Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 20 nr. 171
marzo 1990


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

Un numero "2" in incognito

Orchidea selvaggia di Zalman King è un'invereconda porcata. E badate che l'attribuzione non riguarda sessualità rese più e meno palesi dal regista, fino al ben noto limite di quegli orifizi allusi a sufficienza perché il censore gli somministri un divieto per i minori di diciotto anni, no, niente affatto: l'attribuzione di "porcata" concerne propriamente l'opera di regista, sceneggiatori, attori, produttore, amanti degli uni e presumibilmente anche degli altri, e tutti coloro che - con la mano sinistra o pensando al conto in banca - hanno contribuito alla realizzazione di questa indegnità di film.
Per portarvi dalla mia parte e convincervi di quanto l'Orchidea selvaggia sia un'invereconda porcata vi dirò quel che segue:
a) che in essa "debutta sui nostri schermi" tale Carrè Otis, il cui nome proprio nei ristoranti figura per una particolare presentazione della lombata di maiale e il cui cognome - se rapportato alle di lei modalità respiratorie - ricorda inequivocabilmente la medica specialità dell'otorinolaringoiatria; e la cui presenza, in termini di attributi sessuali di ordine primario e secondari terrà occupato lo schermo sul quale debutta per i nove decimi dello svolgimento. Di questa Carrè Otis mi limiterò a dire che è dotata di labbro inferiore tanto carnoso d'apparire tumefatto e che, presumibilmente si allude a lei quando si parla di "orchidea" nonché "selvaggia" - e il perché lo sa Dio.
b) che in essa compare qua e là una Jaqueline Bisset che frena la carne ormai sul fuoco da un bel po' per sublimarsi in turpiloquio e orgasmi d'alta finanza.
c) che in essa c'è financo Micky Rourke che, ormai, sta al sesso come il cacio ai maccheroni, e che qui sembra la brutta copia di quello di Nove settimane e mezzo.
d) che in essa si narra l'improbabile vicenda di una transazione d'affari a Rio de Janeiro, sufficiente a far spostare dagli States la donna finanziera e la sua giovane segretaria in odor di verginità, fino a farle cozzare ambedue col magnate un po' perverso e un po' introverso, abbronzatissimo e non privo di orecchino al lobo sinistro.
e) che in essa si viaggia a ritmo di "lambada" fra carnevalate di Rio che sembrano pari pari quelle promesse dalle agenzie turistiche (e qui si capisce molto di quale "impegno ideologico" si sia nutrito il film), fra maschietti dall'erezione perenne e femmine a bagno nel brodo primordiale.
f) che in essa la paccottiglia "infrastrutturale" (diciamo così) non manca: sudori, turgori, bassi ventri vellutati, glutei ipertrofici, afrori da cartolina, labbra socchiuse, pupille all'occaso, nonché dovizia d'interpreti di colore giudiziosamente al loro posto di allegri corifei, contenti come pasque di vedere che i ricchi e bianchi gozzovigliano alla faccia loro.
g) che se dapprima il perno su cui ruota il poco che ruota sembra essere la deflorazione della giovin segretaria, poi si scopre che le deflorazioni - armandosi di santa pazienza come solo Carrè sa fare, traendone tuttavia mirabilie - sono addirittura due, perché il più restio, alla finfine, è lui, proprio lui così simulacro della maschilità.
Se dunque ci aggiungo che tutto ciò è di principio destituito di ogni senso e privo di una motivazione appena appena confessabile, se vi dico che trattasi di preparativi a coiti posticci e di banale esibizione d'epidermide umidiccia, dalla mia parte spero proprio che ci veniate.
Ma c'è da chiedersi il perché di tale merce sul mercato. Parlerei di un "numero due" in incognito, sotto mentite spoglie. Avete presente la caterva di occasioni in cui il Paganini del cinema concede la replica? Rambo, Superman, Guerre stellari, Ghostbusters, ci hanno propinato perfino Arma letale 2 ovvero come continuare a raccogliere quattrini da quel pubblico pacioso e boccalone che preferisce andare sul sicuro e vedere cose già viste, rassicuranti, analgesici di pronto effetto per quel che rimane della propria coscienza civile. Orchidea selvaggia rappresenta il caso in cui produttore-regista e compagnia bella non se la sono proprio sentita di spacciare un Nove settimane e mezzo 2. I numeri nel titolo sarebbero stati davvero troppi.