Rivista Anarchica Online
Un altro mese a Manni
di Alfredo Passante
Giovedì 5 maggio, presso il
Tribunale militare di Napoli, si è svolto un processo contro
Agostino Manni. Riconosciuto colpevole di "disobbedienza",
è stato condannato ad un mese di carcere militare. Il pubblico
ministero aveva chiesto la condanna a 5 mesi.
La disobbedienza, per cui Agostino è
stato condannato, consiste nel suo rifiuto di indossare gli abiti
militari. Le ragioni di questo rifiuto sono state ben chiarite da
Agostino e da altri due obiettori totali anarchici (Fabrizio Falciani
e Giuseppe Coniglio) in una presa di posizione comune, da noi
pubblicata sullo scorso numero di "A".
Agostino avrebbe dovuto presentarsi al
corpo il 29 luglio dello scorso anno. In seguito al suo rifiuto, è
stato arrestato a Milano il 23 febbraio scorso, tradotto nel carcere
militare di Bari-Palese e processato presso il tribunale militare di
Bari: è stato condannato a 12 mesi. Già a Bari-Palese
Agostino è stato denunciato per essersi rifiutato di indossare
gli abiti militari. E un'altra denuncia gli è stata comunicata
per il suo rifiuto di eseguire dei lavori che gli erano stati
comandati.
Successivamente trasferito nel carcere
militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), Agostino ha ribadito
il suo rifiuto di indossare la divisa: questa volta, però, è
stato subito processato e condannato.
Sulla sua vicenda è da
registrare una valida presa di posizione solidale da parte del
comunista Alfredo Passante, assessore alla cultura della provincia di
Brindisi, pubblicata con un buon rilievo a pag. 2 de "L'Unità"
del 18 maggio, sotto il titolo "Il PCI e l'obiezione di
coscienza". La riproduciamo volentieri.
Agostino Manni è uno dei tre
giovani attualmente in carcere per aver fatto la scelta
dell'obiezione totale, per aver cioè rifiutato sia il servizio
militare che quello sostitutivo civile. È
un compagno, anarchico, da anni impegnato in una battaglia ideale che
trova, purtroppo, scarsa attenzione nell'opinione pubblica in
generale e in quella della sinistra in particolare. Condannato a 12
mesi di carcere militare, Agostino è sottoposto a restrizioni
assurde ed inumane. Può vedere e ricevere solo i parenti più
stretti. Non si può comunicare con lui neanche per telefono.
Strano paese l'Italia. Strano per
davvero! Chi ha sul capo l'accusa di aver cospirato a danno dello
Stato e di aver ideato stragi che sono costate la vita a decine e
decine di innocenti può tranquillamente ricevere la stampa,
rilasciare dichiarazioni e farsi riprendere dalla TV. Un giovane la
cui unica colpa è quella di voler essere coerente fino in
fondo con certi suoi principi morali, viene invece trattato come un
pericolosissimo criminale tenuto lontano da ogni estranea
"contaminazione".
Una volta, altri tempi, casi come
quello di Agostino avrebbero fatto gridare allo scandalo, infiammare
le coscienze, avviare campagne di sensibilizzazione, oggi silenzio
assoluto. Non c'è più spazio per
l'utopia? Eppure la testimonianza di questo giovane e quella degli
altri due amici che ne dividono la sorte, è un fatto
"politico" di grande rilevanza. Ho espresso ad Agostino, con una
breve lettera, la mia personale solidarietà offrendogli nel
contempo la possibilità di essere utilizzato presso
l'amministrazione provinciale di Brindisi in un servizio civile
alternativo, ai sensi della legge 167/83.
Ho ricevuto una lettera che esprime
una risposta negativa unitamente però ad una stupenda lezione
di coerenza. Agostino non accetta alcun
compromesso. Mi chiedo se oltre al rispetto di cui siamo capaci come
compagni di fronte a fatti come questi, non avvertiamo il rimorso di
non aver tentato ancora tutto quanto vi è da tentare per
consentire anche a posizioni come quella di Agostino di avere piena
cittadinanza nel nostro paese. I comunisti sono stati i soli ad avere
l'ardire per quei tempi, circa vent'anni addietro, di pubblicare su
Rinascita
"L'obbedienza non è più una virtù" di
don Lorenzo Milani. Da allora molta acqua è passata sotto i
ponti. Occorre però andare avanti.
Si possono e si devono sviluppare intuizioni che di tanto in tanto
affiorano negli interventi di alcuni qualificati compagni. Penso al
fondo apparso sull'Unità
a firma di Natalia Ginzburg subito dopo il bombardamento
della Libia da parte di Reagan; all'analisi condotta sul Manifesto
nella stessa circostanza da parte di Pietro Folena o ancora, alle
considerazioni veramente rivoluzionarie di Achille Occhetto in merito
alla non violenza. Mi auguro che la vicenda di Agostino Manni sia il
classico sasso lanciato nello stagno e abbia sui compagni lo stesso
effetto che ha avuto su di me.
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