Rivista Anarchica Online
Occhio alla marmitta
di Mario Santi
L'industria automobilistica
maneggia nel suo interesse anche la questione " inquinamento".
L'esempio delle marmitte catalitiche.
Leggo e trascrivo da "Panorama"
del 22 novembre: "Ma il provvedimento più urgente e più
importante, secondo il WWF, è l'adozione inizialmente, almeno
sui taxi e le autopubbliche, di marmitte catalitiche, le uniche in
grado di depurare i gas di scarico dagli idrocarburi incombusti,
dagli ossidi di azoto e carbonio. Le marmitte catalitiche funzionano
però solo con benzina senza piombo... In Italia, la FIAT si
oppone alla loro introduzione prima del 1994 perché teme che
il loro costo e la riduzione della potenza del motore abbiano
conseguenze sul mercato dell'auto". Per lo meno un po' sprovveduti questi
sapientoni del WWF, che sono caduti tanto ingenuamente (almeno si
crede) nella trappola tesa dall'industria automobilistica. Perché
è proprio vero che le marmitte catalitiche siano l'unico mezzo
per risolvere, o per lo meno ridurre, l'inquinamento atmosferico
provocato dai gas di scarico degli autoveicoli? No! Però l'uso imposto per legge di
tali apparecchi scagionerà le fabbriche automobilistiche
dall'accusa di costruire motori inquinanti, incrementerà i
loro guadagni e quelli del governo ed addosserà ogni
responsabilità al lavoratore, che per una serie di fattori di
politica economica e di pianificazione del territorio, risolti a suo
danno, è costretto ad usare l'auto privata per gli spostamenti
casa-posto di lavoro. Perché, mentre sarà facile per le
società automobilistiche presentare agli organi ufficiali di
controllo un prototipo di marmitta catalitica in regola con le norme
antinquinamento, non altrettanto facile sarà per
l'automobilista mantenere sempre efficiente tale dispositivo.
Infatti, anche senza manomettere la marmitta catalitica per
recuperare quel po' di potenza che si verrebbe a perdere, fattori
ambientali e climatici possono determinarne l'inefficienza ed un
subitaneo deterioramento. Il tentativo di ricavare lucrosi
guadagni dalla campagna antinquinamento, le società
petrolifere ed automobilistiche, d'intesa col Governo, lo hanno
iniziato circa 15 anni fa. La Comunità Economica Europea
scoprì allora che i motori a scoppio producono allo scarico un
gas tossico, ossido di carbonio (i motori Diesel: benzopirene e
benzoantracene) che hanno elevate proprietà cancerogene. La benzina costava allora 120 Lire ai
litro ed il gasolio 40 lire. Ma, le società petrolifere
avevano grandi scorte di gasolio invendute, che non riuscivano a
smaltire, neanche se ormai era diventato obbligatorio per il
riscaldamento, per l'agricoltura e per la pesca. Pertanto,
l'avvelenamento da ossido di carbonio, che produce sensibili effetti
se una persona rimane oltre due ore in un ambiente inquinato almeno
dello 0,05%, fu ritenuto meno grave di quello più insidioso,
perché più continuo, che i gas di scarico dei motori
diesel provocano alle vie respiratorie. La giustificazione ufficiale
fu allora che tale danno poteva ritenersi limitato, in quanto la
quasi totalità dei motori diesel era montata su autoveicoli di
aziende pubbliche e quindi facilmente controllabili.
Il cancro dimenticato
Il gioco era fatto. Sull'onda anche di
un'appropriata campagna di risparmio energetico, le case
automobilistiche accontentarono le società petrolifere,
costruendo autovetture con motori diesel di piccola cilindrata.
Contento il governo che poté istituire il superbollo sui
motori diesel. Vengono così dall'oggi
all'indomani, dimenticati gli effetti cancerogeni dei motori diesel,
vengono trascurati se non aboliti per insufficienza di personale i
controlli sul parco circolante per rilevare il grado di opacità
e viene completamente tralasciata la ricerca di additivi da
sciogliere nel gasolio, per ridurre la dannosità dei suoi gas
di scarico. Ora, come speculare con la campagna
antinquinamento sui motori a scoppio? Con l'adozione obbligatoria
delle marmitte catalitiche che, con un po' di buona volontà,
oltre a tutte le autovetture private con motore a scoppio, potranno
essere applicate anche a quelle con motore diesel. Ma proprio non è
possibile costruire motori "puliti" o meno inquinanti e
senza costosi apparecchi di post-combustione di dubbia efficienza? È
senz'altro possibile, a costo però di modificare completamente
l'attuale tecnica motoristica ed automobilistica. Il principale elemento di confronto,
fra i vari tipi di autovettura, è diventato il minor consumo
di carburante, a parità di potenza. La "mia"
autovettura deve consumare poco e deve poter raggiungere almeno i 130
Km/ora. Così "mi" viene pubblicizzata e così
vengo convinto a comprarla. Per ottenere queste particolarità,
dato che ormai la cilindrata media in Europa è intorno ad un
litro, occorre costruire motori ad alto numero di giri e molto
compressi (per avere una potenza maggiore), cambi di velocità
a quattro-cinque marce (per raggiungere alte velocità di
crociera) ed infine si devono usare benzine con elevate
caratteristiche di antidetonalità. Tutto ciò rende maggiormente
inquinanti i gas di scarico degli autoveicoli. Infatti le benzine
antidetonanti si ottengono mediante additivi al piombo; cambi con
maggior numero di marce aumentano la frequenza dei regimi transitori
del motore, che sono quelli in cui si producono maggior quantità
di gas incombusti, dato che il motore deve avere un carburatore con
valida pompa di ripresa. Non è un paradosso dimostrare
che un motore con cilindrata anche doppia di quella della media
attuale europea, che bruci benzina senza additivi perché non
ha bisogno di un alto rapporto di compressione, accompagnato da un
cambio di appena tre marce, possa risultare meno inquinante di uno
dei nostri con le caratteristiche che sono state esaminate. È
la tecnica motoristica delle fabbriche americane, dove la benzina
costa poco (soprattutto perché non oberata da tante tasse come
in Italia) e dove i controlli sui limiti di velocità sono
rigorosi ed efficienti. Le autovetture italiane di piccola e
media cilindrata negli Stati Uniti vengono considerate dei
giocattoli: sono usate in parchi privati dove non ci sono limiti di
velocità e dove le loro autovetture richiederebbero strade
molto più larghe. Tuttavia, il governo degli USA pretende che
le auto importate dall'Italia siano munite di speciali dispositivi
per prolungare la combustione e ridurre in parte l'inquinamento dei
gas di scarico. Al sottoscritto (quando era in
servizio presso la Motorizzazione civile) è capitato di dover
controllare due distinti gruppi di FIAT 850: uno munito di
dispositivi anti-inquinamento, perché destinato al mercato
nord-americano e l'altro privo di ogni apparecchiatura speciale,
perché destinato al mercato nazionale. Ma, qual è il
guadagno cui dovrebbero rinunciare le industrie automobilistiche, per
non poter ulteriormente sfruttare i propri impianti di costruzione,
già da tempo ammortizzati, se "intendessero"
costruire un nuovo modello di motore con minor rapporto
potenza/cilindrata e minor numero di giri e di conseguenza meno
inquinante? Quanto dovrebbero perdere le società petrolifere
ed il governo per non strozzare l'automobilista costretto ad un
maggior consumo di carburante ma più pulito? Anche noi dovremmo rinunciare a
mettere delle "tigri" nel motore e correre di meno sulle
autostrade. In compenso sarebbero migliorati la sicurezza stradale e
l'ambiente. Qui sta il vero problema. Perché i più
deboli siamo noi cittadini costretti sempre a subire i ricatti della
grande industria: solido sostegno di ogni "buon" governo.
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