Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 148
estate 1987


Rivista Anarchica Online

Chi tace acconsente
di Fusta Bizzozzero

Chi non ricorda l'impatto e il dolore e la rabbia e il senso d'impotenza e - perché no - di vergogna, di fronte alle prime immagini trasmesse dalla televisione sulla fame in Etiopia? Allora sembrò che l'intero mondo occidentale, ricco, ben nutrito, con la pancia piena, si scuotesse dal suo torpore: ovunque si organizzarono campagne di solidarietà, si raccolsero fondi, ci si mobilitò in ogni modo in una breve ma intensa gara di solidarietà che scosse le nostre freddolose e abuliche società. Persino gli Inuit - gli abitanti del grande nord canadese che la fame e la morte per fame la conoscono bene perché ci hanno sempre dovuto fare i conti - parteciparono a questa gara donando tutto quel pochissimo che possedevano.
Si è trattato quindi di uno slancio intercontinentale positivo, di un segno di capacità di reazione e di solidarietà da parte di un mondo che si fonda su ben altri valori e che solo situazioni così estreme riescono a smuovere dal parossismo consumistico ed egoistico in cui è perennemente immerso. Forza delle immagini, forza della televisione, che riesce a trasformare in spettacolo anche lo strazio, anche la morte. Certo siamo tutti abituati, quasi anestetizzati dalle continue immagini di distruzione, di guerre, di violenze di ogni tipo che ogni telegiornale immancabilmente ci ammannisce e che vengono regolarmente rimosse (ma si potrebbe continuare a vivere altrimenti?).
Evidentemente, però, c'è sempre una soglia di intollerabilità, una soglia oltre la quale la coscienza si rifiuta di essere ancora messa a tacere: evidentemente quelle immagini superavano il limite, tant'è che milioni di persone hanno sentito il bisogno impellente di fare qualcosa di concreto.
Ma aiutare, mobilitarsi, raccogliere fondi, andare sul luogo come volontari, non basta - sostengono gli autori di questo scomodo libro (André Glucksmann/Thierry Wolton, Silenzio, si uccide, Longanesi, pagg. 251, L.22.000) che tanto dibattito ha suscitato: bisogna vedere chi si aiuta, come si aiuta, a quale prezzo si aiuta. Se il prezzo è il silenzio sulla reale situazione interna del paese e sulle scelte del governo, se il prezzo è il patteggiamento e la mediazione con gli organi del potere, allora tutta la solidarietà di questo mondo non serve a nulla ed anzi rischia di essere, oltre che inutile rispetto allo scopo, anche complice di quel governo, di quelle scelte, di quella morte. Come nel caso, emblematico, dell'Etiopia, dove la carestia era già in corso ben prima di essere annunciata al mondo ed aveva motivazioni ben più complesse della siccità.
Il regime "marxista" dittatoriale di Menghistu aveva infatti varato una "riforma agraria" assolutamente folle basata su una politica di "reinsediamento" - tipico eufemismo utilizzato per definire la deportazione forzata di intere popolazioni dai luoghi d'origine a luoghi decisi dal governo - che ha portato inevitabilmente ad un drastico calo della produttività e al consumo di tutte le scorte alimentari ben prima che si presentasse il problema siccità.
Come poteva essere diversamente? Non si può pensare di distruggere interi villaggi e tutti i tessuti sociali che ne costituiscono i gangli vitali (religiosi, parentali, culturali, economici) dividendo nuclei familiari, espropriando raccolti, animali, attrezzi, imponendo una sorta di collettivizzazione con la forza e la brutalità (le testimonianze di queste violenze raccolte a viva voce dagli autori sono inenarrabili) e di costruire ex novo una economia che funzioni.
L'ha pensato la Russia, l'ha pensato la Cina, l'ha pensato Pol Pot e sappiamo con quali conseguenze. Ora l'ha pensato Menghistu e chi si è trovato sul luogo tentando di dare il suo aiuto ne ha potuto vedere i risultati tragici, ha dovuto rendersi conto di quanto fosse difficile fare i conti con un potere non solo corrotto - quale potere non lo è? - ma anche brutale e totalitario. In nome della rivoluzione e del marxismo, ovviamente.
"Medecin sans Frontières", una organizzazione sanitaria francese, dopo venti mesi di lavoro e dedizione dichiarava pubblicamente: "L'aiuto uccide", uno slogan semplificatorio che esprime però il nocciolo del problema: "omicida è il mutismo che copre le operazioni di soccorso, quasi una condizione sine qua non dell'assistenza prestata. "Cura e taci" ordinano le autorità sul posto e intanto, nel giro di una notte, senza alcuna informazione, si consumano guerre, trasferimenti e liquidazioni di intere popolazioni. Chi tace acconsente. Non è l'aiuto ma il silenzio ad uccidere".
Aiutare non può, non deve significare farsi complici dei crimini di un regime, qualunque esso sia, ma perché questo sia possibile bisogna sapere, conoscere, informarsi e informare, bisogna smetterla di sistemarsi la coscienza con le "buone azioni" per assumersi le proprie responsabilità, bisogna smetterla di pensare che il potere in Sud Africa è "cattivo" perché è bianco e quello di Menghistu è "buono" perché nero.
Bisogna, insomma, cominciare a pensare oltre gli schemi di comodo.