Rivista Anarchica Online
Ecologia sociale,
non politica
da un opuscolo del Coordinamento Friulano per l'ecologia sociale
Il primo
interesse dell'ecologia sociale non è di tipo politico. La
critica al catastrofismo ecologico e al suo opposto (la convinzione,
cioè, che il capitalismo possa diventare "ecologico")
nell'analisi del "Coordinamento friulano per l'ecologia
sociale".
(...) La
"sensibilità non gerarchica" non nasce nella lotta
contro lo stato, contro il capitale, contro il militarismo o contro
la chiesa. Essa nasce nel rapporto uomo-donna, nel rapporto fra
vecchi e giovani, fra genitori e figli, nella capacità di
sviluppare l'unità fra diversi. Di conseguenza la lotta contro
il "dominio oggettivizzato", sia pure necessaria, non è
sufficiente per garantire lo sviluppo delle caratteristiche più
importanti della libertà. Anzi spesso il continuo richiamo al
"rilancio della lotta", all'azione diretta, alla
sovversione sociale, determina un clima psicologico di pura coazione
e ricatto morale. I risultati di
questo approccio, eticamente orientato, si collocano, oltre che in
maniera esplicita sul piano della LIBERTÀ,
anche su quello della conoscenza. Tutto ciò si può
enunciare nel seguente modo: alla libertà necessita la forma
più evoluta di conoscenza, che è inoltre quella che
realizza la maggiore interdipendenza fra le forme di conoscenza
storicamente sviluppate. Ne consegue che questa tensione, verso lo
sviluppo di una teoria della conoscenza di tipo OLISTICO (globale,
interdisciplinare, interdipendente, non settoriale, non riduzionista,
...) diventa chiaramente anche un "programma di ricerca"
propositivo, dalle caratteristiche amplissime. Ecco quindi che lo
sviluppo dell'ecologia sociale promette molto sotto il profilo sia
della libertà che della conoscenza, ma contemporaneamente
abbisogna di alcune premesse chiare per costituirsi in modo evoluto,
coerente e fecondo. Per tale ragione il doppio scontro fra l'ecologia
sociale e il politicismo da un lato e l'ambientalismo dall'altro, è
assolutamente inevitabile vista la portata delle questioni in campo.
Evitare lo scontro significa lasciare intatte le barriere
epistemologiche che permettono la riproduzione del politicismo e
dell'ambientalismo sorretti anch'essi da residui più o meno
consistenti di sensibilità gerarchica. È
assolutamente fondamentale capire questo punto. Nella pratica ci si
può anche confrontare e trovare accordi ed iniziative comuni
sia con i politicisti che con gli ambientalisti. Ma nello sviluppo
delle relazioni sociali e nelle forme del pensiero, ogni ambiguità,
ogni opportunismo, ogni cedimento sono deleteri. Non c'è
questione di metodo, non c'è questione di stile che tenga. O
meglio, ogni metodo e ogni stile che siano compatibili con le
fondamenta di questo discorso, possono andare bene. Unità
nella diversità appunto!! Calma, passione , pazienza,
irruenza, aggressività, seduzione, logica, sentimento,
intuizione... sono tutte caratteristiche soggettive presenti in vario
modo nelle persone e nessuna combinazione è di per sé
incompatibile con le basi di questo discorso. Nella società
dell'immagine, l'ecologia sociale si occupa prima di tutto della
sostanza e non si pone alcun problema di "marketing".
Natura ed etica
L' azione
autofondante dell'ecologia sociale deve inoltre garantire la
possibilità del continuo inserimento dei nuovi livelli di
realtà e di libertà in cui la nostra vita psichica e
materiale dovesse venire coinvolta. È
il caso di ricordare a questo punto che la totalità di cui si
parla nell'ecologia sociale non deve essere confusa con il
significato generalmente negativo che viene attribuito alla parola
"totalizzante". Infatti si è più volte
affermato che la natura non origina in modo deterministico la forma
dell'etica, ma essa è una sorgente per un'etica. Ciò in
primo luogo significa che l'etica che noi adotteremo non deve essere
in conflitto con le caratteristiche della vita ma anzi deve cercare
di rifletterle dandole la forma più coerente, sia con il
nostro sentimento di libertà sociale che con il senso di
libertà naturale che si ricava dalla conoscenza della natura
stessa. Nella formazione di quest'etica gioca un ruolo fondamentale
la conoscenza e viceversa nella formazione della conoscenza gioca un
ruolo fondamentale l'etica. Ciò non è un circolo
vizioso ma una relazione non lineare e non causale fra etica e
conoscenza. Nondimeno lo sviluppo del tipo di razionalità
libertaria fin qui delineato, richiede una condizione preliminare che
è quella di orientare consapevolmente la propria psiche e il
proprio essere in senso schiettamente non gerarchico. La natura non ci
obbliga a scegliere. Nondimeno essa ci invita a scegliere in un modo
piuttosto che in un altro. Ciò significa che la natura è
"quasi etica". Dobbiamo perciò rinunciare sia
all'idea di un'etica strettamente umanistica che all'idea di un'etica
strettamente naturalistica. Esiste però una ontologia etica di
derivazione ecologica (mutualismo, unità nella diversità,
complementarietà...) in cui si innesta la possibilità
di scelta. Cioè in quanto esseri umani, possiamo formulare un
progetto razionale (etico-epistemologico) sia di tipo gerarchico (in
varie gradazioni) sia di tipo non gerarchico ma va anche osservato
che la razionalità gerarchica sviluppa una azione di tipo
antibiologico mentre quella libertaria si prefigge esplicitamente
il compito di riarmonizzare società e natura (attraverso la
riarmonizzazione della società al suo interno). (. .)
I tecnici siamo
noi?
Solo un po' di
spazio possiamo ora dedicare a quella che si potrebbe definire "la
politica dell'ecologia sociale". Vorremmo far osservare ancora
una volta che il primo interesse dell'ecologia sociale non è
di tipo politico. Anzi essa realizza una "secondarizzazione"
della politica. E questo problema è forse la fonte di molte
divergenze ed equivoci. (…) Se senz'altro
possiamo stare sicuri che non saranno i referendum a fermare il
nucleare nondimeno dobbiamo nutrire molti dubbi sulla reale efficacia
dell'azione diretta, in senso politico generale e ciò non solo
per il suo carattere minoritario. È
chiaro che hanno ragione molti compagni ad individuare nella logica
dei referendum un nemico da combattere duramente in quanto reinnesca
un meccanismo di delega e di attendismo e quindi porta a degli
sbocchi fittizi un potenziale di dissenso che potrebbe trovare
sviluppi in termini di antagonismo. Ma il discorso posto in questi
termini è indubbiamente limitato e dopo Chernobyl (ma per
molti versi anche prima) senza reale senso storico. A creare nuove
condizioni storiche contribuisce oggi anche l'entrata in scena
dell'ipotesi dell'energia di fusione verso la quale non basta una
opposizione di tipo "specifico" ma è necessario che
si abbia molto chiara la "questione energetica" nel suo
complesso e si riesca a spiegarla alla gente. "I TECNICI SIAMO
NOI" titola Umanità Nova. Sembra più realistico
dire che "i tecnici dobbiamo diventare noi". Ci vorrebbero
molte pagine per fare una analisi esauriente di tutte le ambiguità,
i limiti, le contraddizioni dell'"antinuclearismo antagonista".
La conclusione di questa analisi è comunque che non ha molto
senso sviluppare un movimento "antinucleare". Questo era
già abbastanza chiaro "dopo Harrisburg" e ci pare
che "dopo Chernobyl" si riproponga lo stesso tipo di
analisi e di impostazione in voga nella seconda metà degli
anni settanta. Per quanto riguarda
gli ambientalisti, anche se in un certo senso sono più avanti
dei politicisti, proviamo oggi un doppio senso di fastidio nei loro
confronti a fronte del fatto che le recenti fortune elettorali dei
verdi in Germania, sono in fin dei conti da attribuire a delle
catastrofi ecologiche; ma comunque non pensiamo che ci sia molta
differenza fra sbocco riformista e sbocco antagonista, allo stesso
tipo di stato d'animo. Egualmente, abbiamo sempre detto che sono le
motivazioni stesse su cui si fonda il pacifismo che vanno criticate e
non il fatto che queste motivazioni non abbiano assunto una
connotazione antimilitarista. Il catastrofismo
ecologico (anche se l'ipotesi della catastrofe è reale) e il
suo opposto, cioè la convinzione secondo cui il capitalismo
può anche diventare ecologico (anche se il capitalismo e
l'industrialismo stanno realmente tentando qualcosa del genere) sono
entrambe posizioni subalterne e perdenti. Il fatto drammatico è
che nelle situazioni collettive di dibattito, il livello di
comprensione della realtà è incredibilmente inadeguato
per affrontare la situazione di SVOLTA EPOCALE a cui ci troviamo di
fronte. Su questo avremo
occasione di ritornare in futuro, e per ora concludiamo affermando
che siamo convinti della assoluta necessità di elaborare una
strategia politica radicalmente diversa da tutte quelle storicamente
esistite ed esistenti.
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