Rivista Anarchica Online
Non servono, anzi
di La Redazione
Ancora bombe/carta rivendicate da
messaggi alla stampa siglati con la "A" cerchiata (dopo
quelle esplose a Milano in aprile). E ancora una volta ci troviamo a
ripetere che le sentiamo estranee alla nostra concezione ed alle
esigenze di un anarchismo che sappia fare i conti con il suo passato.
E con il nostro futuro.
Nella notte tra il 12 e il 13 maggio,
alla Spezia, due ordigni sono esplosi nel piazzale destinato a
parcheggio delle auto dei dipendenti dello stabilimento Oto-Melara -
una delle principali fabbriche italiane di armi. Nessun danno
significativo.
Contemporaneamente a Roma, lungo il
viale delle Milizie, i carabinieri hanno scoperto e disinnescato una
bomba rudimentale, costituita da una pentola a pressione all'interno
della quale erano stati messi otto candelotti di dinamite. La miccia
a lenta combustione, lunga otto metri e mezzo, fortunatamente si è
spenta evitando un'esplosione che avrebbe potuto - nell'ipotesi che
qualcuno si fosse trovato negli immediati dintorni - provocare
spargimento di sangue.
La rivendicazione, ricevuta per posta
dall'agenzia ANSA , era costituita da un cartoncino, firmato con una
"A" cerchiata e contenente la scritta "La Spezia -Oto
Melara; Roma-Tribunale Militare; Milano-Distretto Militare. Stiamo
facendo qualche passo avanti". Dell'attentato (evidentemente
mancato) al distretto militare del capoluogo lombardo, comunque, non
si è trovato alcun riscontro.
Questi attentati fanno seguito a quelli
avvenuti in aprile a Milano, sempre rivendicati con messaggi
recapitati all'ANSA e firmati con la solita "A" cerchiata.
Ne abbiamo riferito sullo scorso numero della rivista, riportando
anche il testo del comunicato/stampa prontamente emesso da varie
organizzazioni ed iniziative anarchiche milanesi (tra cui la
redazione di "A").
"Bombe/carta a Milano. NON
SERVONO, E BASTA". Era questo il titolo della breve cronaca
redazionale apparsa sullo scorso numero. Ad alcuni quella cronaca non
è piaciuta, quel nostro comunicato nemmeno. E tantomeno è
piaciuto quel titolo ("Non servono, e basta") giudicato,
nella sua perentorietà, troppo secco.
Qualcuno vi ha colto una nostra volontà
di "imporre" ad altri - che, a loro rischio e pericolo,
praticherebbero "forme dure" di lotta - la nostra
concezione anarchica, che sembrerebbe escludere la possibilità
stessa di attuare simili azioni.
Altri hanno sostenuto che da parte
della rivista sarebbe meglio venisse una continua sottolineatura
dell'abissale differenza (quantitativa e qualitativa) tra le
pressoché innocue bombette fatte esplodere in nome
dell'anarchia e quelle che quotidianamente il potere e il militarismo
distribuiscono a piene mani, un po' ovunque.
Sarà. Ma a noi pare che, mentre
sembra allungarsi la serie delle bombe/carta (ma non solo carta,
pare) fatte esplodere qua e là per l'Italia, puntualmente
rivendicate da anarchici che non ritengono di qualificarsi meglio e
pertanto risultano agire in nome di tutti gli anarchici, sia più
che legittimo che chi - anarchico - rigetta l'uso delle bombe (carta
o non carta che siano), possa esprimere il suo dissenso - fermo,
netto, totale - con chi (rischiando non solo la propria incolumità)
quei mezzi utilizza.
Rifiuto cosciente
Non abbiamo nessuna pretesa di
"imporre" a chicchessia la nostra concezione
dell'anarchismo.
Parimenti, non abbiamo alcuna
intenzione di tacere le nostre opinioni, di interrompere quella serie
di riflessioni ad alta voce che da anni stiamo portando avanti su "A"
sul (nostro) anarchismo, sui metodi di lotta, sulla violenza, sulla
coerenza mezzi/fini, ecc... Non abbiamo "verità assolute"
da proclamare, né "massimi sistemi" da difendere.
L'esperienza più che secolare del movimento anarchico,
filtrata attraverso la storia recente ed i nostri percorsi personali,
ci ha spinto ad analizzare con sempre maggiore attenzione e
sensibilità i guasti che l'adozione - ed anche l'acquiescenza
- di mezzi violenti provoca: non solo in chi della violenza è
vittima.
Riteniamo che i valori positivi,
costruttivi, di cui l'anarchismo si pone come espressione più
coerente a livello progettuale, possano trovare fertile terreno di
propaganda e di sperimentazione solo in contesti che coscientemente
rigettino la cultura della violenza, della sopraffazione, della
paura.
In un mondo quotidianamente intriso,
nella sua realtà quotidiana come nell'immagine martellante
trasmessa dai mass-media, di violenza, qualcosa di diverso può
nascere solo da un rifiuto cosciente di quelle mentalità e di
quei mezzi che - aldilà delle intenzioni - di fatto si pongono
in sintonia con la realtà e l'immagine del potere. A nostro modesto avviso, dunque, quelle
bombe/carta non servono. Anzi, le sentiamo estranee alla nostra
concezione ed alle esigenze di un anarchismo che sappia fare i conti
con il suo passato. E con il nostro futuro.
|