Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 138
giugno 1986


Rivista Anarchica Online

...e poi manco conviene
di Maria Teresa Romiti

Se si fanno un po' di conti, si vede che - oltre al resto - l'energia nucleare non è nemmeno conveniente dal punto di vista economico.

Quanto costa il chilowattora di una centrale nucleare?
È difficile riuscire a recuperare tutti i dati, sembrano nascosti da una cortina fumogena, ma proviamo a fare qualche conto.
La costruzione di una centrale nucleare di 800/1.000 Megawatt costava circa 2.000 miliardi fino al '77 e oggi ne costa circa 5.000 (Montalto di Castro, però, è già costata quasi 5.000 miliardi e probabilmente alla fine costerà sui 10.000 miliardi). Se si considera la vita media di una centrale nucleare sui 20 anni (dato fin troppo ottimistico considerando, tanto per fare un esempio, che la Dalmine garantisce i propri tubi per centrale solo per 12-14 anni) vuol dire un costo di ammortamento di 250 miliardi annui.
Dobbiamo considerare inoltre che una centrale nucleare si ferma per circa il 40% del tempo per i motivi più svariati, cioè più di 100 giorni all'anno. Una perdita per non-esercizio di 1 miliardo al giorno, come dichiara l'Enel stessa. Senza ovviamente contare il costo delle riparazioni, che è sempre elevato anche per guasti banali, considerando la manodopera specializzata, i materiali particolarmente costosi, i turni richiesti dalla sicurezza per lavorare in ambienti radioattivi.
In Italia ogni anno quasi 1.000 miliardi vengono destinati alla ricerca sulle centrali nucleari di potenza, cioè un costo per la ricerca di più di 100 miliardi/anno per centrale.
Bisogna poi sommare i costi di esercizio. Il combustibile (uranio arricchito e moderato) incide parecchio nei costi di gestione, visto che l'uranio costa 80 dollari il chilo, che il processo di arricchimento incide per più del 30% sul costo finale del combustibile e infine che una centrale ha bisogno di più di 400.000 chili di uranio. Ci sono poi le spese per il personale (tecnici specializzati e quindi più costosi, oltre a controlli, visite mediche periodiche e necessità di avere personale dondante, poiché in alcune zone i turni, per ragioni di sicurezza, non possono superare i pochi minuti), le spese per lo stoccaggio ed il ritrattamento delle scorie radioattive (ancora più costose del trattamento primario del combustibile) e infine il costo di smantellamento di una centrale a fine operatività che è stato calcolato dall'Enel oltre i 100 miliardi.
È giusto poi calcolare nei costi centrali anche il rischio-incidente che dal punto di vista economico incide notevolmente: catena alimentare a rischio da distruggere, evacuazione della popolazione anche per un periodo molto lungo o per sempre, blocco di tutte le attività economiche dell'area contaminata, controllo medico per almeno vent'anni della popolazione a rischio, aumento d'incidenza di malattie e malformazioni.
Facendo un rapido calcolo molto approssimativo, tenendo tutte le stime per difetto e non tenendo conto dei calcoli di attualizzazione, si arriva a poter dire che un Kwh nucleare viene a costare almeno 8285 lire. Visto che dall'ultima bolletta Enel risulta un costo energia elettrica per famiglie di 85 lire per chilowattora, ogni commento diventa inutile.
Sembrano perfino troppo ottimistiche le affermazioni del Prof. Giorgio Cortellessa, dell'Istituto Superiore di Sanità, che considera il nucleare non competitivo quando il petrolio costa meno di 20 dollari il barile.
Quando pensiamo che il sole ci elargisce l'energia di ben 137 milioni di centrali nucleari (anche se non tutta utilizzabile) e che la terra rilascia energia per 34.000 centrali nucleari, non sembra difficile trovare il modo di sostituire le poco più di 300 centrali sparse per il mondo. Dopotutto, visto che è previsto un rendimento teorico dell'energia solare pari al 30% con le cellule fotovoltaiche, visto che, secondo il Prof. Barberi, tra Pisa e Napoli esistono campi geotermici ad alta entalpia che potrebbero produrre energia pari a quella di 100 centrali nucleari, non dovrebbe essere difficile evitare il minacciato black-out.
E senza voler andare nel futuribile o solo nella ricerca, basta considerare che esiste l'energia idroelettrica, in parte inoperosa in Italia, e che, secondo Livio Bottazzi, si potrebbero costruire altre centrali idroelettriche fino a coprire l'energia prodotta da otto centrali nucleari. Con il vantaggio che le centrali idroelettriche sono indisponibili solo per l'11% del tempo e che i rendimenti sono migliori, poiché le centrali idroelettriche sfruttano l'energia gravitazionale che è ad entropia zero.
Mi sembra che i conti non tornino, a meno che l'energia prodotta dalle centrali nucleari sia un prodotto secondario, che il prodotto primario delle centrali nucleari sia plutonio 239 che serve a fare bombe di minor peso (ne bastano 5 chili contro i 20 dell'uranio), che è altamente tossico e radioattivo, ma che ha l'indiscutibile pregio di essere valutato al mercato nero più dell'oro e dell'eroina. Un vero affare.