Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 138
giugno 1986


Rivista Anarchica Online

La follia del dominio
di Luciano Lanza

L'effetto socialmente più rilevante della nube di Chernobyl è la crisi delle certezze. L'inquinamento radioattivo sembra aver influito, infatti, più sulla mente che sulla tiroide delle persone.
Ironia della storia: il vento dell'est che nella mitologia sinistrese doveva portare la rivoluzione con ben altre forme, ha generato un sintomo del cambiamento radicale. Né le baionette di Lenin, né i carri armati di Stalin hanno scosso l'occidente capitalista, ma iodio, cesio, stronzio e altri elementi prodotti sia dal "comunismo" che dal capitalismo hanno creato condizioni sociali e soprattutto psico-sociali che potrebbero, forse, rimettere in discussione il nostro modello di vita e di sviluppo economico.
Per tutti, manager e casalinghe, studenti e impiegati, contadini e paninari, operai e bottegai, sono aumentate le ragioni per essere ansiosi. Nonostante le difese d'ufficio approntate dai nuclearisti dell'Enel e dell'Enea, la gente ha percepito la precarietà della propria esistenza, la futilità delle rate dell'automobile ancora da pagare, la pericolosità dei fiori sul terrazzo.
Questo nuovo inquinamento è invisibile e insidioso, colpisce tutti e si dimostra più pericoloso verso i soggetti che simbolizzano i "buoni sentimenti": bambini e madri-in-attesa. Niente a che vedere con quelle categorie a rischio come gli avvinazzati del metanolo o gli omosessuali dell'Aids. I radionuclidi non sembrano tenere in nessun conto le convenzioni sociali: colpiscono tutti indiscriminatamente. Per di più produrranno effetti tra molti anni lasciando in un angolo della mente un segno di piccola angoscia da utilizzare con tutto comodo nel futuro.
La nube di Chernobyl ha messo tutti di fronte a un interrogativo tutt'altro che secondario: questa civiltà rischia di autodistruggersi? La domanda, pur non essendo per niente nuova, questa volta ha un alto grado di coinvolgimento per l'evento traumatico da cui prende le mosse. È risaputo infatti che non la raffinatezza teorica, ma la particolare ricettività creata da situazioni anomale rende socialmente intellegibile la "follia" del dominio. Una follia che nel caso in questione dà una risposta delirante a una domanda assurda. Come altrimenti definire la produzione di energia tramite il nucleare per soddisfare livelli di consumo assolutamente sproporzionati rispetto al resto del mondo? E l'Unione Sovietica, va ricordato, ha consumi energetici da paese industrialmente avanzato, anche se il "compagno" Ivan ne utilizza personalmente una quota irrilevante.
In questi giorni, insospettabili scienziati hanno già chiaramente messo in luce la follia dell'escalation energetica e soprattutto la congenita insicurezza delle centrali nucleari che, pur presentando gli svantaggi che tutti possiamo constatare, hanno il grande pregio di essere in sintonia con il modello socio-economico dominante. Ma è proprio questo disastro nucleare (e purtroppo quelli che seguiranno) che crea l'urgenza di ripensare la nostra vita e l'organizzazione sociale che la regola. A sentire Sergio Corbellini, presidente dell'Enel, o il suo collega dell'Enea, Umberto Colombo, la cosa più terribile che potrebbe accaderci è il blackout. Per scongiurare quell'evenienza bisognerebbe correre tutti i rischi derivanti da una Chernobyl all'italiana.
Un salutare dubbio si è invece fatto strada: preferibile consumare meno, ma essere sani e poter vivere, piuttosto che continuare questa folle corsa verso la distruzione.
Questa idea che riscuote sempre più consensi, pur se ancora minoritaria, è un passo importantissimo perché mette in discussione il punto centrale non solo dello sviluppo del mondo "avanzato", ma uno dei cardini dell'immaginario sociale affermatosi con la rivoluzione industriale e l'ideologia del progresso senza limiti. In quest'ottica il disastro di Chernobyl si rivela come un analizzatore del dominio a due diversi livelli: come controllore dell'energia e come controllore dell'informazione ad essa connessa.
Il fatto che venga privilegiata una fonte energetica così pericolosa ha come spiegazione non secondaria la centralizzazione della sua gestione. È da tempi remotissimi che controllo dell'energia significa controllo della società. Già migliaia di anni prima di Cristo la burocrazia cinese controllava quell'immenso impero attraverso il controllo delle irrigazioni e canalizzazioni delle acque. La follia nucleare, dunque, nel raccontarci la follia del dominio, ci racconta anche la sua particolare razionalità, la sua consequenzialità, le sue necessità. Nel senso che la sua follia è parte integrante delle sue necessità che derivano dalla sua razionalità. Lo sfruttamento dell'energia nucleare è quindi un passo obbligato perché rispondente alle necessità di controllo dell'energia (cioè della linfa vitale di questa società), agli attuali livelli di conoscenza scientifica. Il che ci lascia anche supporre che la scelta nucleare non è affatto definitiva e che il suo abbandono non necessariamente comporterà modifiche nell'assetto gerarchico della società. Che è invece sotto sotto, la grande illusione di tanti ecologisti.
Quello su cui gli ecologisti hanno ragioni da vendere è che il nucleare con la sua stessa esistenza spinge verso una società più autoritaria, meno libera. A parte le "necessarie" misure di sicurezza che sempre "necessariamente" fanno aumentare i contingenti di uomini armati per la protezione dei reattori, c'è un intervento ancora più marcato dello Stato sugli organi di informazione. Proprio la cronaca dei giorni scorsi ci dà la misura di quanto sia difficile per il cittadino comune sapere cosa effettivamente succede. E nel modo in cui lo Stato interviene sull'informazione è possibile coglierne gli aspetti più veri, essenziali.
Se lo Stato sovietico ha riconfermato il suo carattere totalitario non da meno si è rivelato quello francese che per giorni e giorni ha letteralmente occultato la realtà, con l'aiuto dei maggiori organi di informazione. Gli stessi che dopo la connivenza hanno mostrato di scandalizzarsi. Di ben altra pasta lo Stato italiano che invece presenta caratteristiche più sfumate e contraddittorie. Non si sente abbastanza forte per tacere o mentire in modo totale. Quindi qualcosa dice, ma non vuole dire tutta la verità per cui imbastisce delle mezze-bugie, manipola grossolanamente i dati, presenta ministri che si contraddicono. Insomma si muove nella migliore tradizione maneggiona, furbastra, levantina e al tempo stesso cattolica, pur stando ben attento a preservare la sua immagine di stato democratico.
Ma queste differenze tra Stato e Stato sono quasi un elemento marginale rispetto a un altro aspetto rilevante: se collocare bombe in mezzo alla popolazione inerme è da tutti giustamente considerato atto terroristico, che cosa sono le bombe come Chernobyl disseminate per il mondo?