Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 18 nr. 154
aprile 1988


Rivista Anarchica Online

Ma la scuola non è un'isola
di Jacques Ardoino

"Perché si abbia autogestione pedagogica, occorre che si realizzi l'autogestione politica". Lo sostiene Jacques Ardoino, in polemica con quelle correnti della pedagogia antiautoritaria che hanno voluto partire dalla scuola e realizzare al suo interno quel che non esisteva intorno.

All'epoca del primo "Forum sull'Autogestione", era stato organizzato un seminario intorno alle esperienze di licei autogestiti dei quali si tratta in questo numero. In quell'occasione, tu hai nettamente affermato che alcune di quelle esperienze che si presentano, attualmente, come autogestionarie, nei fatti sono lontane dall'esserlo. Come poni, dal tuo punto di vista, i problemi legati alla sperimentazione nel campo dell'autogestione pedagogica?

Vorrei innanzitutto che si comprendesse bene il senso di quegli interventi. Io non misconosco né disprezzo affatto l'interesse delle esperienze in questione sulle quali sono intervenuto; semplicemente, penso che il processo - si potrebbe dire, nel senso buono del termine: l'utopia - autogestionario, se non viene svilito, si sceglie essenzialmente politico più ancora che meramente organizzativo.
È implicito che è il luogo di convergenza di tutti i compromessi e tutti i patteggiamenti sul piano politico. Bisogna dunque chiamare un gatto, un gatto; e non battezzare magicamente con un termine roboante o alla moda un certo numero di esperienze, che per altro possono essere veramente interessanti.
Perché l'autogestione passi dall'utopia alla realtà, occorre che vengano assolte un certo numero di condizioni. Occorre in particolare che l'autogestione si realizzi nella durata storica che è quella dell'istituzione. Occorre che, anche quando si tratta di un'esperienza locale, abbia un carattere sufficientemente globale nel quadro di quel locale perché si possa effettivamente parlare di processo autogestionario. Il che non è affatto il caso delle esperienze in questione. Si tratta, per esempio, di un centro sperimentale autogestito (annesso al liceo "F. Villon" che, in realtà, si riduce a un "sottoscala" di un istituto esistente ed a un piccolo settore, all'epoca nemmeno dotato finanziariamente).
In questo caso, io dico che può aversi, in un certo modo, intenzione autogestionaria, sebbene gli allievi non vengono chiamati a partecipare alla gestione vera e propria, cioè alla nomina degli insegnanti, alla loro retribuzione ed alla gestione finanziaria dell'iniziativa... E che se anche lo fossero, non lo potrebbero fare date le regole dell'apparato educativo di Stato alle quali questa esperienza continua sempre ad obbedire. Che si parli allora di una esperienza che è o vuole essere una forma iniziale di una prospettiva autogestionaria, nell'ambito della formazione; ma che non mi si dica che si tratti di una esperienza scolare autogestita.

Pensi che il progetto d'autogestione pedagogica, che in effetti è stato da una quindicina d'anni un'ideologia, o se vuoi un referente mitico, abbia delle possibilità di realizzarsi?

Io penso che l'autogestione pedagogica non è che una simulazione d'una autogestione, che deve essere necessariamente più vasta e non limitarsi unicamente a un territorio protetto, che è semplicemente quello di una classe o di un istituto scolastico. Come simulazione è uno strumento di sensibilizzazione, di formazione, estremamente interessante ma sempre simulazione è. L'autogestione in cammino, come processo, vuole essere una realtà iscritta nella Storia. Questo non vuol dire che la corrente autogestionaria in pedagogia istituzionale non abbia avuto la sua utilità, non abbia ancora la sua utilità; semplicemente, è condannata a non fare autogestione perché si iscrive in un certo numero di vincoli sui quali non ha presa.

L'autogestione pedagogica non ha allora alcun senso per lei?

In effetti sì; perché si abbia autogestione pedagogica, occorre che si realizzi l'autogestione politica (quella dell'insieme di un paese o di una organizzazione sufficientemente vasta). In qualche modo è un progetto politico; e, all'interno di questo progetto politico, un atto già compiuto con il cambiamento di norme corrispondenti. Ad ogni modo, questa autogestione non sarà che parziale, ridotta e progressiva, in funzione di un certo numero di dati. Allora, l'autogestione pedagogica da sola e per se stessa? Ecco, io credo che questo sia stato l'errore della corrente della pedagogia autogestionaria, di aver voluto effettivamente partire dalla scuola e realizzare nella scuola quel che non esisteva intorno.
Ciò non ha alcun senso, se non quello di sensibilizzare verso questa prospettiva, questa ideologia e questo ideale: è un lavoro di formazione.