Rivista Anarchica Online
Melbourne
di Marianne Enckell
È
stata la prima volta, dopo molto tempo, che gli anarchici si sono
rivolti ai passanti in una strada pedonale del centro di Melbourne.
Il corteo del 1° maggio è stato più piccolo di quanto mi fossi
immaginata - circa 300 persone - ma ricco di colori, marionette
giganti, maschere e maquillage. Come in altri paesi
anglosassoni, in Australia la Festa del Lavoro cade in un'altra data
e i sindacati fanno la loro sfilata la prima domenica dopo il 1°
maggio. In effetti il centenario del 1° maggio e il centenario
dell'anarchismo in Australia erano alcuni giorni fa, ma solo alcuni
militanti sembrano interessarsene: sono venuti qui soprattutto per
incontrarsi, scambiarsi le esperienze, creare nuove idee. Nel corso di
quattro giorni di celebrations, di persone ne sono passate
circa un migliaio. I compagni giunti d'oltremare hanno riferito del
movimento anarchico in Giappone, Corea, Italia, Belgio, Germania,
Inghilterra, Francia. L'attualità e l'avvenire del sindacalismo
rivoluzionario sono stati battuti in lungo e in largo, grazie anche
alla presenza di due compagni che hanno partecipato alla rivoluzione
spagnola. Si è parlato - anche in macedone, spagnolo, italiano - di
organizzazione, di arte, di media, di relazioni uomo/donna, delle
prospettive del movimento qua e là. Le donne si sono ritrovate tra
loro a più riprese. In alcuni seminari c'erano Trenta/quaranta
persone, in altri due o tre, altri ancora sono proseguiti nelle sale
e per i viali. I bambini avevano
la loro sala ed i loro pennelli, gli amanti della musica e della
poesia il loro palcoscenico. Bob James aveva messo su due mostre: una
che presentava degli estratti della mostra storica esposta
all'incontro anarchico internazionale di Venezia (settembre '84),
un'altra sull'anarchismo in Australia. Ciascuno dei suoi 20 pannelli
partiva da un determinato momento storico, per giungere fino ai
giorni nostri, collegando le preoccupazioni dei pionieri alle
questioni attuali oppure evidenziandone la discontinuità. Altri
pannelli erano occupati dagli artisti, dai compagni della Nuova
Zelanda (ma sì, April, ce ne sono altri!), da questo o quel
giornale, dalla presentazione dell'anarchismo in Germania fatta da
Horst Stowasser, che se la porta sempre con sé ovunque vada... In
una sala adiacente, un festival internazionale di film ha richiamato
un folto pubblico. Le aspettative,
rispetto a queste quattro giornate, erano molto differenziate. Un
nuovo punto di partenza, un'apertura al mondo, una maggiore
efficacia? Ci sono state molte ripetizioni, molte affermazioni e il
dialogo non sempre è stato facile. Qui domina il pragmatismo: ci si
interessa molto di più a ciò che la gente fa e vive, piuttosto che
alle cose che si dicono o si teorizzano, alle esperienze passate o
alla riflessione sulle strutture del dominio. O, perlomeno, erano
scarsamente rappresentati quelli che appunto si impegnano in questo
campo. Gli organizzatori
avevano messo a disposizione uno spazio e delle infrastrutture: il
tutto è stato utilizzato bene e questo è fonte di soddisfazione. O
ancora, per dirla con le parole di Susie, "il processo è più
importante del prodotto": la partecipazione delle celebrations
ha rinforzato i compagni di Melbourne ed i loro gruppi, si è poi
realizzata senza gravi urti ed ha permesso nuovi contatti, nuove
aperture. I "Libertarian Workers" pubblicheranno la
documentazione di queste giornate (testi, foto, impressioni dei
partecipanti: sempre che gli arrivi il materiale). Nella lingua degli
aborigeni, racconta Lud, sono sufficienti un migliaio di parole.
Kurri vuol dire "noi" kurri kurri è
il gruppo degli anziani. A seconda del modo e del contesto in cui è
usata, la parola bunji può significare "amico", il mio
popolo sull'altra sponda del fiume, il mio amante se io sono sola con
lui; nella macchia bunji vuol dire "cibo", vuol dire che
si possono mangiare le foglie o i frutti degli alberi. È
una bella metafora per l'anarchismo e per gli anarchici. I nostri bunji
australiani mettono su collettivi di vita, di lavoro, di lotta.
Lavorano in un ambito libertario, nel quale quotidianamente si mette
in pratica l'auto-organizzazione, o nel quale si cerca di superare la
divisione tra vita e lavoro, tra il privato e il pubblico. Vivono
senza soldi, ma alcuni non esitano a utilizzare quelli dei
contribuenti, percependo l'indennità di disoccupazione o chiedendo
finanziamenti al governo. Organizzano dei posti di lavoro o di
non-lavoro (sindacati degli squatters o dei disoccupati), nei quali
si discute e lavora anche sui rapporti uomo/donna, bambini/adulti,
nei quali inoltre il problema del potere si pone concretamente nella
vita quotidiana. Ci sarà
probabilmente materiale per altri articoli, quando i compagni avranno
fatto il punto, quando noi saremo rientrati dall'altro capo della
terra e quando numerose voci avranno raccontato le loro impressioni.
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