Rivista Anarchica Online
La casa è di chi l'abita
di Mario Barbani
Cronaca della lotta ingaggiata a
Bologna dall'anarchico Mario Barbani contro le autorità
comunali. Che volevano sfrattarlo e l'hanno sfrattato, murando la
porta della sua abitazione. Ma non hanno fatto i conti con la sua
combattività. Ed alla fine Barbani - uno dei primi
obiettori di coscienza (1950) ed attualmente gestore del circolo
"l'Onagro"- l'ha spuntata.
Alla fine dell'anno 1987 si contavano
in Italia oltre 650.000 sfratti esecutivi, mentre l'anno in corso
ripropone drammaticamente il problema della casa.
È
un problema di emergenza tale che, in teoria, potrebbe far esplodere
il malcontento generale in una grande rivolta popolare, eppure,
mentre i politici si palleggiano le responsabilità reclamando
modifiche legislative e il governo si muove tra proroghe e decreti
legge, la rassegnazione degli interessati sembra regnare sovrana.
Appartamenti affittati come seconda
casa, affitti ad equo canone con grosse somme versate in nero, posti
letto a cifre da capogiro e lotta tra "poveri" per ottenere
un punteggio nella graduatoria comunale per avere il "diritto"
ad un alloggio, sono problemi che tutti conoscono ma che, nella
pratica, pochissimi contestano. Gli innumerevoli sfratti che
quotidianamente coloriscono, con la storia che ognuno di essi
rappresenta, la cronaca dei giornali, inducono a credere che la crisi
degli alloggi possa risolversi solo in tempi lunghi e con una forte
ripresa edilizia. Ma la realtà è ben diversa.
Le statistiche ISTAT rivelano che in
Italia esiste una disponibilità media di 1,7 vani a testa,
mentre in alcune città (come Bologna) la disponibilità
è di 1,9. Come dire che una famiglia media di quattro o cinque
persone dovrebbe poter disporre di otto o dieci vani. L'occupazione
delle case sfitte è ormai un'azione talmente "remota"
da sembrare una forma di lotta improponibile. Eppure sono tanti,
anche se isolati e poco conosciuti, i fermenti di lotta che si
muovono nel sociale e l'azione diretta collettiva e individuale è
una delle poche risposte valide al problema della casa.
Questa è la storia della mia
lotta.
Un sorrisetto ironico
Abito sin dal 1981 in un appartamento a
Bologna con un regolare contratto d'affitto stipulato con l'
usufruttuaria dell'appartamento stesso, deceduta nel 1985. Alla sua
morte il proprietario dell'appartamento era divenuto il comune di
Bologna che nel frattempo aveva acquistato l'intero stabile ed ha
pensato di "sfrattarmi" in questo modo:
Venerdì 4 aprile 1986, ore 7.30
- squilla il telefono. -Pronto, signor Barbani? - Sì - Le
comunico che lunedì mattina provvederemo allo sgombero
dell'appartamento - Scusi, ma lei chi è? - Qui è il
comune di Bologna che parla, buongiorno. - e mettono giù il
ricevitore. Dopo un attimo di smarrimento causato dallo stupore che
Palazzo D'Accursio (dove ha sede il comune - n.d.r.) si fosse messo a
parlare, mi precipito in comune per chiedere spiegazioni per quella
strana telefonata, ma nessuno è in grado di rispondermi anzi,
gli uscieri, un po' seccati, mi fanno notare che si tratta
sicuramente di uno scherzo visto che alle 7.30 in comune non c'è
nessuno dato che gli uffici aprono alle 8.15. Di fronte alle mie
insistenze, comunque, un usciere telefona al patrimonio comunale per
chiedere conferma. Caso vuole che in quel momento passi davanti a noi
la dottoressa Farinatti, dirigente del patrimonio immobiliare. Un
usciere la rincorre, bisbiglia indicandomi, e lei guardandomi con
un'aria di compatimento, un sorrisetto ironico e le braccia
spalancate, come di chi vuole indicare che non può farci
nulla, mi dice testualmente: -Beh, tutto normale. Non ha ricevuto la
telefonata? Lunedì mattina se ne deve andare.
La mia reazione non è di quelle
che si possono definire tranquille, le ricordo che Bologna è
piena di case di proprietà del comune vuote e murate e ne
elenco qualcuna. Di fronte agli sguardi degli allibiti presenti, la
dott. paonazza mi dà un appuntamento per il giorno dopo, alle
ore 8 nel suo ufficio.
Il giorno dopo sono puntualissimo.
Presento il mio contratto d'affitto stipulato con l'usufruttuaria, ma
la dirigente nega l'evidenza dicendo che si tratta di uso e non di
usufrutto e sfoglia un fascicolo che ha sulla scrivania per
dimostrare la veridicità di quanto va dicendo. Chiedo di poter
prendere visione dei documenti in base ai quali lei fa questo tipo di
affermazioni, ma lei mi risponde che non mi riguardano. Chiedo come
mai il patrimonio non ha mai risposto alla mia raccomandata in cui
facevo presente le mie motivazioni, ma lei dice che tutto ciò
non le interessa per niente e che comunque c'è un'ordinanza
comunale di sgombero nei miei confronti e questa ordinanza può
essere ritirata solo dall'assessore all'edilizia o dal sindaco. A
quel punto vado in comune e chiedo di parlare con l'assessore che non
mi riceve. Chiedo di parlare col sindaco, mi dicono che debbo
compilare una domanda e poi si vedrà. Mentre mi accingo a
scrivere la domanda il sindaco esce dal suo ufficio e si dirige verso
la scalinata. Lo rincorro, lo fermo: "Senti, - gli dico - io
sono un cittadino bolognese, abito in una casa di proprietà
del comune e lunedì mattina vengono a sbattermi fuori".
Il sindaco afferma che ciò non è
possibile e, dietro le mie insistenze, mi riceve. Il succo del
colloquio è il seguente: "Io non posso ritirare
l'ordinanza però posso sospendere la sua esecuzione per una
settimana per verificare come stanno esattamente le cose.
Dopo l'incontro con l'assessore
all'edilizia e il dirigente del patrimonio potrò dare una
risposta. Comunque stai tranquillo perché lunedì
mattina non verrà nessuno".
Lunedì 7 aprile, ore 8.30. Il
campanello di casa suona insistentemente. La scena sembra una
spedizione nazista da caccia all'ebreo.
Davanti alla porta ci sono 4 vigili
urbani, un capovigili (non ben identificato) in borghese, 2 agenti di
polizia, 10 operai del comune e, in testa a questo drappello, la
dott. Farinatti (dirigente del patrimonio) e il suo segretario
Sangiorgio.
"Vede signor Barbani – grida
la Farinatti - la forza l'abbiamo, apra".
"Se avete la forza - rispondo -
usatela" e chiudo a più mandate i due catenacci.
Trascorrono dieci minuti abbondanti prima che la porta venga ridotta
a pezzi, ho infatti il tempo di farmi un caffè e berlo.
Alle ore 14 è tutto finito. Le
orde barbariche, scusate i vigili urbani, se ne sono andati.
Dall'appartamento è stato portato via tutto, compreso una
sciabola antica che "il vigile?" in borghese ha portato con
sé facendo scrivere sulla lista delle "masserizie"
sequestrate "spada consegnata alla questura". Alla questura
la spada non è mai arrivata, come non è mai arrivata in
un magazzino fatiscente in cui è stata messa tutta la mia
roba.
Alle ore 15 la porta è murata
(in queste cose il comune è veramente efficiente) e viene
murata anche la porta di un monolocale sottostante al mio, sempre di
proprietà comunale, vuoto da almeno cinque anni.
Ospite precario in casa di un amico
cerco di trovare una soluzione.
Venerdì 11 aprile, ore 11. Metto
in atto la mia protesta non violenta e mi incateno ad un termosifone
davanti alla porta dell'ufficio del sindaco che si trova, quel
giorno, al congresso del P.C.I.. L'incombenza spetta al vicesindaco
Riccomini che assicura, alla presenza dei giornalisti e del
consigliere di D.P. Boghetta, che "lunedì mattina mi farà
incontrare col sindaco e l'assessore all'edilizia". Il lunedì mattina, alle 9.30 mi
presento in Comune; non vengo ricevuto, anzi l'assessore dichiara che
ci si può incatenare per mesi davanti alla sua porta che non
gliene importa niente.
Il pomeriggio dello stesso giorno mi
presento alla seduta del consiglio comunale. Imbeni mi vede e mi fa
chiamare da un vigile.
Nel corridoio antistante la sala del
consiglio, e alla presenza dei numerosi punk (anch'essi appena
sloggiati con la forza da un appartamento sfitto da loro occupato) il
sindaco recita la parte dello "sbalordito": una serie di
malaugurati equivoci e la sua assenza da Bologna in occasione del
congresso hanno generato l'incresciosa situazione. "Nel giro di
due giorni - afferma Imbeni - ti darò una risposta precisa su
tutta la faccenda". La risposta non è mai arrivata.
Mercoledì 23 aprile: azione
diretta. Aiutato da due compagni, ai quali va tutta la mia
gratitudine, sfondo il muro e torno nel mio appartamento; LA
CASA È DI CHI L'ABITA.
Sono trascorsi ormai due anni e nel frattempo ho dovuto
intraprendere un'azione legale contro il comune di Bologna in quanto
l'ordinanza di sfratto, nonostante l'illegittimità manifesta,
non è mai stata revocata. Lo stesso difensore civico,
intervenuto nella vicenda, così scrive al sindaco di Bologna
in data 31/7/'86: ...È...applicabile al caso l'art.
999 cod. civ., in forza del quale le locazioni concluse
dall'usufruttuario continuano, per la durata stabilita,
anche dopo la cessazione dell'usufrutto, o, se la durata non è
stabilita (come nella specie) per "non oltre il quinquennio
dalla cessazione"... quindi esiste un giusto titolo
che legittima del godimento dell'immobile da parte del conduttore
Barbani, fino al 27 febbraio 1990.
Mi permetto quindi di richiedere una
serena e attenta valutazione delle argomentazioni che propongo e
l'adozione dei provvedimenti conseguenti, vale a dire l'annullamento
d'ufficio, per l'illegittimità manifesta, dell'ordinanza
sindacale n.° 41210... Auspico perciò che il Barbani venga
reintegrato nel suo diritto di conduttore, senza che sia necessario
ricorrere al giudice (...).
In questi giorni, dopo 5 udienze del
tribunale, si sta concretizzando l'accordo che il Comune ha proposto
stabilendo l'importo dell'affitto a equo canone. Ma il diritto alla
casa è al di là di un contratto d'affitto e va sempre e
comunque affermato contro la speculazione delle case vuote, dei
canoni in nero e delle "buone entrate".
Gli sfratti nelle grandi città
non si contano più a centinaia, bensì a migliaia,
mentre gli sgomberi forzati hanno raggiunto, in alcuni casi, un
aumento percentuale del 400%. A Bologna le case vengono murate, a
Milano lo IACP chiede l'intervento del Questore e l'appoggio dei
sindacati per far sloggiare gli occupanti "abusivi" mentre
a Napoli le case crollano che è un piacere.
Di fronte a un problema così
grave è assurdo immaginare che molte abitazioni, pubbliche e
private, rimangano vuote. Occupiamole. La soluzione più valida
resta ancora l'azione diretta.
|