Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 148
estate 1987


Rivista Anarchica Online

Il bel paese in vacanza
di Andrea Papi

Anche quest'estate non sono mancate le emozioni. Alcune inattese, piovute letteralmente dal cielo, "per volontà del padreterno", come ha affermato al TG2 il sindaco di un paese della Valtellina disastrata. Altre per volontà degli uomini che, nonostante tutta la loro buona volontà, continuano a commettere disattenzioni, errori di valutazione, inefficienze su commissione.
I nostri mass-media hanno avuto effettivamente qualcosa da scrivere, tra l'elevato numero di morti e feriti sulle strade delle vacanze, il concentramento di super-flotte da guerra nel golfo Persico e i prevedibili, ma non previsti secondo tradizione, disastri naturali nell'alta Lombardia e nel Trentino. Ah! dimenticavo la simpatica vacanza di venti giorni che si è preso il bel Renè, lo scanzonato bandito della Comasina, fuggito con oculata abilità di mago da un oblò trovatosi lì per caso, poi ripreso come un principiante, dopo essersi fatto intervistare a "Radio Popolare", dopo aver trascorso notti folli ai night, partecipe forse di una fruttuosa rapina sull'autostrada, e aver fatto innamorare diverse belle giovani ragazze in cerca di avventure più che romantiche. Ci credo che, subito dopo la cattura, sorridesse davanti ai teleschermi, mentre i carabinieri, pur promossi e decorati, mostravano musi lunghi e tesi, mica si son divertiti come lui in quei venti giorni di eroico servizio. E poi, forse, le loro vacanze sono meno ricche di suspense.
Così, attorniata da questa cornice abbastanza corposa, anche la politica nostrana ci ha regalato un po' di allegre notizie, forse meno emozionanti, permettendo ai media di propinarci parole e commenti. Mentre sto scrivendo il neo-governo, instancabile come i precedenti, è ancora in attesa di andare in vacanza. E gli conviene andarci, perché se i neoeletti non si beccano un po' di aria salubre, lontano da quella viziata del parlamento, dopo aver abbondantemente sudato in mezzo a tutte le correnti che lo percorrono, rischiano di prendersi dei malanni.
Un governo nato tra litigi e sconfessioni, che non si sente più pentapartito nonostante sia formato dagli stessi partiti di prima. A dire il vero, i notabili democristiani per qualche attimo sono rimasti perplessi. Il bel Goria, dall'inizio alla fine delle consultazioni, li ha tenuti col fiato sospeso, dando ad intendere furbescamente che c'erano serie probabilità perché verdi e radicali potessero far parte del governo postelettorale.
Per i verdi questa possibilità si è sgonfiata quasi subito, in mezzo a un tira e molla di dichiarazioni, per cui non è stato facile capire che in fondo a loro la NATO sta bene. Alla faccia di Mattioli, faccia da bravissimo ragazzo per carità, il quale all'atto della definizione del programma elettorale, almeno dicono i presenti, aveva proposto a chiare lettere l'uscita dell'Italia dall'alleanza atlantica come punto irrinunciabile. Ci dispiace per Marco Boato, che aveva visto una possibilità non trascurabile di diventare ministro per l'ecologia. Non dovrebbe però disperare. Se riesce a vincerla sulla rotazione, per la quale i verdi si sono impegnati, e se questi, come sembra, diventano sempre più malleabili nelle loro pretese, in un futuro non tanto lontano ce la potrebbe anche fare. Proprio lui in fondo è stato fin dall'inizio il principale sostenitore delle alleanze trasversali, per cui, sempre se ho capito bene, ci dovrebbe essere la disponibilità ad allearsi con chiunque, purché ovviamente ci si metta d'accordo.
Per i radicali le cose sono state più lunghe, anche perché avevano ottenuto il sostegno formale del PSI. Si è visto un Pannella molto meno aggressivo di quello cui ci eravamo abituati. Ha dato persino l'idea di essere conciliante, con quel suo sbavare dietro la possibilità di conquistare uno scranno di ministro; un nuovo ministero, ovviamente, creato apposta per lui. Ma la partitocrazia è una vetta cui si accede con una certa difficoltà e un certo tirocinio, che per i notabili ancora non sembra avere il Marco radicale. Eppure questa volta aveva al suo fianco due padrini come Craxi e Nicolazzi. Non si capisce bene con quale faccia l'ex terribile Pannella avrebbe fatto parte spudoratamente della mai odiata, ma sempre agognata partitocrazia, quando una parte consistente della sua opposizione parolaia è sempre stata infarcita di furbesche ed eloquenti frecciate proprio contro quei mafiosi con cui questa volta si sarebbe molto volentieri spartito la torta. Anche lui non disperi. Sta dimostrando di avere le doti per farne parte una prossima volta, forse neanche tanto lontana.
Superate queste iniziali perplessità, direi con una certa disinvoltura, il non più pentapartito, rimasto semplicemente alleanza dei cinque, ha preso il volo. Però, almeno dalle prime battute, non mostra di essere un'alleanza molto spensierata. DC e PSI, i due litiganti del pre-elezioni, continuano bellamente e tranquillamente a farsi i dispetti. E ne han tutte le ragioni, perché l'elettorato in un certo senso ha premiato questo loro amore litigarello. Solo che in questo caso non c'è stato il tradizionale terzo a godere fra i due litiganti. Per ora la parte del leoncino di turno sembra farla tutta il PSI, al punto che un commentatore politico ha potuto scrivere "Goria propone e Craxi dispone".
In effetti De Mita ha perso la faccia già sulla prima questione abbastanza grossa. Si era presentato come candidato unico del suo partito per diventare presidente del consiglio, portatore di una coalizione la cui condizione imprescindibile doveva essere la formazione di una maggioranza politica, dopodiché si sarebbe formulato il programma. Per niente impressionato dal suo cipiglio da 34%, armato della sua dentatura sempre più sfavillante, il grande Bettino lo ha ridimensionato con molta calma. E la maggioranza, molto precaria a dire il vero, si è ricostituita attorno a un programma. A sentire quello che ci dicono, non si deve più rispettare l'intesa tra partiti, ma l'accordo per la realizzazione di un progetto programmatico a breve termine. In altre parole, la partitocrazia si riformula. Tenta di farsi credere diversa per rimanere come prima.
Questo dover cedere le armi ha portato un certo scombussolamento in casa democristiana, dove i panni sporchi non riescono a lavarsi. Le faide intestine hanno preso piede con rinnovata energia e, secondo il loro codice d'onore, esplicato ad uso interno nel manuale Cencelli, in una gran giostra tra onorevoli han cominciato a menarsi dei gran fendenti, non tanto per conquistare la mano di una bella principessa o il santo Graal, quanto per impossessarsi di ministeri, segretariati e sottosegretariati. Tra i caduti han fatto scalpore Zamberletti e Scalfaro. Il primo, molto sfortunato, non potendo essere presente al torneo perché impegnato sul campo in Valtellina, è stato vigliaccamente detronizzato senza poter combattere. Il secondo è crollato sotto l'enorme statura di Fanfani e, preso dalla rabbia, in un raptus d'onore, ha spiattellato al "Corriere della Sera" che i servizi segreti han resistito alle pressioni di non ben identificati "don" della politica e, forse non ben pagati, non hanno messo a disposizione i loro dossier.
La cosa ha suscitato un gran putiferio, tipico perché, soprattutto i partiti esclusi, han fatto finta di meravigliarsi sia che i servizi segreti stiano schedando degli integerrimi cittadini, sia che qualche politico di grosso calibro abbia cercato di avere informazioni particolari. In fondo la cosa è sempre stata normale addentro i corridoi della politica italiana; probabilmente questa volta ha fatto scandalo che le informazioni non siano state date, almeno secondo le dichiarazioni dell'ex ministro dell'interno.
Dal canto loro i socialisti, forti dell'abbondante 3% di voti in più, si sono messi di buona lena per approfittare della disgregazione in casa DC. Dopo aver messo in ginocchio il segretario democristiano, si sono accaparrati un buon numero di ministeri importanti, assieme alla vice presidenza del consiglio. Al contrario dei loro antagonisti alleati, che si sono scannati secondo una logica di cosca per spartirsi i posti in base alle lotte tra le correnti, hanno agito col partito compatto, mettendo a disposizione uno staff di tecnici, ritenuti da tutti ad alto livello, senza impegnare cavalli di razza. Ma non gli è andato tutto liscio. Per ottenere di fare i referendum in autunno, hanno svenduto la moratoria nucleare, aiutati elegantemente dalla Iotti che, approfittando della sua carica di presidente della camera, non ha permesso in aula la discussione sull'ordine del giorno che chiedeva appunto la moratoria. Ecco un buon esempio della coerenza politica dei socialisti, che continuano a farsi passare per antinucleari.
Ma hanno fatto di più. Imbaldanziti dal buon vento che dopo le elezioni sembra tirare dalla loro parte, sentitisi a buon diritto la futura forza della nazione, hanno voluto mostrare la loro disponibilità sul piano internazionale, facendo vedere al Pentagono che sono veramente un partito di governo, degno della tradizione filoatlantica. Per voce dello stesso Bettino in parlamento, hanno insistito sul fatto che l'Italia non può stare a guardare passivamente quello che succede nel golfo persico, e che non può permettere che siano gli USA da soli a difendere anche gli interessi nazionali. Roba da far invidia a Spadolini, il quale, dopo la batosta del 14 giugno, si è assicurato un posto tranquillo come presidente del senato.
Che strani questi socialisti! Mentre con la partecipazione al governo continuano a rafforzare la loro immagine di tecnocrati yuppies, conservatori e riformatori al tempo stesso, per bocca del sempre bello Martelli rilasciano interviste a destra e a manca, dichiarando di voler ricostruire la sinistra per portarla al governo. Subito dopo le elezioni, il suo flirt imprevisto e quasi mieloso con l'antisocialista Occhetto, ha lasciato tutti di stucco, lasciando credere tra le righe che socialisti e comunisti, colpiti dalla freccia di Cupido, tornano ad essere amanti. Una buona boccata di ossigeno per il PCI evirato di un abbondante 3% del suo elettorato, incalzato all'interno ma non troppo dal liberalista Napolitano, dopo che per circa quindici anni ha detto di tutto, dal pacifismo al nucleare, non più marxista, ormai irrimediabilmente orfano di mamma Mosca, soffre di una grossa crisi d'identità. Aspirerebbe da sempre ad essere forza di governo, ma non riesce ad avere ministeri perché la partitocrazia nazionale continua ad emarginarlo, mentre lo obbliga a stare all'opposizione. Preso da un grosso complesso di responsabilità verso il bel paese, non è nemmeno più capace di credere nella berlingueriana terza via. È bastato che il numero due del PSI gli porgesse cortesemente la mano, perché Occhetto, diventato numero due del PCI per volontà di Natta proprio per la sua fama di antisocialista viscerale, facesse un'inversione di 359 gradi, fino a far sembrare tutto il partito ormai filosocialista. In pratica, uscito dall'interno del PSI nel '21 a Livorno come braccio bolscevico dell'Italia, dopo mezzo secolo dichiara sconfitta su tutti i fronti, chiede scusa ai traditori socialdemocratici, a suo tempo tacciati di socialfascismo, e aspira a ritornare nel grembo materno originario.
Cosa volete! così van le cose in Italia. Un gran buttasù per affondare il governo Craxi per problemi di egemonia interni al pentapartito. Si riportano gli italiani alle elezioni (all'inizio dell'anno non ne era prevista nessuna, ma ora, con i prossimi referendum, se ne faranno addirittura due). Un gran rimescolamento di carte, di nomi vecchi e nuovi; novità assoluta tra i neoeletti per la presenza estremamente pubblicizzata di una pornostar. I comunisti perdono acqua da tutte le parti, i socialisti trionfano, i democristiani si rafforzano, gli altri del vecchio pentapartito dimagriscono di parecchio, si affermano verdi, radicali e demoproletari. Secondo gli organi d'informazione si sta rivoltando quasi tutto. Ma la situazione rimane simile a prima, questa volta con i radicali aspiranti partitocrati, i comunisti invidiosi della politica craxiana, i verdi sempre meno movimento.
Forse varrebbe la pena per una volta di ignorarli lassù dove sono, nelle loro logge argentate, per provare a gestirci quaggiù senza di loro e senza tutto questo dispendio altamente entropico.