Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 145
aprile 1987


Rivista Anarchica Online

Rispettare le idee

Per essere anarchici è obbligatorio essere atei? Si domanda Gianni Ferrara. "Anarchia fa rima con dio?" mi domandavo io ("A" 112, agosto/settembre 1983) rispondendo proprio sulle colonne di questa rubrica ad un intervento polemico della redazione modenese della pubblicazione (nel frattempo cessata) Cristianesimo anarchico.
In sintesi, penso che Gianni Ferrara possa rassicurarsi: si può essere - a mio avviso - anarchici e al contempo appellarsi, in qualche modo, a dio. Tanto più che con questo termine ("dio") si possono intendere cose le più diverse: anche se - temo - tutte un po' fumose. Meglio non imbarcarsi in discussioni di tal genere, come già suggeriva oltre sessant'anni fa Errico Malatesta, ai cui articoli in materia - soprattutto a quelli pubblicati tra il 1924 ed il '26 sulla rivista Pensiero e Volontà (ora ripubblicati nel terzo dei volumi dei suoi scritti editi negli anni '70 a cura del Movimento Anarchico Italiano) - volentieri rimando.
A Ferrara, però, vorrei fare osservare che la stessa dignità che una concezione profondamente laica dell'anarchismo deve concedere all'anarchismo "teista" non può però essere negata all'anarchismo ateo, orgogliosamente estraneo ai fumi teorici del teismo. Non credo assolutamente all'opinione secondo cui la maggioranza necessariamente ha ragione (se no, poveri anarchici...), e non starò qui a citare il fatto che la stragrande maggioranza degli anarchici - non solo in Italia - si richiami proprio a quel filone ateo ed anticlericale dell'anarchismo che tanto impressiona Ferrara.
Preferisco ricordare le ragioni di fondo di questo ateismo, che affonda le sue radici storiche nella cultura positivista dell'800 ma va ben oltre, rifacendosi ad una concezione che - senza sottilizzare - possiamo continuare a definire "materialista".
Né dio né stato c'era scritto in quel manifesto del Circolo anarchico "Ponte della Ghisolfa" di Milano, che tanto ha colpito il lettore. È lo stesso slogan che, spesso con l'aggiunta Né servi né padroni, campeggia da sempre su tante bandiere anarchiche. Ciò, con buona pace degli anarchici teisti, non costituisce alcun attentato alla loro "libertà di coscienza" (come sostiene Ferrara), ma semplicemente l'esposizione - forzatamente sintetica, com'è naturale in uno slogan - della nostra "libertà di coscienza".
A Ferrara mi verrebbe da chiedere: per essere anarchici è obbligatorio non essere atei?
Se dal punto di vista della distinzione tra atei e teisti io mi trovo senza incertezze dalla parte del mio compagno romagnolo Nik, il suo intervento ciononostante - non mi piace. Sarà forse perché mi sono avvicinato all'anarchismo nella natia Milano, ma non ho dato forti pugni sul tavolo (in genere quando ci provo mi faccio un male dell'ostia), non ho bestemmiato (mi hanno insegnato fin da piccolo che è stupido e offensivo: senza senso per chi, non credendo in dio, insulta l'inesistente, e - quel che è peggio - lesivo della sensibilità di chi, a buon diritto, ci crede) e non ho schiaffeggiato mia madre (che peraltro non lo faceva con me. Perché avrei dovuto?).
Nella sua foga polemica, Nik mi pare un po' confuso, soprattutto dove nega tolleranza (ma non "la libertà di pensare diversamente") ai cristiani, o comunque a quelli che "col loro senso religioso continuano ad offendere il Buon Senso raggiunto con stenti e fatiche dall'Homo Sapiens" ecc. ecc.
Il suo argomentare mi pare ispirato da uno spirito di forte intolleranza, che storicamente è sempre stato appannaggio delle chiese, dei crociati, dei prevaricatori.
Bisogna saper distinguere. Una cosa è lo strapotere della chiesa cattolica, il suo continuo tentativo di omogeneizzare a sé la società, di imporre i suoi valori ed i suoi interessi: contro tutto ciò è indispensabile che si riprenda quella battaglia anticlericale che purtroppo - e non a caso - è stata messa in soffitta dai cosiddetti laici, dalle cosiddette sinistre (radicali in testa).
In forme rinnovate, senza certe forzature che hanno fatto il loro tempo, l'anticlericalismo deve tornare ad essere un nostro cavallo di battaglia. Non foss'altro che perché il clericalismo è sempre lì, a infettare la società.
Ma le idee altrui - religiose o meno - vanno innanzitutto rispettate. Proprio in quanto anarchici, dobbiamo essere noi a rivendicare il diritto di ciascuno di esprimerle: e questa rivendicazione deve passare innanzi alla nostra volontà di far trionfare le nostre. O meglio, deve esserne elemento costitutivo.
L'anarchia, come la vedo io - per dirla in due parole - non sarà il "trionfo" dell'ateismo e degli atei, ma la società in cui ciascuno potrà avere e sostenere pubblicamente qualsiasi idea, sapendo che - per quanto astrusa potrà essere giudicata anche da tutti gli altri - sarà comunque rispettato. Criticato, anche combattuto, ma innanzitutto rispettato.
La libertà, mi pare, è più o meno questa.

Paolo Finzi