Rivista Anarchica Online
Anarchici a Pisa
di Paolo Finzi
Da anni - da sempre, potremmo dire -
non perdiamo occasione per sostenere l'importanza che riveste, per il
movimento anarchico ma anche - più in generale - per la cultura
italiana, la ricostruzione di quelle pagine di storia che segnarono
la nascita del movimento operaio e socialista nel nostro Paese, sotto
il segno caratterizzante dell'anarchismo.
Non è tanto una questione di
rivalsa contro la storiografia marxista, da molti decenni egemone nel
mondo culturale e universitario, e contro i suoi tentativi di
"riscrivere" la storia cancellando tout court gli
anarchici, le loro lotte, le loro polemiche (oppure stravolgendole
del tutto).
Il fatto è che siamo convinti
che solo facendo i conti criticamente con le sue origini, con i primi
contrasti tra socialisti autoritari e libertari, con il dibattito
sull'organizzazione specifica ed operaia, ecc., sia possibile oggi
ritrovare appieno il senso di una presenza - quella anarchica e
libertaria, appunto - che anche un secolo dopo conserva - ed anzi,
per certi aspetti, accentua - il suo significato nella società.
Ne è una conferma il documentato
lavoro di ricostruzione storica appena uscito per i tipi della
Biblioteca Franco Serantini (via San Martino 108, Casella postale
247, 56100 Pisa, conto corrente postale 11232568) dal titolo
Anarchismo e lotte sociali a Pisa 1871-1901 (Dalla nascita
dell'Internazionale alla Camera del Lavoro).
Ne è autore Franco Bertolucci,
militante della Federazione Comunista-Anarchica Pisana impegnato
anche nell'attività culturale promossa dalla Biblioteca Franco
Serantini.
Il volume (pagg. 223, lire 18.000) può
essere letto - perché tale innanzitutto è - come una
ricostruzione il più possibile precisa del contesto proletario
pisano nella seconda metà dello scorso secolo e dell'attività
che vi svolsero gli anarchici, in un rapporto quantomai stretto (e
polemico) con le altre componenti della "sinistra": i
socialisti ed i repubblicani.
Per dare un'idea della consistenza
dell'anarchismo pisano sul finire del secolo, val la pena riportare
il prospetto dei gruppi anarchici della città (tra parentesi,
il numero degli aderenti) secondo i dati forniti dal prefetto nel
1891. L'elenco comprende i seguenti 15
gruppi: Né dio né padrone (42), Cafiero (73), Pisacane
(60), La famiglia (91), Primo maggio (74), 18 marzo (76), Figli del
lavoro (30), Gruppo anarchico (90), Sociale (75), Studi sociali (83),
Lavoratori (88), Luce e verità (35), Bakunin (38), I figli
dell'anarchia (70), Avvenire (25).
Sia ben chiaro: i prefetti, tanto più
quando si basano su dati forniti dalla polizia, sono quanto di più
inattendibile si possa trovare. Eppure questi dati - ed anche le
denominazioni dei gruppi - aiutano a ricostruire una realtà ed
un clima sociale.
C'è poi una seconda lettura
possibile di questo libro, ed è quella che ritrovi - tra le
pieghe dell'attività locale, nel dibattito interno agli
anarchici e tra questi e le altre forze "sovversive" ecc. -
le ragioni di fondo di un impegno, il senso di un progetto
rivoluzionario perché estraneo alle logiche del potere. Una
chiave di lettura attuale, contemporanea - alla quale il lavoro di
Bertolucci fornisce non pochi spunti di riflessione - su di una
presenza anarchica che nemmeno la dura e prolungata repressione
fascista saprà stroncare e che per alterne vicende - tra cui
quella drammatica che ha avuto per protagonista/vittima il giovane
Serantini - è proseguita fino ad oggi.
Un oggi - va sottolineato - che vede
gli animatori della Biblioteca Franco Serantini impegnati - tra
l'altro - in una battaglia per assicurare alla loro iniziativa, dopo
lo sfratto ricevuto, una sede adeguata per proseguire la loro
attività.
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