Rivista Anarchica Online
...e poi manco
conviene
di Maria Teresa Romiti
Se si fanno un
po' di conti, si vede che - oltre al resto - l'energia nucleare non è
nemmeno conveniente dal punto di vista economico.
Quanto costa il
chilowattora di una centrale nucleare? È
difficile riuscire a recuperare tutti i dati, sembrano nascosti da
una cortina fumogena, ma proviamo a fare qualche conto. La costruzione di
una centrale nucleare di 800/1.000 Megawatt costava circa 2.000
miliardi fino al '77 e oggi ne costa circa 5.000 (Montalto di Castro,
però, è già costata quasi 5.000 miliardi e probabilmente alla fine
costerà sui 10.000 miliardi). Se si considera la vita media di una
centrale nucleare sui 20 anni (dato fin troppo ottimistico
considerando, tanto per fare un esempio, che la Dalmine garantisce i
propri tubi per centrale solo per 12-14 anni) vuol dire un costo di
ammortamento di 250 miliardi annui. Dobbiamo
considerare inoltre che una centrale nucleare si ferma per circa il
40% del tempo per i motivi più svariati, cioè più di 100 giorni
all'anno. Una perdita per non-esercizio di 1 miliardo al giorno, come
dichiara l'Enel stessa. Senza ovviamente contare il costo delle
riparazioni, che è sempre elevato anche per guasti banali,
considerando la manodopera specializzata, i materiali particolarmente
costosi, i turni richiesti dalla sicurezza per lavorare in ambienti
radioattivi. In Italia ogni anno
quasi 1.000 miliardi vengono destinati alla ricerca sulle centrali
nucleari di potenza, cioè un costo per la ricerca di più di 100
miliardi/anno per centrale. Bisogna poi sommare
i costi di esercizio. Il combustibile (uranio arricchito e moderato)
incide parecchio nei costi di gestione, visto che l'uranio costa 80
dollari il chilo, che il processo di arricchimento incide per più
del 30% sul costo finale del combustibile e infine che una centrale
ha bisogno di più di 400.000 chili di uranio. Ci sono poi le spese
per il personale (tecnici specializzati e quindi più costosi, oltre
a controlli, visite mediche periodiche e necessità di avere
personale dondante, poiché in alcune zone i turni, per ragioni di
sicurezza, non possono superare i pochi minuti), le spese per lo
stoccaggio ed il ritrattamento delle scorie radioattive (ancora più
costose del trattamento primario del combustibile) e infine il costo
di smantellamento di una centrale a fine operatività che è stato
calcolato dall'Enel oltre i 100 miliardi. È giusto poi
calcolare nei costi centrali anche il rischio-incidente che dal punto
di vista economico incide notevolmente: catena alimentare a rischio
da distruggere, evacuazione della popolazione anche per un periodo
molto lungo o per sempre, blocco di tutte le attività economiche
dell'area contaminata, controllo medico per almeno vent'anni della
popolazione a rischio, aumento d'incidenza di malattie e
malformazioni. Facendo un rapido
calcolo molto approssimativo, tenendo tutte le stime per difetto e
non tenendo conto dei calcoli di attualizzazione, si arriva a poter
dire che un Kwh nucleare viene a costare almeno 8285 lire. Visto che
dall'ultima bolletta Enel risulta un costo energia elettrica per
famiglie di 85 lire per chilowattora, ogni commento diventa inutile. Sembrano perfino
troppo ottimistiche le affermazioni del Prof. Giorgio Cortellessa,
dell'Istituto Superiore di Sanità, che considera il nucleare non
competitivo quando il petrolio costa meno di 20 dollari il barile. Quando pensiamo
che il sole ci elargisce l'energia di ben 137 milioni di centrali
nucleari (anche se non tutta utilizzabile) e che la terra rilascia
energia per 34.000 centrali nucleari, non sembra difficile trovare il
modo di sostituire le poco più di 300 centrali sparse per il mondo.
Dopotutto, visto che è previsto un rendimento teorico dell'energia
solare pari al 30% con le cellule fotovoltaiche, visto che, secondo
il Prof. Barberi, tra Pisa e Napoli esistono campi geotermici ad alta
entalpia che potrebbero produrre energia pari a quella di 100
centrali nucleari, non dovrebbe essere difficile evitare il
minacciato black-out. E senza voler
andare nel futuribile o solo nella ricerca, basta considerare che
esiste l'energia idroelettrica, in parte inoperosa in Italia, e che,
secondo Livio Bottazzi, si potrebbero costruire altre centrali
idroelettriche fino a coprire l'energia prodotta da otto centrali
nucleari. Con il vantaggio che le centrali idroelettriche sono
indisponibili solo per l'11% del tempo e che i rendimenti sono
migliori, poiché le centrali idroelettriche sfruttano l'energia
gravitazionale che è ad entropia zero. Mi sembra che i
conti non tornino, a meno che l'energia prodotta dalle centrali
nucleari sia un prodotto secondario, che il prodotto primario delle
centrali nucleari sia plutonio 239 che serve a fare bombe di minor
peso (ne bastano 5 chili contro i 20 dell'uranio), che è altamente
tossico e radioattivo, ma che ha l'indiscutibile pregio di essere
valutato al mercato nero più dell'oro e dell'eroina. Un vero affare.
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