Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 138
giugno 1986


Rivista Anarchica Online

La maschera gettata
di Nino Siclari

Il nucleare ha mostrato il suo vero volto. Dopo Chernobyl non è più possibile continuare a sostenere che simili incidenti sono altamente improbabili. Lo spiega Nino Siclari, ingegnere nucleare, co-autore di una lettura critica del "rapporto Rasmussen" e collaboratore di un gruppo di ricerca sulla sicurezza nucleare.

La fusione del nocciolo nei reattori nucleari, evento da sempre giudicato "tecnologicamente impossibile" è diventato "improbabile" in seguito ad uno studio sulla sicurezza dei reattori americani del 1975 (il Rapporto Rasmussen). L'incidente di Three Miles Island nel 1979 ha poi dimostrato che questo evento è "probabile". Infine oggi, con il disastro di Chernobyl, è diventato "reale". È con questa realtà che il nucleare deve fare i conti.
Questa volta non si può più far finta di niente: circa 300 milioni di europei sono stati forzatamente sottoposti dall'industria nucleare ad un test radiologico senza precedenti. I mercati interni e quello internazionale del continente sono stati sconvolti da provvedimenti di interdizione dal consumo di verdure e latte allo scopo di tutelare la salute di una innumerevole quantità di cavie umane.
Il nucleare ha gettato la maschera dimostrando al mondo intero che le stime finora fatte sulla probabilità di incidenti catastrofici non solo erano realistiche, ma forse anche ottimistiche.
Il disastro nucleare ha la tremenda caratteristica della massificazione del danno biologico, ciò garantisce in un futuro neanche troppo lontano l'evidenza dei suoi effetti nefasti: tumori, leucemie, danni genetici, malformazioni nei neonati. La stessa Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica (ICRP) conferma la corrispondenza del rischio di danni biologici in proporzione alle dosi di radiazione subite. Non è ancora provato, quindi, che le dosi di bassa entità non causino nel lungo periodo una certa probabilità di effetti sulla salute: ciò comporta in pratica l'inesistenza di una soglia di dose al di sotto della quale non vi siano danni.
L'Agenzia Atomica Internazionale di Vienna (IAEA) riconosce che una popolazione che abbia subito 1 rem incorre nella probabilità che 120-130 persone su un milione contraggano un tumore mortale a causa di quella dose. È quindi chiaro che la radiazione subita in questi giorni avrà degli effetti individuali che si evidenzieranno, come danno subito dalla collettività, nel giro di una ventina d'anni, ma che d'altra parte saranno difficilmente rilevabili da un punto di vista statistico, in quanto l'innalzamento della mortalità da tumori sarà relativamente basso.
La stima della radiazione subita da ogni singolo a causa del passaggio della nube sull'Italia si può quantificare mediamente, anche se il dibattito è ancora in corso, in circa 100 millirem in 10 giorni. Questo comporterà quindi un aumento di tumori e leucemie dell'ordine di qualche centinaio sulla popolazione italiana e di qualche migliaio a parità di dose a livello europeo.
Questo valore di dose, riportato su scala giornaliera, corrisponde a 10 millirem al giorno, un valore cioè 30-40 volte superiore a quello del fondo naturale di radioattività, che è di circa 0,3 millirem al giorno. La Protezione Civile ha continuato invece ad affermare che il paese stava subendo solo una dose doppia rispetto al fondo naturale.

Per un paio di generazioni
A conferma di questo inganno giunge poi la notizia di una fuga di dati, mai pubblicati, sulla presenza in quantità rilevanti di Cesio 137 e 134, isotopi radioattivi con tempi di dimezzamento di anni. Il territorio italiano non resterà quindi contaminato per un mese o due, come sarebbe stato a causa del solo Iodio 131, ma addirittura per un paio di generazioni.
Il governo si è trovato a scegliere tra la salute della gente e la credibilità della scelta nucleare, cosa che, tra l'altro, ha portato ad un evidente contrasto operativo tra la Protezione Civile ed il Ministero della Sanità. Ammettere un diffuso irraggiamento della popolazione voleva dire mettere in aperta discussione il Piano Energetico Nazionale, compresa tutta l'industria nucleare italiana ed i rapporti economici riguardanti l'acquisto dei nuovi reattori di tipo statunitense in programma di costruzione.
In questa guerra informativa abbiamo visto schierati non solo il nostro governo ma l'Europa intera, come ad esempio il governo francese che, tacendo le dosi causate dalla nube radioattiva, tentava di salvare l'esistenza di ben 44 centrali atomiche, oppure il governo sovietico, che nemmeno di fronte ad un'emergenza nazionale ed internazionale, ha dimostrato di aver superato il timore della diffusione dell'informazione.
Il nucleare non porta con sé solo il segreto militare, come tutte le produzioni nate da scopi bellici, ma con i suoi fallimenti ha favorito la consapevolezza di quanto sia inaccettabile il rischio per la propria salute in cambio di un mito consumistico ormai in declino. Infatti la realtà dell'inquinamento ambientale è diventata drammatica per ognuno di noi, e non può più essere giustificata in nome delle esigenze di sviluppo, poiché le proiezioni dei consumi energetici ci segnalano che non solo questi tendono a saturarsi, ma anche a diminuire.

Fonti alternative: una scelta possibile
La filosofia secondo cui la crescita sociale e quella tecnologica vanno di pari passo perde di significato di fronte alle conseguenze catastrofiche di incidenti gravi in reattori nucleari che l'ENEA (ex CNEN) vorrebbe fossero accettati al pari di una fatalità: "L'esperienza suggerisce che la probabilità di tali eventi è sufficientemente remota e che il loro verificarsi possa essere considerato alla stregua di una fatalità. Ed implicito in tale concetto esiste l'altro che, di fronte ad una fatalità, si accettano con rassegnazione conseguenze, anche catastrofiche, che vengono sentite come ineluttabili" (da "Sicurezza delle centrali elettronucleari ad acqua leggera", Felicetti-Galvagni, RT/DISP 1977).
Ma tecnologia non significa solamente produzioni a rischio. Investire risorse per il perfezionamento delle tecniche di sfruttamento delle fonti alternative, è una scelta ancora possibile per l'Italia, tenuto conto che, almeno per quanto riguarda il nucleare civile, il nostro non è ancora un paese nuclearizzato. Le risorse a disposizione non sono poche: il carbone opportunamente applicato, il gas naturale in grandi quantità, l'energia eolica che, secondo uno studio del CNR, può far fronte a 9 volte la domanda attuale di energia elettrica, le risorse idroelettriche che da sole potrebbero coprire l'attuale produzione di energia da fonte nucleare, l'energia solare con le favorevoli condizioni di sfruttamento alle nostre latitudini e infine una seria programmazione del risparmio energetico.
La scelta più urgente però consiste nell'intervenire garantendo che siano tutelate le popolazioni attualmente soggette a rischio nucleare. Questo comporta un adeguamento alle norme sull'emergenza che altri paesi adottano ormai da tempo.
L'inammissibilità dei parametri italiani di intervento in caso di incidente è veramente rilevante. Tanto per cominciare, il massimo incidente ipotizzato non è la fusione del nocciolo. Basta infatti osservare i dati relativi al Piano d'Emergenza della Centrale di Caorso (PC) per rendersi conto che il rilascio di radioattività massimo ipotizzato è di migliaia di volte inferiore a quello di paesi fortemente nuclearizzati.
Questo comporta che anche le distanze dalla centrale, alle quali vengono effettuati l'evacuazione della popolazione, il controllo della catena alimentare e la decontaminazione sono largamente inferiori, cosa che comporta minori costi sociali ed economici di intervento, ma maggiori oneri per la salute della popolazione effettivamente esposta alle radiazioni.
Il dato allarmante consiste poi nella dose che gli abitanti della zona a rischio possono subire prima che si dichiari l'emergenza nucleare: i valori sono di 25-50 volte superiori a quelli degli altri paesi.
Chernobyl, ci ha costretto a riconsiderare quel pericoloso concetto di "affidabilità nucleare" un tempo mitizzato, ha incrinato le convinzioni e le certezze che lo supportavano. Ma fino a che punto?


Confronto dei parametri per l'emergenza nucleare.


CAORSO

USA

FRANCIA

SPAGNA

GIAPPONE

Distanza entro cui si prevede l'evacuazione (km )

2

16

10

10

10

Zona a rischio per la catena alimentare (km)

40

80

non precisata

non precisata

non precisata

Rilasci previsti (curie di iodio 131 equivalente)

1000

100 milioni

molto grave (non precisato)

180 milioni

molto grave (non precisato)

Dosi di riferimento per l'emergenza (rem)

25

1

0,5

0,5

1