Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 138
giugno 1986


Rivista Anarchica Online

Melbourne
di Marianne Enckell

È stata la prima volta, dopo molto tempo, che gli anarchici si sono rivolti ai passanti in una strada pedonale del centro di Melbourne. Il corteo del 1° maggio è stato più piccolo di quanto mi fossi immaginata - circa 300 persone - ma ricco di colori, marionette giganti, maschere e maquillage.
Come in altri paesi anglosassoni, in Australia la Festa del Lavoro cade in un'altra data e i sindacati fanno la loro sfilata la prima domenica dopo il 1° maggio. In effetti il centenario del 1° maggio e il centenario dell'anarchismo in Australia erano alcuni giorni fa, ma solo alcuni militanti sembrano interessarsene: sono venuti qui soprattutto per incontrarsi, scambiarsi le esperienze, creare nuove idee.
Nel corso di quattro giorni di celebrations, di persone ne sono passate circa un migliaio. I compagni giunti d'oltremare hanno riferito del movimento anarchico in Giappone, Corea, Italia, Belgio, Germania, Inghilterra, Francia. L'attualità e l'avvenire del sindacalismo rivoluzionario sono stati battuti in lungo e in largo, grazie anche alla presenza di due compagni che hanno partecipato alla rivoluzione spagnola. Si è parlato - anche in macedone, spagnolo, italiano - di organizzazione, di arte, di media, di relazioni uomo/donna, delle prospettive del movimento qua e là. Le donne si sono ritrovate tra loro a più riprese. In alcuni seminari c'erano Trenta/quaranta persone, in altri due o tre, altri ancora sono proseguiti nelle sale e per i viali.
I bambini avevano la loro sala ed i loro pennelli, gli amanti della musica e della poesia il loro palcoscenico. Bob James aveva messo su due mostre: una che presentava degli estratti della mostra storica esposta all'incontro anarchico internazionale di Venezia (settembre '84), un'altra sull'anarchismo in Australia. Ciascuno dei suoi 20 pannelli partiva da un determinato momento storico, per giungere fino ai giorni nostri, collegando le preoccupazioni dei pionieri alle questioni attuali oppure evidenziandone la discontinuità. Altri pannelli erano occupati dagli artisti, dai compagni della Nuova Zelanda (ma sì, April, ce ne sono altri!), da questo o quel giornale, dalla presentazione dell'anarchismo in Germania fatta da Horst Stowasser, che se la porta sempre con sé ovunque vada... In una sala adiacente, un festival internazionale di film ha richiamato un folto pubblico.
Le aspettative, rispetto a queste quattro giornate, erano molto differenziate. Un nuovo punto di partenza, un'apertura al mondo, una maggiore efficacia? Ci sono state molte ripetizioni, molte affermazioni e il dialogo non sempre è stato facile. Qui domina il pragmatismo: ci si interessa molto di più a ciò che la gente fa e vive, piuttosto che alle cose che si dicono o si teorizzano, alle esperienze passate o alla riflessione sulle strutture del dominio. O, perlomeno, erano scarsamente rappresentati quelli che appunto si impegnano in questo campo.
Gli organizzatori avevano messo a disposizione uno spazio e delle infrastrutture: il tutto è stato utilizzato bene e questo è fonte di soddisfazione. O ancora, per dirla con le parole di Susie, "il processo è più importante del prodotto": la partecipazione delle celebrations ha rinforzato i compagni di Melbourne ed i loro gruppi, si è poi realizzata senza gravi urti ed ha permesso nuovi contatti, nuove aperture. I "Libertarian Workers" pubblicheranno la documentazione di queste giornate (testi, foto, impressioni dei partecipanti: sempre che gli arrivi il materiale).
Nella lingua degli aborigeni, racconta Lud, sono sufficienti un migliaio di parole. Kurri vuol dire "noi" kurri kurri è il gruppo degli anziani. A seconda del modo e del contesto in cui è usata, la parola bunji può significare "amico", il mio popolo sull'altra sponda del fiume, il mio amante se io sono sola con lui; nella macchia bunji vuol dire "cibo", vuol dire che si possono mangiare le foglie o i frutti degli alberi. È una bella metafora per l'anarchismo e per gli anarchici.
I nostri bunji australiani mettono su collettivi di vita, di lavoro, di lotta. Lavorano in un ambito libertario, nel quale quotidianamente si mette in pratica l'auto-organizzazione, o nel quale si cerca di superare la divisione tra vita e lavoro, tra il privato e il pubblico. Vivono senza soldi, ma alcuni non esitano a utilizzare quelli dei contribuenti, percependo l'indennità di disoccupazione o chiedendo finanziamenti al governo. Organizzano dei posti di lavoro o di non-lavoro (sindacati degli squatters o dei disoccupati), nei quali si discute e lavora anche sui rapporti uomo/donna, bambini/adulti, nei quali inoltre il problema del potere si pone concretamente nella vita quotidiana.
Ci sarà probabilmente materiale per altri articoli, quando i compagni avranno fatto il punto, quando noi saremo rientrati dall'altro capo della terra e quando numerose voci avranno raccontato le loro impressioni.