Rivista Anarchica Online
Punti
interrogativi
di Gianluca Felicetti
Distribuire
volantini? Organizzare
conferenze? Puntare sulle azioni dirette? Propagandare il
vegetarianesimo? Attaccare adesivi contro i circhi? Credere ancora in
chi fa le leggi? Queste, e molte
altre domande, si è posto, nel suo intervento al convegno di
Firenze, Gianluca Felicetti, consigliere nazionale della L.A.V. (Lega
Anti-Vivisezione) e membro del Forum delle liste Verdi "Noi e
gli altri animali".
La vergognosa
bocciatura dei referendum contro la caccia (la seconda in sei anni)
ha rappresentato, tra l'altro, anche l'inizio di una riflessione in
tutti coloro che avevano promosso e partecipato alla campagna della
raccolta delle firme. L'ennesima
negazione di una istanza che ha anche a che fare con il nostro
rapporto con gli altri animali si è tramutata in un dibattito
che deve vederci oggi protagonisti degli interrogativi che sono alla
base dell'idea di questo Forum. Liberazione
animale: quali strumenti? È infatti il quesito che intendo
porre a noi ed a tutto l'arcipelago animalista e non, che ha visto
nelle dieci righe della sentenza della Corte Costituzionale un
affossamento di quella che credevamo la stoccata decisiva
all'assurda, anacronistica e violenta pratica della caccia. Un punto
questo su cui - è bene sottolinearlo - siamo maggioranza nel
Paese. Queste righe,
comunque, vogliono essere ben lungi dal dare delle risposte ma
(solo?) di porre per iscritto alcune questioni. È ancora
giusto (per noi e per gli altri animali) mettersi dietro ad un tavolo
in una strada a raccogliere firme per un referendum, una petizione,
una proposta di legge? Quanto è ancora importante distribuire
un volantino all'angolo di una piazza? Quanto è
ancora importante credere nella Corte Costituzionale, e con essa alla
legalità del gioco democratico? È necessario
ancora fare una conferenza in una scuola? Ed attaccare
francobolli per lettere che chiedono il rinnovo della iscrizione ad
una associazione? Perché non
puntare sulle azioni, dirette a liberare gli animali dai luoghi di
tortura e di morte dove si trovano confinati? Quanti animali
avranno salvato (se fosse possibile il calcolo) le leghe
antivivisezioniste in questi anni? E quanti l'Animal Liberation
Front? Quanto, come
animalisti, possiamo ancora delegare a chi vota le leggi? Non faremmo meglio
a lavorare solo internamente ai "palazzi"? O a propagandare il
vegetarianesimo come base indispensabile e prima, per ogni azione
animalista? È
più importante battersi per una legge contro il randagismo che
forse (e chissà quando) sarà respinta o portare da
mangiare ai cani abbandonati? L'idea che i
diritti degli animali non umani abbiano dalla loro parte delle
ragioni e non solo (solo?) delle emozioni, si sta sempre più
diffondendo. Ed una prima nostra valutazione dovrebbe partire proprio
dall'analisi "degli strumenti" con cui siamo arrivati fin
qui, oggi. È questa la
base imprescindibile di partenza per qualsiasi ragionamento. Ecco tornare gli
interrogativi di cui sopra. Tutti i grandi
movimenti, è stato scritto, passano per tre stadi: il
ridicolo, la discussione, l'accettazione. Tom Regan - l'alter
ego di Peter Singer nella elaborazione e nella divulgazione
dell'"animal liberation" - descrive il movimento americano
a cavallo tra il secondo ed il terzo stadio descritto. Probabilmente
in Italia siamo invece a malapena nella fase tra il "ridicolo"
e la "discussione". Tuttavia grandi
passi in avanti sono stati fatti - abbiamo fatto - da una decina di
anni a questa parte. Ma oggi, credo, ci
troviamo come movimento, in generale, in mezzo ad un fosso. Culturalmente:
con da una parte la vecchia zoofilia ("l'amore per gli animali e
punto") più lo specista protezionismo-conservazionista ad
hoc di questo o quell'animale e dall'altra l'animalismo, l'espansione
del cerchio etico, il liberazionismo con l'equa considerazione degli
interessi, il valore intrinseco degli esseri viventi. Organizzativamente:
con isole sfilacciate, senza una campagna comune, mezzi consunti,
fantasie tarpate, obiettivi senza continuità d'azione da una
parte e, dall'altra, un "osare di più", un lavoro a
più mani nel campo dell'istruzione, della pubblicizzazione
delle iniziative, dell'attività e delle organizzazioni
politiche, delle alleanze, delle somiglianze, dell'immaginazione,
della perseveranza. Un fosso che
dovremmo riuscire a lasciare al più presto (o in un senso o in
un altro) perché, per la parte organizzativa soprattutto,
siamo i primi responsabili a doverlo rendere pubblico a tutti. Penso alla
credibilità, infatti, come risorsa indispensabile per vincere
una battaglia sia all'esterno che all'interno di noi stessi. È possibile
chiedere l'abolizione della vivisezione e poi usare rossetti, ciprie
e dopobarba sperimentati sugli animali? Si può
contemporaneamente dire no alla caccia e mangiare l'agnello a Pasqua? Portare indumenti
di pelle e cuoio è conciliabile con la scelta vegetariana?
Forse, molto abbiamo confuso tra tattica e strategia. Ma il "rischio"
è capire che probabilmente non abbiamo mai avuto la seconda e
che abbiamo - fino ad oggi - "spacciato" una per l'altra e
viceversa. Dei limiti
(limiti?). A differenza di altri movimenti, quello animalista
rivendica per nome e per conto di esseri che non lo fanno
direttamente. Perché non possono. O non abbiamo noi le
"orecchie" adatte per sentire... Siamo quindi dei
mezzi, degli interpreti. Con tutti i limiti che questo comporta.
Parliamo noi per loro e ci assumiamo la "rappresentanza
politica" degli altri animali. O così
ripercorriamo l'antropocentrismo "da rivendicazione"? Meglio un'azione
diretta o un'azione legislativa? Mezzi usati e mai
usati. Su questi ultimi si addensano l'attesa e la simpatia per dare
il via alla liberazione diretta degli animali dai luoghi di tortura.
Ma chissà che qualcosa del genere non sia già avvenuto. Azioni queste -
nonviolente - come "spie" di uno status quo che vogliamo
cancellare. E già si preannuncia la costituzione di un fondo
legale e finanziario di soccorso per gli animali umani che si
renderanno responsabili di questi atti. Per la situazione
italiana, non è già "un'azione diretta"
andare ad affiggere strisce con una scritta "W il circo ma senza
gli animali!" sopra ai manifesti dei circensi? E "chi ha una
pelliccia sulle spalle ha del sangue sulle mani" sui manifesti
delle pelliccerie? Farsi arrestare per
aver manifestato senza "permesso" contro una sfilata di
pellicce? E poi, una certa
"crisi di militanza" lamentata da alcuni potrebbe essere
così risolta? Ed infine, le
azioni dirette di liberazione potrebbero portare a disconoscere
totalmente le azioni di informazione e la creazione di un movimento
popolare d'opinione? Tattica e strategia
ho scritto. E un altro segnale
non potrebbe essere il pensare se dobbiamo continuare ad attaccare la
vivisezione "tutta insieme" o se, come è stato fatto
in Inghilterra e Stati Uniti, è oggi vitale attaccarla per
"coalizioni": contro la DL50, il Dratze Test, gli
esperimenti cosmetologici, le prove belliche? Il fosso in cui ci
troviamo è fatto di sabbie mobili. È solo il movimento
(in tutti i sensi) - ma con una strategia (rinnovata?) - a poterne
uscire. Prima di capire di
non poterne uscire più. Che ci si riveda
quindi il prossimo anno, anche qui a Firenze, con i risultati della
"carta" e delle campagne che il dibattito generale ed i
Forum indicheranno. Perché
abbiamo bisogno anche di continue verifiche e confronti, locali e
nazionali, fin qui mai collegialmente e dichiaratamente fatte. Il futuro inizia
già da adesso. Buon lavoro.
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