Rivista Anarchica Online
Berneri e la
donna
Cari compagni,
sull'ultimo numero della rivista ho letto con interesse le pagine
dedicate a Camillo Berneri. Devo però dire che mi è apparso
superficialmente critico nei confronti del pensiero berneriano. Ritengo infatti
quantomeno discutibili le idee di Berneri sulla donna e, più in
generale, sulla questione femminile. Per rendersene conto basta la
lettura de L'emancipazione della donna (sic!) da lui scritto
nel 1926. Infatti dietro un
falso atteggiamento progressista, Berneri in tale pamphlet appare
talmente imbevuto di maschilismo da far seriamente riflettere sulle
sue convinzioni di anarchico. Cosa dire di un
rivoluzionario che sostiene, ad esempio, che "il lavoro
extradomestico è pericoloso per la salute morale e fisica delle
ragazze" e che fa propria l'affermazione di Proudhon per cui "la
donna si trova al bivio: o madre di famiglia o prostituta"?! Che senso ha - mi
chiedo - essere contro l'oppressione dell'uomo sull'uomo, se poi la
rivoluzione sociale si ferma ancora davanti ad una liberazione della
donna ancora tutta da compiersi? Ed allora queste contraddizioni non
vanno sorvolate come se fossero questioni marginali, tanto più che
Berneri non appartiene sicuramente al periodo storico di Proudhon.
Sarebbe infatti curioso immaginare quale potesse essere la sua
opinione verso una sovversiva come Emma Goldman, che sicuramente non
scelse di essere madre di famiglia. Se veramente, come
è auspicabile, certa ideologia oggettivamente autoritaria e
maschilista non appartiene più al modo di rapportarsi tra compagni e
compagne, criticare anche duramente Berneri non deve intimorirci, ma
anzi esserci di stimolo. Invece, purtroppo, ho constatato che nel 50°
anniversario del suo assassinio nessun giornale anarchico ha avuto il
coraggio di mettere il dito nella piaga. Rimozione, autocensura o
lapsus freudiano?
Ciao.
Gisella Escalar
(Milano)
Siamo pienamente
d'accordo. Le posizioni espresse da Camillo Berneri in tema di
donne/sessualità/famiglia/ecc. ci sono sempre parse del tutto
incompatibili con la nostra concezione dell'anarchismo. E tali furono
giudicate anche da militanti anarchici suoi contemporanei, come
testimonia - tra l'altro - il puntuale intervento polemico di Carlo
Molaschi ("Il problema femminile: frammento di una polemica")
apparso nel 1926 sulla rivista Pensiero e Volontà, a poca distanza
dalla pubblicazione di due interventi di Berneri: il saggio "La
garçonne e la madre"
(apparso sempre nel '26 sul giornale anarchico Fede! e
successivamente pubblicato in opuscolo con l'assurdo titolo
L'emancipazione della donna) e l'articolo "La donna operaia"
(pubblicato su Pensiero e Volontà). Citiamo questo
intervento di Molaschi (riprodotto su Volontà, a. XXVIII n. 4,
luglio/agosto 1975) perché ci pare significativo che le affermazioni
di Berneri abbiano trovato già allora immediata e dura risposta in
seno all'anarchismo. Da parte nostra
- si rassicuri Gisella - non c'è alcuna remora a "criticare anche
duramente Berneri" né ci manca "il coraggio di mettere il dito
nella piaga". D'altra parte,
scegliendo - per la ripubblicazione su "A" - alcune parti
del lungo saggio di Nico Berti, ci siamo preoccupati di non saltare
quel passo in cui si faceva riferimento proprio alle posizioni di
Berneri sulla questione femminile. Berti parla, in
proposito, di "posizione molto lontana dalla comune visione
libertaria, e di opposizione tradizionalistica che non va molto più
avanti delle retrive indicazioni proudhoniane"
("A" 147,
pag.42). A fronte dello
stridio tra le affermazioni di Berneri e la nostra sensibilità, si
possono ritenere non abbastanza "dure" tali valutazioni di Berti.
Forse. Ma la sostanza del giudizio critico è fuori discussione. Un'ultima
precisazione. Alla nostra concezione dell'anarchismo il culto della
personalità (comunque mascherato) è estraneo. Ci definiamo
anarchici, ma mai e poi mai "bakuniniani", "malatestiani",
"goldmaniani", o "berneriani". Qualunque
compagno/a - qualunque contributo di pensiero e di azione abbia
apportato al comune patrimonio anarchico - non deve mai cessare di
essere guardato con occhio critico. Non abbiamo Santi ne Maestri, né
li vogliamo. Bakunin - per
esempio - ha dato un contributo fondamentale alla nascita stessa
dell'anarchismo come movimento. La sua polemica con Marx ha avuto
spunti di eccezionale attualità (si pensi alle "previsioni"
sulla natura ed i risultati della dittatura del partito unico). Molti
suoi scritti sono - a nostro avviso - basilari per il pensiero
anarchico. Ma la stima ed anche - se cosi si può dire - la simpatia
e l'affetto che nutriamo per lui non ci impediscono di sentirci mille
miglia distanti da certe sue teorizzazioni e pratiche organizzative
di stampo carbonaro. O di segnalare come inaccettabili certi accenti
antisemiti che fanno capolino in alcune sue pagine. Idem per
Berneri. Si è trattato di una delle figure più interessanti e ancor
oggi stimolanti nell'anarchismo di lingua italiana di questo secolo. Nico Berti, nel
suo saggio citato, ne ha sottolineato numerosi aspetti. Ma non
abbiamo verso di lui alcuna "riverenza". Se sulla questione
femminile ha scritto delle vere e proprie boiate, noi le chiamiamo
con il loro nome. Con la
presunzione di pensare che anche lui - spirito così irrequieto ed
ipercritico - apprezzerebbe la nostra sincerità.
La redazione
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