Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 130
estate 1985


Rivista Anarchica Online

Riscoprire il significato dell'alimentazione

"Zeus, poi che ebbe impastato l'uomo e la donna, comandò ad Ermes di portarli sulla Terra, e spiegar loro che dovevano procurarsi da mangiare zappando. Ma, eseguito l'ordine, dapprima la Terra fece difficoltà. E quando Ermes le impose ubbidienza, avvertendo che l'ordine era di Zeus: "Va bene, scavino pure quanto vogliono - minacciò - ma con lacrime e sangue me la dovranno pagare".
Questa bellissima favola di Esopo ci dice, fra le altre cose, che anche la terra, al pari di noi uomini, ha i suoi sentimenti: gode, soffre, ride, urla, protesta anche, se non viene rispettata. I "verdi", i naturisti, pretendono farsene i paladini ufficiali. Salviamo l'ambiente! D'accordo, ma come (e da chi?).
Tutti gli ecologisti hanno la loro risposta belle e pronta, e tra questi i vegetariani. Niente cibo animale, solo frutta e verdura (purché veramente biologica): ripulisce da tossine e aggressività, ed è quindi garanzia di "vera pace". E qui giunge, feroce, un primo sospetto: non è forse stupido e superficiale pensare ad un "vegetarianesimo" (e, cosa ancora più idiota, intenderlo solo come non-consumo di carne) contrapposto ad un "cannibalismo", e ritenere che il primo sia giusto e morale? Non è forse manicheo e completamente fasullo dire che i buoni siamo noi, mangiatori di erba, ed i cattivi sono loro, mangiatori di carne?.
Il mio moderato parere è che il vegetarianesimo sia, al pari del cannibalismo, giustificatissimo su qualsiasi piano (etico, politico, sociale, medico, psicologico, ecc.) ma rimanga, fondamentalmente, una "scelta" violenta ed assassina, esattamente come quella dei mangiatori di carne. Infatti, perché dovremmo inorridire di fronte allo spettacolo cruento dei morti disseminati nelle varie guerre e guerriglie, oppure dei morti, tanto più innocenti, ammazzati nei macelli al fine di mangiarli, e rimanere del tutto impassibili di fronte alla mietitura di un campo di grano? Perché dovremmo sdegnarci davanti a quei campi di concentramento che sono gli allevamenti e guardare con tenerezza, con gioia persino, un orticello, campo di concentramento dove i vegetali vengono coltivati per essere mangiati? Perché un vegetale dovrebbe avere meno sensibilità, meno desiderio e gioia di un animale? O esistono forse esseri che sono meno viventi di altri?
Penso che nessun "ecologista" serio e nessuna persona di buon senso possa affermare questo. Dunque, persino noi vegetariani siamo assassini e violenti, anche contro la nostra volontà. Avendo fatto del vegetarianesimo non una novella fede ma uno stile di vita, sono d'accordo che non si debba mangiare carne (poi ognuno faccia quello che vuole), ma non mi sento narcisisticamente gratificata da questa mia presunta bontà, né tento di giustificare il mio sado-masochismo dietro false coperture ideologiche.
E qui arriva, puntuale, il secondo sospetto: come mai il drappello di convinti vegetariani si è così ampliato in questi ultimi tempi? Certo un po' per moda e un po' per sincera e profonda convinzione, ma non è questo il punto. Il mio sospetto è che in questa nuova ondata di erbivori che stanno invadendo il mercato, vi siano moltissimi cannibali in mala fede, divoratori di carne frustrati, sorta di "pentiti" ecologi. Non ho intenzione di fare un processo alle intenzioni, più o meno coscienti, dei singoli. Ciò che mi interessa è vedere che cosa significa la tendenza all'accettazione sociale e persino alla legittimazione e all'istituzionalizzazione del naturismo tout-court nelle società post-moderne o post-industriali. E nemmeno voglio prendere qui in esame l'aspetto economico (consumare la moda vegetariana è un ottimo affare per il capitale) e neppure quello ideologico (sotto l'apparente neutralità ideologica di un discorso complessivamente "verde" si muovono e passano ideologie le più diverse, molte delle quali nemmeno troppo libertarie).
Da un punto di vista psicologico-sociale (ma non per questo meno politico) l'affermarsi sempre più massiccio di un bisogno di verde esprime (oltre ad un "naturale" bisogno) anche un grande senso di colpa rispetto all'offesa che si è fatta all'ecosistema (e quindi se stessi) e il conseguente desiderio di espiazione, di purificazione, di catarsi. Così come l'ecologismo, nascendo dalla cattiva coscienza di una "civiltà" industriale, ne rappresenta l'altra faccia, quella "buona", piena di oneste intenzioni, che serve a coprire al momento giusto l'espropriazione, la violenza, l'assassinio quotidiani, così come il vegetarianesimo, che nasce dalla stesa cattiva coscienza, serve a sviare o addirittura a rimuovere la propria aggressività (almeno nel campo alimentare).
Il problema, secondo me, va oltre la sterile controversia tra vegetariani e cannibali, situandosi nel mangiare in sé, come attività in tutti i suoi aspetti, nella ricerca di un nuovo rapporto con il cibo, di un "nuovo" significato del cibarsi. Mangiare non è una scelta ma una necessità biologica: si può scegliere cosa mangiare e cosa no, ma bisogna mangiare prima o poi. Persino i digiuni (che personalmente considero esperienze eccellenti sotto ogni punto di vista) non debbono e non possono durare più di tanto. Mangiare soddisfa anche motivazioni sociali e culturali, non solo per gli aspetti di affettività (ad esempio, la suzione del seno materno) e di convivialità (ad esempio, il rito del pranzo) ad esso connessi, ma anche perché lega tra loro gli esseri in quella che è l'attività precedente il mangiare, la ricerca del cibo, e nell'organizzazione sociale che segue al fine di rendere sicura una certa riserva di cibo per tutti (o quasi).
Mangiare, però, e di questo ci dimentichiamo spesso, è anche piacere, godimento, ossia fusione erotica fra organismi viventi che si scambiano energia. Tra corpo che si ciba e cibo che viene incorporato vi è continua fusione di energia piacevole e dolorosa ad un tempo. Quindi il cibo non è, sic et simpliciter, un combustibile, così come il corpo non è una macchina: bensì il cibo diventa parte del nostro corpo così come il nostro corpo diventa parte del cibo.
Dice Simonide: "Senza godimento nemmeno l'esistenza di un dio ha più senso". Sta proprio qui il delitto, la colpa, e non il cibarci di animali anziché di vegetali (e non per motivi pseudo-morali, ma in base alla semplice considerazione che mangiando i vegetali sacrifichiamo l'individuo alla specie, ossia per dirlo in modo meno ambiguo e "nazista", non distruggiamo la sua possibilità di riprodursi e di continuare ad esistere altrove come specie, mentre mangiando, per di più in modo eccessivo, gli animali, noi finiamo per distruggerli addirittura come specie).
Comunque ribadisco che il vero delitto sta nell'aver perso il significato soprattutto erotico, dell'alimentazione. È fondamentale godere in qualsiasi attività, anche in quella alimentare, e godere del cibo significa essenzialmente assumere in sé la vita, non la morte. Sfido chiunque a mangiare vivo un animale qualsiasi, se ci riesce e se la sente. Sempre il mangiar un animale è preceduto da un assassinio, molto spesso nemmeno giustificato dalla fame, che trasforma l'animale in questione in mera cosa da presentare su un piatto, magari accompagnata da altre "cose", questa volta vegetali, che fanno da ornamento (perché le piante, sia in vita sia in morte, sono considerate ornamento). Né si pensi che quando si mangiano i vegetali si incorporano esseri vivi: anzi è più facile, molto spesso e per molte persone, mangiare "vegetariano" fa meno senso degli animali seppure opportunamente trasformati in bistecche, spezzatini, ecc. o mascherati da salse e aromi vari che ne caccino la puzza di cadavere.
Preferire il morto al vivo, in tutti i campi, preferire le cose agli esseri vitali, è sempre una scelta sado-masochista e perciò di potere. Ricordo con quale stupore, molti anni fa, alcuni miei amici lessero una mia poesia d'amore per una pesca, in cui la ringraziavo e le ero grata di essere esistita per avermi deliziato in una giornata estiva particolarmente afosa. Con questo non voglio affatto dire che credo che lo scopo e il senso dell'esistenza dei vegetali sia quello di farsi mangiare dai vegetariani, ma dico che il loro assassinio può essere riscattato soltanto dalla fusione, dal piacere del godimento amoroso e dalla coscienza profonda, gioiosa, piacevolmente sensuale che non è invano perché tutto ritorna nel flusso circolare della vita. Anche i vegetariani vivranno la stessa sorte, ospiti di quelle piante che loro aveano ospitato.

Tiziana Di Nicola (Roma)

Un P.S. che non c'entra niente con quanto sopra. Dopo alcuni anni di auto-isolamento dal movimento e dalla "cose anarchiche" (dovuto non a "crisi della militanza" e neppure a "tradimento ideologico") ho acquistato la rivista e l'ho trovata, ovviamente, cambiata, segnata quasi, da questi anni passati. Ho provato una strana impressione: un po' come ritornare in una città, dopo una lunga assenza, dove tutto sembra cambiato anche se poi sostanzialmente tutto è rimasto lo stesso, ma il viaggiatore torna con la dolcezza ingannevole della memoria a ciò che ha lasciato, anche se ciò che si è lasciato non piaceva. Ci vuole un po' di tempo per ri-ambientarsi, non voglio aprire discussioni e polemiche sicuramente già fatte, ma i "cambiamenti" della rivista mi hanno colpito anche se non ho ancora capito se in modo del tutto negativo. Se ne varrà la pena, riscriverò, quando avrò chiarito le mie sensazioni, e soprattutto quando avrò letto più numeri, per renderle note a tutte/i le/i compagne/i.
Avrei voluto contribuire in modo più sostanzioso (i soldi, i soldi) ma, essendo disoccupata, io stessa vivo grazie alla generosità e al sostentamento, non particolarmente militante, dei miei.