Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 146
maggio 1987


Rivista Anarchica Online

Punti interrogativi
di Gianluca Felicetti

Distribuire volantini? Organizzare conferenze? Puntare sulle azioni dirette? Propagandare il vegetarianesimo? Attaccare adesivi contro i circhi? Credere ancora in chi fa le leggi? Queste, e molte altre domande, si è posto, nel suo intervento al convegno di Firenze, Gianluca Felicetti, consigliere nazionale della L.A.V. (Lega Anti-Vivisezione) e membro del Forum delle liste Verdi "Noi e gli altri animali".

La vergognosa bocciatura dei referendum contro la caccia (la seconda in sei anni) ha rappresentato, tra l'altro, anche l'inizio di una riflessione in tutti coloro che avevano promosso e partecipato alla campagna della raccolta delle firme.
L'ennesima negazione di una istanza che ha anche a che fare con il nostro rapporto con gli altri animali si è tramutata in un dibattito che deve vederci oggi protagonisti degli interrogativi che sono alla base dell'idea di questo Forum.
Liberazione animale: quali strumenti? È infatti il quesito che intendo porre a noi ed a tutto l'arcipelago animalista e non, che ha visto nelle dieci righe della sentenza della Corte Costituzionale un affossamento di quella che credevamo la stoccata decisiva all'assurda, anacronistica e violenta pratica della caccia. Un punto questo su cui - è bene sottolinearlo - siamo maggioranza nel Paese.
Queste righe, comunque, vogliono essere ben lungi dal dare delle risposte ma (solo?) di porre per iscritto alcune questioni.
È ancora giusto (per noi e per gli altri animali) mettersi dietro ad un tavolo in una strada a raccogliere firme per un referendum, una petizione, una proposta di legge? Quanto è ancora importante distribuire un volantino all'angolo di una piazza?
Quanto è ancora importante credere nella Corte Costituzionale, e con essa alla legalità del gioco democratico?
È necessario ancora fare una conferenza in una scuola?
Ed attaccare francobolli per lettere che chiedono il rinnovo della iscrizione ad una associazione?
Perché non puntare sulle azioni, dirette a liberare gli animali dai luoghi di tortura e di morte dove si trovano confinati?
Quanti animali avranno salvato (se fosse possibile il calcolo) le leghe antivivisezioniste in questi anni? E quanti l'Animal Liberation Front?
Quanto, come animalisti, possiamo ancora delegare a chi vota le leggi?
Non faremmo meglio a lavorare solo internamente ai "palazzi"?
O a propagandare il vegetarianesimo come base indispensabile e prima, per ogni azione animalista?
È più importante battersi per una legge contro il randagismo che forse (e chissà quando) sarà respinta o portare da mangiare ai cani abbandonati?
L'idea che i diritti degli animali non umani abbiano dalla loro parte delle ragioni e non solo (solo?) delle emozioni, si sta sempre più diffondendo. Ed una prima nostra valutazione dovrebbe partire proprio dall'analisi "degli strumenti" con cui siamo arrivati fin qui, oggi. È questa la base imprescindibile di partenza per qualsiasi ragionamento.
Ecco tornare gli interrogativi di cui sopra.
Tutti i grandi movimenti, è stato scritto, passano per tre stadi: il ridicolo, la discussione, l'accettazione.
Tom Regan - l'alter ego di Peter Singer nella elaborazione e nella divulgazione dell'"animal liberation" - descrive il movimento americano a cavallo tra il secondo ed il terzo stadio descritto. Probabilmente in Italia siamo invece a malapena nella fase tra il "ridicolo" e la "discussione".
Tuttavia grandi passi in avanti sono stati fatti - abbiamo fatto - da una decina di anni a questa parte.
Ma oggi, credo, ci troviamo come movimento, in generale, in mezzo ad un fosso.
Culturalmente: con da una parte la vecchia zoofilia ("l'amore per gli animali e punto") più lo specista protezionismo-conservazionista ad hoc di questo o quell'animale e dall'altra l'animalismo, l'espansione del cerchio etico, il liberazionismo con l'equa considerazione degli interessi, il valore intrinseco degli esseri viventi.
Organizzativamente: con isole sfilacciate, senza una campagna comune, mezzi consunti, fantasie tarpate, obiettivi senza continuità d'azione da una parte e, dall'altra, un "osare di più", un lavoro a più mani nel campo dell'istruzione, della pubblicizzazione delle iniziative, dell'attività e delle organizzazioni politiche, delle alleanze, delle somiglianze, dell'immaginazione, della perseveranza.
Un fosso che dovremmo riuscire a lasciare al più presto (o in un senso o in un altro) perché, per la parte organizzativa soprattutto, siamo i primi responsabili a doverlo rendere pubblico a tutti.
Penso alla credibilità, infatti, come risorsa indispensabile per vincere una battaglia sia all'esterno che all'interno di noi stessi.
È possibile chiedere l'abolizione della vivisezione e poi usare rossetti, ciprie e dopobarba sperimentati sugli animali? Si può contemporaneamente dire no alla caccia e mangiare l'agnello a Pasqua?
Portare indumenti di pelle e cuoio è conciliabile con la scelta vegetariana?
Forse, molto abbiamo confuso tra tattica e strategia.
Ma il "rischio" è capire che probabilmente non abbiamo mai avuto la seconda e che abbiamo - fino ad oggi - "spacciato" una per l'altra e viceversa.
Dei limiti (limiti?). A differenza di altri movimenti, quello animalista rivendica per nome e per conto di esseri che non lo fanno direttamente. Perché non possono. O non abbiamo noi le "orecchie" adatte per sentire...
Siamo quindi dei mezzi, degli interpreti. Con tutti i limiti che questo comporta. Parliamo noi per loro e ci assumiamo la "rappresentanza politica" degli altri animali.
O così ripercorriamo l'antropocentrismo "da rivendicazione"?
Meglio un'azione diretta o un'azione legislativa?
Mezzi usati e mai usati. Su questi ultimi si addensano l'attesa e la simpatia per dare il via alla liberazione diretta degli animali dai luoghi di tortura. Ma chissà che qualcosa del genere non sia già avvenuto.
Azioni queste - nonviolente - come "spie" di uno status quo che vogliamo cancellare. E già si preannuncia la costituzione di un fondo legale e finanziario di soccorso per gli animali umani che si renderanno responsabili di questi atti.
Per la situazione italiana, non è già "un'azione diretta" andare ad affiggere strisce con una scritta "W il circo ma senza gli animali!" sopra ai manifesti dei circensi?
E "chi ha una pelliccia sulle spalle ha del sangue sulle mani" sui manifesti delle pelliccerie?
Farsi arrestare per aver manifestato senza "permesso" contro una sfilata di pellicce?
E poi, una certa "crisi di militanza" lamentata da alcuni potrebbe essere così risolta?
Ed infine, le azioni dirette di liberazione potrebbero portare a disconoscere totalmente le azioni di informazione e la creazione di un movimento popolare d'opinione?
Tattica e strategia ho scritto.
E un altro segnale non potrebbe essere il pensare se dobbiamo continuare ad attaccare la vivisezione "tutta insieme" o se, come è stato fatto in Inghilterra e Stati Uniti, è oggi vitale attaccarla per "coalizioni": contro la DL50, il Dratze Test, gli esperimenti cosmetologici, le prove belliche?
Il fosso in cui ci troviamo è fatto di sabbie mobili. È solo il movimento (in tutti i sensi) - ma con una strategia (rinnovata?) - a poterne uscire.
Prima di capire di non poterne uscire più.
Che ci si riveda quindi il prossimo anno, anche qui a Firenze, con i risultati della "carta" e delle campagne che il dibattito generale ed i Forum indicheranno.
Perché abbiamo bisogno anche di continue verifiche e confronti, locali e nazionali, fin qui mai collegialmente e dichiaratamente fatte.
Il futuro inizia già da adesso. Buon lavoro.