Rivista Anarchica Online
Riscoprire il
significato dell'alimentazione
"Zeus, poi che
ebbe impastato l'uomo e la donna, comandò ad Ermes di portarli sulla
Terra, e spiegar loro che dovevano procurarsi da mangiare zappando.
Ma, eseguito l'ordine, dapprima la Terra fece difficoltà. E quando
Ermes le impose ubbidienza, avvertendo che l'ordine era di Zeus: "Va
bene, scavino pure quanto vogliono - minacciò - ma con lacrime e
sangue me la dovranno pagare". Questa bellissima
favola di Esopo ci dice, fra le altre cose, che anche la terra, al
pari di noi uomini, ha i suoi sentimenti: gode, soffre, ride, urla,
protesta anche, se non viene rispettata. I "verdi", i naturisti,
pretendono farsene i paladini ufficiali. Salviamo l'ambiente!
D'accordo, ma come (e da chi?). Tutti gli
ecologisti hanno la loro risposta belle e pronta, e tra questi i
vegetariani. Niente cibo animale, solo frutta e verdura (purché
veramente biologica): ripulisce da tossine e aggressività, ed è
quindi garanzia di "vera pace". E qui giunge, feroce, un primo
sospetto: non è forse stupido e superficiale pensare ad un
"vegetarianesimo" (e, cosa ancora più idiota, intenderlo solo
come non-consumo di carne) contrapposto ad un "cannibalismo", e
ritenere che il primo sia giusto e morale? Non è forse manicheo e
completamente fasullo dire che i buoni siamo noi, mangiatori di erba,
ed i cattivi sono loro, mangiatori di carne?. Il mio moderato
parere è che il vegetarianesimo sia, al pari del cannibalismo,
giustificatissimo su qualsiasi piano (etico, politico, sociale,
medico, psicologico, ecc.) ma rimanga, fondamentalmente, una "scelta"
violenta ed assassina, esattamente come quella dei mangiatori di
carne. Infatti, perché dovremmo inorridire di fronte allo
spettacolo cruento dei morti disseminati nelle varie guerre e
guerriglie, oppure dei morti, tanto più innocenti, ammazzati nei
macelli al fine di mangiarli, e rimanere del tutto impassibili di
fronte alla mietitura di un campo di grano? Perché dovremmo
sdegnarci davanti a quei campi di concentramento che sono gli
allevamenti e guardare con tenerezza, con gioia persino, un
orticello, campo di concentramento dove i vegetali vengono coltivati
per essere mangiati? Perché un vegetale dovrebbe avere meno
sensibilità, meno desiderio e gioia di un animale? O esistono forse
esseri che sono meno viventi di altri? Penso che nessun
"ecologista" serio e nessuna persona di buon senso possa
affermare questo. Dunque, persino noi vegetariani siamo assassini e
violenti, anche contro la nostra volontà. Avendo fatto del
vegetarianesimo non una novella fede ma uno stile di vita, sono
d'accordo che non si debba mangiare carne (poi ognuno faccia quello
che vuole), ma non mi sento narcisisticamente gratificata da questa
mia presunta bontà, né tento di giustificare il mio sado-masochismo
dietro false coperture ideologiche. E qui arriva,
puntuale, il secondo sospetto: come mai il drappello di convinti
vegetariani si è così ampliato in questi ultimi tempi? Certo un po'
per moda e un po' per sincera e profonda convinzione, ma non è
questo il punto. Il mio sospetto è che in questa nuova ondata di
erbivori che stanno invadendo il mercato, vi siano moltissimi
cannibali in mala fede, divoratori di carne frustrati, sorta di
"pentiti" ecologi. Non ho intenzione di fare un processo alle
intenzioni, più o meno coscienti, dei singoli. Ciò che mi interessa
è vedere che cosa significa la tendenza all'accettazione sociale e
persino alla legittimazione e all'istituzionalizzazione del naturismo
tout-court nelle società post-moderne o post-industriali. E nemmeno
voglio prendere qui in esame l'aspetto economico (consumare la moda
vegetariana è un ottimo affare per il capitale) e neppure quello
ideologico (sotto l'apparente neutralità ideologica di un discorso
complessivamente "verde" si muovono e passano ideologie le più
diverse, molte delle quali nemmeno troppo libertarie). Da un punto di
vista psicologico-sociale (ma non per questo meno politico)
l'affermarsi sempre più massiccio di un bisogno di verde esprime
(oltre ad un "naturale" bisogno) anche un grande senso di colpa
rispetto all'offesa che si è fatta all'ecosistema (e quindi se
stessi) e il conseguente desiderio di espiazione, di purificazione,
di catarsi. Così come l'ecologismo, nascendo dalla cattiva
coscienza di una "civiltà" industriale, ne rappresenta l'altra
faccia, quella "buona", piena di oneste intenzioni, che serve a
coprire al momento giusto l'espropriazione, la violenza, l'assassinio
quotidiani, così come il vegetarianesimo, che nasce dalla stesa
cattiva coscienza, serve a sviare o addirittura a rimuovere la
propria aggressività (almeno nel campo alimentare). Il problema,
secondo me, va oltre la sterile controversia tra vegetariani e
cannibali, situandosi nel mangiare in sé, come attività in tutti i
suoi aspetti, nella ricerca di un nuovo rapporto con il cibo, di un
"nuovo" significato del cibarsi. Mangiare non è una scelta ma
una necessità biologica: si può scegliere cosa mangiare e cosa no,
ma bisogna mangiare prima o poi. Persino i digiuni (che personalmente
considero esperienze eccellenti sotto ogni punto di vista) non
debbono e non possono durare più di tanto. Mangiare soddisfa anche
motivazioni sociali e culturali, non solo per gli aspetti di
affettività (ad esempio, la suzione del seno materno) e di
convivialità (ad esempio, il rito del pranzo) ad esso connessi, ma
anche perché lega tra loro gli esseri in quella che è l'attività
precedente il mangiare, la ricerca del cibo, e nell'organizzazione
sociale che segue al fine di rendere sicura una certa riserva di cibo
per tutti (o quasi). Mangiare, però, e
di questo ci dimentichiamo spesso, è anche piacere, godimento, ossia
fusione erotica fra organismi viventi che si scambiano energia. Tra
corpo che si ciba e cibo che viene incorporato vi è continua fusione
di energia piacevole e dolorosa ad un tempo. Quindi il cibo non è,
sic et simpliciter, un combustibile, così come il corpo non è una
macchina: bensì il cibo diventa parte del nostro corpo così come il
nostro corpo diventa parte del cibo. Dice Simonide:
"Senza godimento nemmeno l'esistenza di un dio ha più senso".
Sta proprio qui il delitto, la colpa, e non il cibarci di animali
anziché di vegetali (e non per motivi pseudo-morali, ma in base alla
semplice considerazione che mangiando i vegetali sacrifichiamo
l'individuo alla specie, ossia per dirlo in modo meno ambiguo e
"nazista", non distruggiamo la sua possibilità di riprodursi e di
continuare ad esistere altrove come specie, mentre mangiando, per di
più in modo eccessivo, gli animali, noi finiamo per distruggerli
addirittura come specie). Comunque ribadisco
che il vero delitto sta nell'aver perso il significato soprattutto
erotico, dell'alimentazione. È
fondamentale godere in qualsiasi attività, anche in quella
alimentare, e godere del cibo significa essenzialmente assumere in sé
la vita, non la morte. Sfido chiunque a mangiare vivo un animale
qualsiasi, se ci riesce e se la sente. Sempre il mangiar un animale è
preceduto da un assassinio, molto spesso nemmeno giustificato dalla
fame, che trasforma l'animale in questione in mera cosa da presentare
su un piatto, magari accompagnata da altre "cose", questa volta
vegetali, che fanno da ornamento (perché le piante, sia in vita sia
in morte, sono considerate ornamento). Né si pensi che quando si
mangiano i vegetali si incorporano esseri vivi: anzi è più facile,
molto spesso e per molte persone, mangiare "vegetariano" fa meno
senso degli animali seppure opportunamente trasformati in bistecche,
spezzatini, ecc. o mascherati da salse e aromi vari che ne caccino la
puzza di cadavere. Preferire
il morto al vivo, in tutti i campi, preferire le cose agli esseri
vitali, è sempre una scelta sado-masochista e perciò di potere.
Ricordo con quale stupore, molti anni
fa, alcuni miei amici lessero una mia poesia d'amore per una pesca,
in cui la ringraziavo e le ero grata di essere esistita per avermi
deliziato in una giornata estiva particolarmente afosa. Con questo
non voglio affatto dire che credo che
lo scopo e il senso dell'esistenza dei vegetali sia quello di farsi
mangiare dai vegetariani, ma dico che il loro assassinio può essere
riscattato soltanto dalla fusione, dal piacere del godimento amoroso
e dalla coscienza profonda, gioiosa, piacevolmente sensuale che non è
invano perché tutto ritorna nel flusso circolare della vita. Anche i
vegetariani vivranno la stessa sorte, ospiti di quelle piante che
loro aveano ospitato.
Tiziana
Di Nicola (Roma)
Un
P.S. che non c'entra niente con quanto sopra. Dopo alcuni anni di
auto-isolamento dal movimento e dalla "cose anarchiche" (dovuto
non a "crisi della militanza" e neppure a "tradimento
ideologico") ho acquistato la rivista e l'ho trovata, ovviamente,
cambiata, segnata quasi, da questi anni passati. Ho provato una
strana impressione: un po' come ritornare in una città, dopo una
lunga assenza, dove tutto sembra cambiato anche se poi
sostanzialmente tutto è rimasto lo stesso, ma il viaggiatore torna
con la dolcezza ingannevole della memoria a ciò che ha lasciato,
anche se ciò che si è lasciato non piaceva. Ci vuole un po' di
tempo per ri-ambientarsi, non voglio aprire discussioni e polemiche
sicuramente già fatte, ma i "cambiamenti" della rivista mi hanno
colpito anche se non ho ancora capito se in modo del tutto negativo.
Se ne varrà la pena, riscriverò, quando avrò chiarito le mie
sensazioni, e soprattutto quando avrò letto più numeri, per
renderle note a tutte/i le/i compagne/i. Avrei
voluto contribuire in modo più sostanzioso (i soldi, i soldi) ma,
essendo disoccupata, io stessa vivo grazie alla generosità e al
sostentamento, non particolarmente militante, dei miei.
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