo stato e la gerarchia), un po' meno autoritario; un movimento che cerca di opporsi a questa manovra. E' logico pensare che, stando così le cose, quel movimento è a favore del sistema pubblico, cioè dello stato.
Lo slogan apparso su "A", "Né stato, né privati", era e rimane solo un povero (anche se bellissimo) slogan, insignificante. Anzitutto perché è appunto uno slogan di studenti libertari apparso su un giornale anarchico, e non lo slogan della Pantera. La quale non lotta contro lo stato, anzi. Di fatto non mi interessano i proclami - difende un sistema burocratico (nelle università come altrove) assistenzialista, centralizzato, autoritario. Un sistema pubblico che, anche se non ne è la causa, è certo uno dei più grossi sostegni nel Sud, alle clientele, alle mafie, ai criminali. Un sistema che sta portando alla rovina il paese poiché intriso di assistenzialismo. Non per niente questo sistema prolifica tanto in Italia poiché le due culture dominanti sono state per molti anni la comunista e la cattolica.
Un sistema che mantiene, a spese di tutti, burocrati, funzionari, personale inutile. Un solo esempio: nella mia facoltà ci sono cinque bidelli-portieri, che non servono a niente, che non fanno nulla dalla mattina alla sera, che non sanno dare neppure indicazioni e che pretendono uno stipendio così senza fare nulla, coi soldi di tutti.
Beati loro, direte. Però è questo che stiamo difendendo, noi della Pantera. Questo sistema che prima di tutto è cultura, modo di pensare. Cosa c'entra questo con l'anarchia? Niente, secondo me. Certo, il sistema pubblico ha oggettivamente dei vantaggi (garantisce a tutti), così come quello privato (è efficiente). E allora? Il fatto è che ancora una volta gli anarchici e i libertari si accodano acriticamente ad una battaglia di sinistra, perché l'anarchismo è nato all'interno del movimento operaio, del socialismo. Ma è una cosa che, se aveva le sue ragioni in passato, ora, secondo me, le ha perse completamente. E' ora di smetterla di aggregarsi dogmaticamente al carro, è ora di sfatare miti e luoghi comuni; la politica di "sinistra" ha dato e sta dando pessimi frutti... Non sarebbe ora di cambiare rotta? Può essere un problema mio, del fatto che non mi sento di sinistra, né di destra, né di centro, ma solamente anarchico, però può essere vero che è necessario cambiare qualcosa.
A questo punto, qualcuno potrebbe obiettare, cosa proponi tu, dopo tante critiche? Devo anzitutto fare una premessa. La posizione degli anarchici mi pare proprio difficile. Non abbastanza forti per proporre una terza via (né privato né pubblico: anarchico), ragionando realisticamente, abbiamo due alternative: appoggiare la privatizzazione, uscendo dalla Pantera, o rimanere nella Pantera, in un movimento nei fatti comunista, e, nei fatti, appoggiare lo stato. Scartata la prima ipotesi, anche se secondo me vale tanto quanto la seconda, poiché provocherebbe, adesso come adesso, traumi notevoli (lo studente anarchico è uno studente di sinistra; lo studente più avvicinabile all'anarchismo è ancora per ora uno studente di sinistra), non ci resta che, nostro malgrado, rimanere nella Pantera. Però agendo in maniera diversa da quanto si è fatto finora: cercare di provocare dibattiti, seminari, discussioni sul significato del sistema pubblico oggi. In queste occasioni dovremo portare la nostra critica radicale al sistema pubblico in quanto sistema statale. Dobbiamo introdurre nel movimento germi di individualismo anarchico, di visione libertaria non dogmatica, di antistatalismo. Al limite, viste le nostre attuali forze, costringere la Pantera ad una proposta di legge di riforma radicale del sistema pubblico, che potrebbe prevedere l'introduzione di un sistema misto (pubblico e privato), decentrato (magari dipendente finanziariamente e politicamente dai comuni) e in cui si tengano presenti le proposte e le modalità libertarie (gestione collettiva, deleghe revocabili) della Pantera. Solo cosi potremo determinare una svolta reale. Rendiamoci conto che l'unione, così come è ora, non è un valore positivo, che il ristagno attuale è frutto di compromessi fittizi e assurdi. Che infine una protesta, solo perché protesta, non ha senso (anche l'MSI protesta...). Mi accorgo che ciò che propongo per la Pantera è una scelta riformista.
D'altronde questa parola non mi fa paura: se si vuole ragionare politicamente bisogna tener conto delle proprie forze. Queste, attualmente, sono scarsissime. Non facciamo i velleitari, provochiamo, al limite fino alla rottura. A quel punto l'unica posizione anarchica coerente potrebbe essere quella individualista. Non sarà politica, o proponibile, comunque meglio soli che male accompagnati.

Francesco Berti (Bassano del Grappa)