Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 18 nr. 152
febbraio 1988


Rivista Anarchica Online

Occhio alla marmitta
di Mario Santi

L'industria automobilistica maneggia nel suo interesse anche la questione " inquinamento". L'esempio delle marmitte catalitiche.

Leggo e trascrivo da "Panorama" del 22 novembre: "Ma il provvedimento più urgente e più importante, secondo il WWF, è l'adozione inizialmente, almeno sui taxi e le autopubbliche, di marmitte catalitiche, le uniche in grado di depurare i gas di scarico dagli idrocarburi incombusti, dagli ossidi di azoto e carbonio. Le marmitte catalitiche funzionano però solo con benzina senza piombo... In Italia, la FIAT si oppone alla loro introduzione prima del 1994 perché teme che il loro costo e la riduzione della potenza del motore abbiano conseguenze sul mercato dell'auto".
Per lo meno un po' sprovveduti questi sapientoni del WWF, che sono caduti tanto ingenuamente (almeno si crede) nella trappola tesa dall'industria automobilistica. Perché è proprio vero che le marmitte catalitiche siano l'unico mezzo per risolvere, o per lo meno ridurre, l'inquinamento atmosferico provocato dai gas di scarico degli autoveicoli? No!
Però l'uso imposto per legge di tali apparecchi scagionerà le fabbriche automobilistiche dall'accusa di costruire motori inquinanti, incrementerà i loro guadagni e quelli del governo ed addosserà ogni responsabilità al lavoratore, che per una serie di fattori di politica economica e di pianificazione del territorio, risolti a suo danno, è costretto ad usare l'auto privata per gli spostamenti casa-posto di lavoro. Perché, mentre sarà facile per le società automobilistiche presentare agli organi ufficiali di controllo un prototipo di marmitta catalitica in regola con le norme antinquinamento, non altrettanto facile sarà per l'automobilista mantenere sempre efficiente tale dispositivo. Infatti, anche senza manomettere la marmitta catalitica per recuperare quel po' di potenza che si verrebbe a perdere, fattori ambientali e climatici possono determinarne l'inefficienza ed un subitaneo deterioramento.
Il tentativo di ricavare lucrosi guadagni dalla campagna antinquinamento, le società petrolifere ed automobilistiche, d'intesa col Governo, lo hanno iniziato circa 15 anni fa. La Comunità Economica Europea scoprì allora che i motori a scoppio producono allo scarico un gas tossico, ossido di carbonio (i motori Diesel: benzopirene e benzoantracene) che hanno elevate proprietà cancerogene.
La benzina costava allora 120 Lire ai litro ed il gasolio 40 lire. Ma, le società petrolifere avevano grandi scorte di gasolio invendute, che non riuscivano a smaltire, neanche se ormai era diventato obbligatorio per il riscaldamento, per l'agricoltura e per la pesca. Pertanto, l'avvelenamento da ossido di carbonio, che produce sensibili effetti se una persona rimane oltre due ore in un ambiente inquinato almeno dello 0,05%, fu ritenuto meno grave di quello più insidioso, perché più continuo, che i gas di scarico dei motori diesel provocano alle vie respiratorie. La giustificazione ufficiale fu allora che tale danno poteva ritenersi limitato, in quanto la quasi totalità dei motori diesel era montata su autoveicoli di aziende pubbliche e quindi facilmente controllabili.

Il cancro dimenticato
Il gioco era fatto. Sull'onda anche di un'appropriata campagna di risparmio energetico, le case automobilistiche accontentarono le società petrolifere, costruendo autovetture con motori diesel di piccola cilindrata. Contento il governo che poté istituire il superbollo sui motori diesel.
Vengono così dall'oggi all'indomani, dimenticati gli effetti cancerogeni dei motori diesel, vengono trascurati se non aboliti per insufficienza di personale i controlli sul parco circolante per rilevare il grado di opacità e viene completamente tralasciata la ricerca di additivi da sciogliere nel gasolio, per ridurre la dannosità dei suoi gas di scarico.
Ora, come speculare con la campagna antinquinamento sui motori a scoppio? Con l'adozione obbligatoria delle marmitte catalitiche che, con un po' di buona volontà, oltre a tutte le autovetture private con motore a scoppio, potranno essere applicate anche a quelle con motore diesel. Ma proprio non è possibile costruire motori "puliti" o meno inquinanti e senza costosi apparecchi di post-combustione di dubbia efficienza? È senz'altro possibile, a costo però di modificare completamente l'attuale tecnica motoristica ed automobilistica.
Il principale elemento di confronto, fra i vari tipi di autovettura, è diventato il minor consumo di carburante, a parità di potenza. La "mia" autovettura deve consumare poco e deve poter raggiungere almeno i 130 Km/ora. Così "mi" viene pubblicizzata e così vengo convinto a comprarla. Per ottenere queste particolarità, dato che ormai la cilindrata media in Europa è intorno ad un litro, occorre costruire motori ad alto numero di giri e molto compressi (per avere una potenza maggiore), cambi di velocità a quattro-cinque marce (per raggiungere alte velocità di crociera) ed infine si devono usare benzine con elevate caratteristiche di antidetonalità.
Tutto ciò rende maggiormente inquinanti i gas di scarico degli autoveicoli. Infatti le benzine antidetonanti si ottengono mediante additivi al piombo; cambi con maggior numero di marce aumentano la frequenza dei regimi transitori del motore, che sono quelli in cui si producono maggior quantità di gas incombusti, dato che il motore deve avere un carburatore con valida pompa di ripresa.
Non è un paradosso dimostrare che un motore con cilindrata anche doppia di quella della media attuale europea, che bruci benzina senza additivi perché non ha bisogno di un alto rapporto di compressione, accompagnato da un cambio di appena tre marce, possa risultare meno inquinante di uno dei nostri con le caratteristiche che sono state esaminate. È la tecnica motoristica delle fabbriche americane, dove la benzina costa poco (soprattutto perché non oberata da tante tasse come in Italia) e dove i controlli sui limiti di velocità sono rigorosi ed efficienti.
Le autovetture italiane di piccola e media cilindrata negli Stati Uniti vengono considerate dei giocattoli: sono usate in parchi privati dove non ci sono limiti di velocità e dove le loro autovetture richiederebbero strade molto più larghe. Tuttavia, il governo degli USA pretende che le auto importate dall'Italia siano munite di speciali dispositivi per prolungare la combustione e ridurre in parte l'inquinamento dei gas di scarico.
Al sottoscritto (quando era in servizio presso la Motorizzazione civile) è capitato di dover controllare due distinti gruppi di FIAT 850: uno munito di dispositivi anti-inquinamento, perché destinato al mercato nord-americano e l'altro privo di ogni apparecchiatura speciale, perché destinato al mercato nazionale. Ma, qual è il guadagno cui dovrebbero rinunciare le industrie automobilistiche, per non poter ulteriormente sfruttare i propri impianti di costruzione, già da tempo ammortizzati, se "intendessero" costruire un nuovo modello di motore con minor rapporto potenza/cilindrata e minor numero di giri e di conseguenza meno inquinante? Quanto dovrebbero perdere le società petrolifere ed il governo per non strozzare l'automobilista costretto ad un maggior consumo di carburante ma più pulito?
Anche noi dovremmo rinunciare a mettere delle "tigri" nel motore e correre di meno sulle autostrade. In compenso sarebbero migliorati la sicurezza stradale e l'ambiente. Qui sta il vero problema. Perché i più deboli siamo noi cittadini costretti sempre a subire i ricatti della grande industria: solido sostegno di ogni "buon" governo.