Rivista Anarchica Online
Platoon, secondo
me
Ho letto sull'ultimo
numero di "A" l'articolo su Platoon, un film da me ritenuto
molto valido, sul quale vorrei esprimere il mio modesto parere. La caratteristica
principale di Platoon, a differenza di altri film sul Vietnam, è la
sua semplicità. Altri film su quella guerra propongono un discorso
molto meno immediato, molto più ermetico, nonché denso di
psicologia. Accade così che opere d'arte come "Il cacciatore"
o "Apocalypse now", vengano viste come "una cosa
raccapricciante, insopportabile da vedere". La loro visione
necessita in realtà di una "lettura tra le righe" che non tutti
possono fare, o per mancanza di mezzi culturali o per cecità
politica. Platoon è qualcosa
di completamente diverso, privo di sottigliezze che nemmeno ricerca,
ma forse per questo apprezzabile quanto gli altri, sia pure per
opposti motivi. Il film parla proprio perché è così crudo, non ci
sono voli pindarici da fare e il discorso emerge spontaneamente. Alessandra Calanchi
nota che, dopo atti disumani, il soldato si salva l'anima sottraendo
ad uno stupro una ragazza. Ma non c'è da rabbrividire a pensare che
un uomo possa credere di salvarsi la coscienza in questo modo? Non
suscita riflessioni il fatto che i soldati sparino, semi-impazziti,
in preda alla disperazione, al grido di " morte ai comunisti"?
Si noti che poco prima uno di loro aveva detto: "Io non so nemmeno
chi sia Ho Chi Minh". In Platoon si vede
il disumano sfruttamento dell'uomo da parte dello stato, ma anche il
suo totale annullamento e/o la sua metamorfosi e identificazione con
la macchina, l'arma. L'uomo spara disperato, senza sapere perché,
contro chi, così come la macchina, l'arma. La guerra del
Vietnam è stata comunque così abominevole da aver detto essa stessa
tutto di sé. Un fraterno saluto
anarchico ai compagni/e della redazione.
Antonio Abbotto
(Sassari)
|