Rivista Anarchica Online
Senza
ritegno
Vorrei cogliere l'occasione data dalla
lettera di Luca Manfrin per dire la mia su cose di cui si discute
spesso senza a mio avviso andare a fondo, quasi per paura di dire
cose sgradite. Parlo dell'alternativa tra servizio civile e rifiuto
totale. Forse l'errore sta proprio qui, nel
considerare l'uno alternativo all'altro, perché in realtà
non lo sono. Sinceramente credo che nel servizio
civile sia rimasto ben poco di antimilitarista e chi lo sceglie lo
faccia per ripiego, perché non ha trovato la spinta ideale e
il coraggio sufficienti. Credete che se avesse ancora una certa
carica antimilitarista, eversiva, antiautoritaria permetterebbero a
così tanta gente di praticarlo? Qui si nasconde una verità
tanto evidente quanto sacrosanta, che dal momento in cui una forma di
lotta viene fagocitata, legalizzata e regolamentata dagli organi di
potere, perde di valore e diventa una sua specifica funzione e
struttura di dominio. Si tratta anche di un problema di
immagine (sembrerà forse sconveniente parlare di look
trattando di ideali): l'opinione della gente riguardo all'obiezione
di coscienza non è delle migliori e chi ci rimette sono quei
pochi animati realmente da valori etici. Oggi l'obiettore è
considerato un lavativo che sceglie di pulire i cessi e di "portare
a spasso" i vecchi piuttosto di "farsi il sangue" in
caserma, e l'immagine di assistenza sociale al servizio dei cittadini
non è certo migliore di quella dell'esercito (cfr. ultima
campagna pubblicitaria). Mentre pochi sanno che esiste anche una
forma di rifiuto totale, che lo stato non riesce assolutamente a
gestire e quindi la mantiene lontana dai veicoli di informazione di
massa. Inoltre credo che il servizio civile costituirà un
punto di forza contro un futuro aumento degli obiettori totali,
insieme all'inasprimento delle pene per quest'ultimi. Purtroppo per
noi lo stato va al passo coi tempi, affinando e modernizzando i suoi
strumenti di dominio, a furia di propaganda e nuovi look per cui solo
una lotta radicale e coerente può sfuggire al suo controllo. E
non gli mancano certo mezzi e terreno fertile, nell'indifferenza e
tacito consenso dell'opinione pubblica. Noi dobbiamo controbattere con la
nostra propaganda, facendo più casino possibile, facendo
credere di essere in molti anche se rimaniamo quattro gatti, senza
avere tanta paura di sporcarci le mani. Anche per questo ritengo che
il servizio civile non abbia più nessun valore... Per quanto le motivazioni ideali
possono essere sincere non si può negare l'evidenza; il
servizio civile è sostitutivo della leva e non comporta
necessariamente un suo rifiuto, non è una scelta
antimilitarista, mentre un rifiuto totale e coerente lo è,
anche se può sembrare sterile come effetti politici. Se poi
uno crede nella sua utilità sociale e vuol fare qualcosa per
il prossimo, perché aspettare che lo imponga il potere
costituito, che degli handicap e dell'emarginazione sociale è
la causa principale? Perderebbe anche di valore perché lo si
deve fare per forza, non sarebbe più spontaneo. Inoltre, dietro tutto questo si
nasconde una logica assistenzialista ciellina molto discutibile, per
cui si perdono di vista i nostri veri obiettivi, cioè
eliminare le cause dell'emarginazione stravolgendo profondamente la
società e il nostro modo di rapportarci ad essa. Ho la vaga impressione che molti
obiettori in servizio civile si accorgano ben presto di essere, e di
essersi, presi in giro, e dalle lettere che ho trovato pubblicate
traspare un certo senso di colpa per quello che avrebbero voluto fare
e invece non hanno fatto. E questa sarebbe una cosa terribile, non
solo perché non hanno portato avanti una lotta in cui
credevano, ma perché ne sentono un profondo rimorso. D'altro
canto un atteggiamento coerente porterebbe a forme di disobbedienza
come l'autoriduzione e l'auto-trasferimento, e conseguentemente a
grossi problemi con la giustizia, senza escludere la galera. A questo punto non mi resta che
domandarvi perché allora non abbiate scelto l'obiezione
totale, che comporta guai peggiori, ma non intacca la nostra dignità
e la nostra coscienza di essere liberi. Al di la delle nostre diverse
situazioni familiari, personali, ecc., che non sono mai ragioni
valide per rinunciare, le spinte ideali non sono poi molto lontane
tra loro. Nelle vostre lettere non ho mai trovato una spiegazione a
tutto ciò, ma piuttosto una voglia di giustificarsi e scusarsi
in modo più o meno palese. Ma non dovete giustificarvi con
nessuno, tanto meno sottoporvi al giudizio di altri. Non siete voi nel torto e noi nel
giusto: non è che noi abbiamo solo certezze e voi dubbi
amletici, né tantomeno esistono "eroi" e
"vigliacchi", questo deve essere ben chiaro; è un
problema di coscienza e ognuno lo risolve come crede. Penso di essere stato abbastanza
provocatorio, ma ho il brutto vizio di dire quello che mi passa per
la testa senza ritegno, ma senza cattiveria. Saluti refrattari
Fabrizio Falciani (carcere
militare di Forte Bocea - Roma)
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