Rivista Anarchica Online
La follia del dominio
di Luciano Lanza
L'effetto
socialmente più rilevante della nube di Chernobyl è la crisi delle
certezze. L'inquinamento radioattivo sembra aver influito, infatti,
più sulla mente che sulla tiroide delle persone. Ironia della
storia: il vento dell'est che nella mitologia sinistrese doveva
portare la rivoluzione con ben altre forme, ha generato un sintomo
del cambiamento radicale. Né le baionette di Lenin, né i carri
armati di Stalin hanno scosso l'occidente capitalista, ma iodio,
cesio, stronzio e altri elementi prodotti sia dal "comunismo"
che dal capitalismo hanno creato condizioni sociali e soprattutto
psico-sociali che potrebbero, forse, rimettere in discussione il
nostro modello di vita e di sviluppo economico. Per tutti, manager
e casalinghe, studenti e impiegati, contadini e paninari, operai e
bottegai, sono aumentate le ragioni per essere ansiosi. Nonostante le
difese d'ufficio approntate dai nuclearisti dell'Enel e dell'Enea, la
gente ha percepito la precarietà della propria esistenza, la
futilità delle rate dell'automobile ancora da pagare, la
pericolosità dei fiori sul terrazzo. Questo nuovo
inquinamento è invisibile e insidioso, colpisce tutti e si dimostra
più pericoloso verso i soggetti che simbolizzano i "buoni
sentimenti": bambini e madri-in-attesa. Niente a che vedere con
quelle categorie a rischio come gli avvinazzati del metanolo o gli
omosessuali dell'Aids. I radionuclidi non sembrano tenere in nessun
conto le convenzioni sociali: colpiscono tutti indiscriminatamente.
Per di più produrranno effetti tra molti anni lasciando in un angolo
della mente un segno di piccola angoscia da utilizzare con tutto
comodo nel futuro. La nube di
Chernobyl ha messo tutti di fronte a un interrogativo tutt'altro che
secondario: questa civiltà rischia di autodistruggersi? La domanda,
pur non essendo per niente nuova, questa volta ha un alto grado di
coinvolgimento per l'evento traumatico da cui prende le mosse. È
risaputo infatti che non la raffinatezza teorica, ma la particolare
ricettività creata da situazioni anomale rende socialmente
intellegibile la "follia" del dominio. Una follia che nel
caso in questione dà una risposta delirante a una domanda assurda.
Come altrimenti definire la produzione di energia tramite il nucleare
per soddisfare livelli di consumo assolutamente sproporzionati
rispetto al resto del mondo? E l'Unione Sovietica, va ricordato, ha
consumi energetici da paese industrialmente avanzato, anche se il
"compagno" Ivan ne utilizza personalmente una quota
irrilevante. In questi giorni,
insospettabili scienziati hanno già chiaramente messo in luce la
follia dell'escalation energetica e soprattutto la congenita
insicurezza delle centrali nucleari che, pur presentando gli
svantaggi che tutti possiamo constatare, hanno il grande pregio di
essere in sintonia con il modello socio-economico dominante. Ma è
proprio questo disastro nucleare (e purtroppo quelli che seguiranno)
che crea l'urgenza di ripensare la nostra vita e l'organizzazione
sociale che la regola. A sentire Sergio Corbellini, presidente
dell'Enel, o il suo collega dell'Enea, Umberto Colombo, la cosa più
terribile che potrebbe accaderci è il blackout. Per
scongiurare quell'evenienza bisognerebbe correre tutti i rischi
derivanti da una Chernobyl all'italiana. Un salutare dubbio
si è invece fatto strada: preferibile consumare meno, ma essere sani
e poter vivere, piuttosto che continuare questa folle corsa verso la
distruzione. Questa idea che
riscuote sempre più consensi, pur se ancora minoritaria, è un passo
importantissimo perché mette in discussione il punto centrale non
solo dello sviluppo del mondo "avanzato", ma uno dei
cardini dell'immaginario sociale affermatosi con la rivoluzione
industriale e l'ideologia del progresso senza limiti. In quest'ottica
il disastro di Chernobyl si rivela come un analizzatore del dominio a
due diversi livelli: come controllore dell'energia e come controllore
dell'informazione ad essa connessa. Il fatto che venga
privilegiata una fonte energetica così pericolosa ha come
spiegazione non secondaria la centralizzazione della sua gestione. È
da tempi remotissimi che controllo dell'energia significa controllo
della società. Già migliaia di anni prima di Cristo la burocrazia
cinese controllava quell'immenso impero attraverso il controllo delle
irrigazioni e canalizzazioni delle acque. La follia nucleare, dunque,
nel raccontarci la follia del dominio, ci racconta anche la sua
particolare razionalità, la sua consequenzialità, le sue necessità.
Nel senso che la sua follia è parte integrante delle sue necessità
che derivano dalla sua razionalità. Lo sfruttamento dell'energia
nucleare è quindi un passo obbligato perché rispondente alle
necessità di controllo dell'energia (cioè della linfa vitale di
questa società), agli attuali livelli di conoscenza scientifica. Il
che ci lascia anche supporre che la scelta nucleare non è affatto
definitiva e che il suo abbandono non necessariamente comporterà
modifiche nell'assetto gerarchico della società. Che è invece sotto
sotto, la grande illusione di tanti ecologisti. Quello su cui gli
ecologisti hanno ragioni da vendere è che il nucleare con la sua
stessa esistenza spinge verso una società più autoritaria, meno
libera. A parte le "necessarie" misure di sicurezza che
sempre "necessariamente" fanno aumentare i contingenti di
uomini armati per la protezione dei reattori, c'è un intervento
ancora più marcato dello Stato sugli organi di informazione. Proprio
la cronaca dei giorni scorsi ci dà la misura di quanto sia difficile
per il cittadino comune sapere cosa effettivamente succede. E nel
modo in cui lo Stato interviene sull'informazione è possibile
coglierne gli aspetti più veri, essenziali. Se lo Stato
sovietico ha riconfermato il suo carattere totalitario non da meno si
è rivelato quello francese che per giorni e giorni ha letteralmente
occultato la realtà, con l'aiuto dei maggiori organi di
informazione. Gli stessi che dopo la connivenza hanno mostrato di
scandalizzarsi. Di ben altra pasta lo Stato italiano che invece
presenta caratteristiche più sfumate e contraddittorie. Non si sente
abbastanza forte per tacere o mentire in modo totale. Quindi qualcosa
dice, ma non vuole dire tutta la verità per cui imbastisce delle
mezze-bugie, manipola grossolanamente i dati, presenta ministri che
si contraddicono. Insomma si muove nella migliore tradizione
maneggiona, furbastra, levantina e al tempo stesso cattolica, pur
stando ben attento a preservare la sua immagine di stato democratico. Ma queste
differenze tra Stato e Stato sono quasi un elemento marginale
rispetto a un altro aspetto rilevante: se collocare bombe in mezzo
alla popolazione inerme è da tutti giustamente considerato atto
terroristico, che cosa sono le bombe come Chernobyl disseminate per
il mondo?
|