Rivista Anarchica Online
Chi tace
acconsente
di Fusta Bizzozzero
Chi non ricorda
l'impatto e il dolore e la rabbia e il senso d'impotenza e - perché
no - di vergogna, di fronte alle prime immagini trasmesse dalla
televisione sulla fame in Etiopia? Allora sembrò che l'intero
mondo occidentale, ricco, ben nutrito, con la pancia piena, si
scuotesse dal suo torpore: ovunque si organizzarono campagne di
solidarietà, si raccolsero fondi, ci si mobilitò in
ogni modo in una breve ma intensa gara di solidarietà che
scosse le nostre freddolose e abuliche società. Persino gli
Inuit - gli abitanti del grande nord canadese che la fame e la morte
per fame la conoscono bene perché ci hanno sempre dovuto fare
i conti - parteciparono a questa gara donando tutto quel pochissimo
che possedevano. Si è
trattato quindi di uno slancio intercontinentale positivo, di un
segno di capacità di reazione e di solidarietà da parte
di un mondo che si fonda su ben altri valori e che solo situazioni
così estreme riescono a smuovere dal parossismo consumistico
ed egoistico in cui è perennemente immerso. Forza delle
immagini, forza della televisione, che riesce a trasformare in
spettacolo anche lo strazio, anche la morte. Certo siamo tutti
abituati, quasi anestetizzati dalle continue immagini di distruzione,
di guerre, di violenze di ogni tipo che ogni telegiornale
immancabilmente ci ammannisce e che vengono regolarmente rimosse (ma
si potrebbe continuare a vivere altrimenti?). Evidentemente,
però, c'è sempre una soglia di intollerabilità,
una soglia oltre la quale la coscienza si rifiuta di essere ancora
messa a tacere: evidentemente quelle immagini superavano il limite,
tant'è che milioni di persone hanno sentito il bisogno
impellente di fare qualcosa di concreto. Ma aiutare,
mobilitarsi, raccogliere fondi, andare sul luogo come volontari, non
basta - sostengono gli autori di questo scomodo libro (André
Glucksmann/Thierry Wolton, Silenzio, si uccide, Longanesi,
pagg. 251, L.22.000) che tanto dibattito ha suscitato: bisogna vedere
chi si aiuta, come si aiuta, a quale prezzo
si aiuta. Se il prezzo è il silenzio sulla reale situazione
interna del paese e sulle scelte del governo, se il prezzo è
il patteggiamento e la mediazione con gli organi del potere, allora
tutta la solidarietà di questo mondo non serve a nulla ed anzi
rischia di essere, oltre che inutile rispetto allo scopo, anche
complice di quel governo, di quelle scelte, di quella morte. Come nel
caso, emblematico, dell'Etiopia, dove la carestia era già in
corso ben prima di essere annunciata al mondo ed aveva motivazioni
ben più complesse della siccità. Il regime
"marxista" dittatoriale di Menghistu aveva infatti varato
una "riforma agraria" assolutamente folle basata su una
politica di "reinsediamento" - tipico eufemismo utilizzato
per definire la deportazione forzata di intere popolazioni dai luoghi
d'origine a luoghi decisi dal governo - che ha portato
inevitabilmente ad un drastico calo della produttività e al
consumo di tutte le scorte alimentari ben prima che si presentasse il
problema siccità. Come poteva essere
diversamente? Non si può pensare di distruggere interi
villaggi e tutti i tessuti sociali che ne costituiscono i gangli
vitali (religiosi, parentali, culturali, economici) dividendo nuclei
familiari, espropriando raccolti, animali, attrezzi, imponendo una
sorta di collettivizzazione con la forza e la brutalità (le
testimonianze di queste violenze raccolte a viva voce dagli autori
sono inenarrabili) e di costruire ex novo una economia che funzioni. L'ha pensato la
Russia, l'ha pensato la Cina, l'ha pensato Pol Pot e sappiamo con
quali conseguenze. Ora l'ha pensato Menghistu e chi si è
trovato sul luogo tentando di dare il suo aiuto ne ha potuto vedere i
risultati tragici, ha dovuto rendersi conto di quanto fosse difficile
fare i conti con un potere non solo corrotto - quale potere non lo è?
- ma anche brutale e totalitario. In nome della rivoluzione e del
marxismo, ovviamente. "Medecin sans
Frontières", una organizzazione sanitaria francese, dopo
venti mesi di lavoro e dedizione dichiarava pubblicamente: "L'aiuto
uccide", uno slogan semplificatorio che esprime però il
nocciolo del problema: "omicida è il mutismo che copre le
operazioni di soccorso, quasi una condizione sine qua non
dell'assistenza prestata. "Cura e taci" ordinano le
autorità sul posto e intanto, nel giro di una notte, senza
alcuna informazione, si consumano guerre, trasferimenti e
liquidazioni di intere popolazioni. Chi tace acconsente. Non è
l'aiuto ma il silenzio ad uccidere". Aiutare non può,
non deve significare farsi complici dei crimini di un regime,
qualunque esso sia, ma perché questo sia possibile bisogna
sapere, conoscere, informarsi e informare, bisogna smetterla di
sistemarsi la coscienza con le "buone azioni" per assumersi
le proprie responsabilità, bisogna smetterla di pensare che il
potere in Sud Africa è "cattivo" perché è
bianco e quello di Menghistu è "buono" perché
nero. Bisogna, insomma,
cominciare a pensare oltre gli schemi di comodo.
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