Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 142
dicembre 1986 - gennaio 1987


Rivista Anarchica Online

L'ecologia di Murray
di Maria Teresa Romiti

Può un libro non certo facile, pieno di riferimenti culturali, a volte anche non immediati, una storia dell'umanità e dell'evoluzione di grande respiro, essere anche un libro entusiasmante, uno di quei libri che si leggono, come si suol dire, tutto d'un fiato?
L'ecologia della libertà di Murray Bookchin, appena ripubblicato, è tutto questo. Se dunque non lo si può considerare una novità editoriale (è uno dei testi più discussi, commentati, utilizzati ultimamente, almeno tra gli anarchici), è un libro che non ha perso smalto e che può essere letto o riletto, riproposto tranquillamente. Uno di quei libri che entrano a far parte del proprio bagaglio culturale.
La sua vastità rende difficile riassumerlo. Bookchin ha tentato, con successo, un'operazione quasi ottocentesca: di mostrare l'interdipendenza tra il dominio nella società e il rapporto, sempre più precario, dell'uomo oggi con l'ambiente e l'intero pianeta attraverso un grande affresco che parte dalla preistoria, forse ancora più indietro dal mito, fino ad oggi. È la storia del dominio insieme alla storia della libertà, il termine opposto e per questo necessariamente sempre presente, che si svolge lungo i secoli, la storia delle ideologie e delle gerarchie, del nostro stesso modo di pensare.
Come tutte le opere enciclopediche e generali, a volte risente di schematizzazioni eccessive. Alcune parti, specialmente quelle più strettamente antropologiche, non sono affrontate in modo rigoroso, ma il quadro generale è molto interessante. La "società organica", mitica società dell'inizio dei tempi, che Bookchin ritrova almeno in parte tra le società tribali, non può essere dimostrata: forse il dominio non è nato come lo immagina Bookchin, ma la parte fondamentale del testo non è qui.
È piuttosto nel riconoscere che non si deve, non si può tornare indietro, che dobbiamo invece riscegliere, oggi, nuovi parametri, nuovi valori. Dobbiamo pensarci finalmente non come "i signori della terra" cui è stato affidato il dominio della natura, ma come una specie animale, magari più strana delle altre, che nell'ambiente è inserita e che non si può contrapporre alla natura.
Bookchin mette però in guardia che un simile approccio è possibile solo se nello stesso tempo sapremo superare il pensiero gerarchico, perché il dominio dell'uomo sulla natura non è che l'immagine speculare del dominio dell'uomo sull'uomo. Non si può alimentare l'uno senza cancellare l'altro. Molto suggestiva è poi l'immagine che ha Bookchin dell'uomo come "processo cognitivo" della natura, "incarnazione naturale verso l'intelletto, la mente e l'autoriflessione", un concetto non molto lontano, tra l'altro, da quello di memoria dell'universo, di ordine intrinseco della fisica più moderna.
Questo libro è anche un monito e una polemica verso un certo ecologismo, che Bookchin chiama ambientalismo, che pensa di poter evitare il disastro ecologico cercando di ridurre al minimo i danni ambientali con puri interventi tecnici senza mettere in discussione né il rapporto uomo/natura, né, tantomeno, la nostra società. L'ecologia non può esistere senza una parallela ecologia sociale e d'altra parte senza ecologia possiamo anche smettere di preoccuparci. Sarà l'inquinamento sempre più diffuso (Reno docet), sarà qualche Chernobyl sparsa, sarà la scarsità di risorse alimentari, o forse il fatale bottone rosso schiacciato a mettere la definitiva parola fine al problema uomo sulla terra.
Il pianeta rimarginerà certo le sue ferite (in quante migliaia di anni?), ma "...noi non ci saremo".