Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 18 nr. 153
marzo 1988


Rivista Anarchica Online

Improbabile banchiere
di Fausta Bizzozzero

Immaginatevi un banchiere (Fernando Pessoa, Il banchiere anarchico, Guanda 1988, pagg. 109, lire 12.000), sì proprio un banchiere (cioè proprio della categoria dei peggiori ladri autorizzati, dei parassiti più schifosi), che, dopo una cena raffinata, si accende pigramente un sigaro secondo il cliché più classico e intavola una conversazione con un suo commensale. Non sappiamo com'è fisicamente poiché non ci viene descritto, per cui possiamo continuare a pensarlo secondo lo stesso cliché: non più giovane, una calvizie incipiente, colorito rubizzo, la classica pancetta dell'uomo che dirige i destini del mondo dalla sua scrivania, la sicurezza dell'uomo d'affari arrivato.
L'individuo non avrebbe alcun interesse per noi, è ovvio, ed anzi susciterebbe un moto di fastidio quasi fisico se non fosse per l'oggetto della conversazione e cioè il suo pretendersi anarchico, anzi il suo pretendersi anarchico coerente e migliore di tutti coloro che anarchici credono di essere - militanti operai, individualisti, sindacalisti - ma in realtà non sono. Dice il banchiere: "...loro (sì loro, e non io) sono anarchici in teoria; io, invece, lo sono nella teoria e nella pratica. Loro sono anarchici e stupidi, io sono anarchico e intelligente. (...) loro sono la spazzatura, le meretrici della grande dottrina libertaria".
C'è di che restare allibiti da questa affermazione categorica, e infatti lo è anche il suo interlocutore che espone le sue perplessità e chiede spiegazioni. La nostra curiosità, comunque, non verrà soddisfatta. Potrà considerarsi soddisfatto il suo interlocutore o l'occasionale lettore che non sanno nulla d'anarchia e che quindi potranno apprezzare un discreto esercizio di logica. Noi no, perché Pessoa - di cui non si possono negare le indubbie capacità letterarie (cfr. Il Libro dell'inquietudine, edizione Feltrinelli, e Una sola moltitudine edizione Adelphi) - costruisce il suo esercizio di logica su dati sbagliati o incompleti, vale a dire che dimostra di non conoscere abbastanza la materia - cioè l'anarchia - per poter dimostrare la sua tesi.
Non che questo sia di per sé una colpa, figuriamoci, il mondo purtroppo è pieno di gente che non sa neppure cosa sia l'anarchia o al massimo ne conosce i luoghi comuni più stupidi. Ma diventa una colpa, e una colpa grave, quando su di esso si pretende di scrivere e dissertare, come appunto fa Pessoa. Un esempio valga per tutti: il suo improbabile banchiere raccontando le fasi dell'evoluzione (sic!) che lo ha portato a decidere di diventare banchiere senza contraddizioni (fintanto che non venga una rivoluzione può esistere soltanto la libertà individuale e tale libertà si otterrebbe solo utilizzando gli strumenti del potere!) ricorda la sua partecipazione giovanile a un gruppo anarchico e la sua "illuminazione" quando ha scoperto che anche in quel gruppo - e in genere nei gruppi anarchici - c'era chi esercitava più potere degli altri e quindi questo significava l'impossibilità di lavorare con altri, la necessità di cercare la propria strada da soli (ma quale strada verso l'anarchia non ci viene mai detto, o forse è una strada lastricata di azioni e obbligazioni, magari - perché no? - di miniere del Terzo Mondo dove la mano d'opera costa niente e la redditività può essere più elevata).
Ora, se Pessoa non fosse morto negli anni trenta, potremmo suggerirgli di leggere qualche cosina sulla storia e sull'etica anarchica, potremmo spiegargli che una cosa è il dominio, il potere istituzionalizzato (cioè riconosciuto) e tutt'altra cosa è l'autorevolezza, il prestigio, la stima che a volte fanno sì che un individuo venga più ascoltato di altri. E che se esiste un luogo al mondo dove comunque sempre anche la semplice leadership viene tenuta sotto controllo, contestata, combattuta, osteggiata, attraverso continue dinamiche interne, ebbene questo luogo è proprio un gruppo anarchico in cui si riconoscono e si accettano le diversità e le attitudini legate ad ogni individualità ma nello stesso tempo non si riconosce mai ad esse alcun potere. E la storia di tutto il movimento è li a testimoniarlo, se ce ne fosse bisogno. E chiunque abbia fatto parte di un gruppo anarchico può testimoniarlo, se ce ne fosse bisogno.
Non è certo il caso di Pessoa, che semplicemente - è evidente - ha voluto divertirsi e divertire costruendo un esercizio logico-dialettico su un paradosso piccandosi di riuscire a dimostrare l'indimostrabile. Peccato che l'esercizio logico non stia in piedi e che non sia neppure divertente, mentre lo sono decisamente di più gli altri due racconti che lo seguono e che sono opera di pura fantasia. A ciascuno il suo mestiere, o no?