Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 161
febbraio 1989


Rivista Anarchica Online

Ma quale protezione civile?
di Marco Cerutti

Con questo stesso titolo ("Ma quale protezione civile?") abbiamo pubblicato un anno e mezzo fa ("A" 148, agosto/settembre 1987) la dichiarazione con la quale l'anarchico Marco "Bak" Cerutti, di Bellinzona (Canton Ticino), motivava il suo rifiuto di partecipare ai corsi (obbligatori) di protezione civile, denunciandone l'inquadramento in un'ottica militare. Per questo suo rifiuto, Bak trascorse in galera 16 giorni, durante i quali effettuò per protesta, uno sciopero della fame (perdendo 7 chili).
La lunga guerra tra Bak ed il militarismo elvetico data dal '74, quando scontò i suoi primi 4 mesi di carcere per il suo rifiuto di fare il servizio militare. Nel '77, stesso rifiuto, stessa condanna, stesso periodo di detenzione. Quindi, finalmente, l'espulsione dall'esercito.
Tra tasse militari (che Bak rifiuta sistematicamente di pagare) e corsi di partecipazione civile (ai quali, appunto, rifiuta di partecipare), Bak ha tenuto aperto il contenzioso con le autorità elvetiche.
Nell'87, infatti, dopo i giorni di carcere di cui si è detto prima, Bak ne ha trascorsi altri 14 per il suo rifiuto di pagare la tassa di esenzione dal servizio militare: nella pacifica e neutrale Confederazione Elvetica, chiunque per qualsiasi ragione non faccia il servizio militare (invalidi e ciechi compresi) deve pagare una tassa specifica.
Ora si prospetta un nuovo capitolo. Bak ha presentato ricorso contro la condanna relativa alla protezione civile. Ed ha scritto questa lettera che, sotto il titolo "Mi sento colpevole, però...", è apparsa su Il quotidiano del 31 dicembre scorso.


Non è mia abitudine, se non con amici intimi, parlare di fatti che mi riguardano ma, in questo caso, mi sembra che la situazione nella quale sono coinvolto possa concernere tutti.
Sono stato condannato a 15 giorni di detenzione, col beneficio della sospensione condizionale e a 300 franchi di multa (più 200 di spese di giustizia) per essermi rifiutato di prestare servizio di protezione civile (già avevo scontato 22 giorni di carcere – multe tramutate in arresto per lo stesso reato).
Ma non era mia intenzione usufruire della possibilità di ricorso, in quanto questa opposizione avrebbe in qualche modo potuto costituire una legittimazione dell'autorità che non riconosco: ritengo infatti che nessuno, sia pur democraticamente investito, abbia il diritto di giudicare e condannare delle idee che un altro essere umano manifesta e concretizza nel corso della sua vita sociale.
Un mio carissimo amico, particolarmente zelante, e la circostanza della quasi coincidenza fra questa condanna e la celebrazione del quarantesimo anniversario della Dichiarazione dei diritti dell'uomo mi hanno però spinto in tale direzione. Non che io creda alle dichiarazioni di qualsiasi specie esse siano (alla mia prima dichiarazione d'amore, che risale all'incirca al '68, ad esempio, non fu per niente dato seguito), ma mi dà sempre un certo fastidio l'opportunistico accordarsi a campagne "For Human Rights", quando, nel proprio piccolo, gli stessi proclamati "diritti umani" non sono rispettati (il diritto di manifestare, in piena libertà, le proprie opinioni è inalienabile).
A scanso di equivoci, voglio precisare che io mi dichiaro colpevole, pienamente, di questo reato; non sono una vittima: godo del privilegio di aver ricevuto un'educazione (non certo esclusivamente scolastica – ai miei tempi, benché se ne celebrasse il ventennale, nessuno fra i miei professori aveva accennato all'esistenza della Carta dei diritti dell'uomo e, del resto, dai pochi riscontri che ho, mi sembra che la situazione non sia cambiata) che mi permette di orientarmi razionalmente ed eticamente fra le mostruosità, più o meno evidenti, delle istituzioni autoritarie (e lo stato, di qualunque tipo esso sia, ne è la concentrazione più funesta) del nostro mondo.
La mia risposta è stata (ed è) no: no all'esercito; no all'ideologia guerresca propugnata dalla protezione civile, col suo indirizzarsi verso ipotesi di vita da sottosuolo (quanto è stato speso per questi bunker?) e con la sua imbelle ignavia in occasione delle vere guerre che dobbiamo affrontare: quelle dei disastri ambientali provocati dalla spietata, disumana e anti-ecologica corsa al profitto.


P.S. - Il mio ricorso contro la sentenza in questione non vuole in alcun modo essere di tipo tecnico (l'entità della condanna mi interessa sicuramente poco), bensì di principio: il solo fatto di esser stato convocato dal procuratore pubblico in qualità di imputato per aver manifestato pubblicamente delle idee ed aver operato sulla base delle stesse costituisce una violenza che considero inammissibile alla mia libertà e dignità di essere umano.