Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 130
estate 1985


Rivista Anarchica Online

A proposito di servizio civile, obiezione totale, ecc.

Cari compagni di "A",
scrivo a proposito dell'antimilitarismo nonostante i miei 16 anni. Ho avuto modo di prendere spunto per le mie poche righe da quanto ho letto nei numeri 126/8, nelle lettere dei compagni che si sono già pronunciati in proposito.
La cosa che mi ha colpito di più è questa tendenza a dividere il nostro movimento in Anarchici e anarchici. Come si pretende di distruggere, abolire o ridurre questa idiota istituzione, quale il servizio militare, se c'è ancora chi si scanna a proposito dell'obiezione totale e del servizio civile? Pazzi! Continueremo a controbattere, contraddire, ma nessuno sarà mai unito, se non a livello di azione (si sa i punti di vista sono diversi, quindi le scelte), a livello di pensiero.
Ancor più grave. Trovo sbagliato definire "inutile eroismo" l'obiezione totale. È anche questa una forma di protesta, che non serve a fare gli eroi, ad avere magari un primo piano sui quotidiani, ma a dimostrare quanto sia grande l'avversione verso lo stato e le sue imposi/istituzioni. Non è volontaria la scelta del carcere. C'è forse qualcuno che goda nell'essere messo "in gattabuia"? Non credo. Non credo soprattutto che ci sia qualcuno che lo fa volontariamente. Il carcere è, come dice il compagno Mauro, la conseguenza di una lotta.
In questa società tutto ciò che esce dal tracciato è represso e soffocato. Scelta o non scelta, chi parla con lingua biforcuta, è tolto di mezzo. Con questo discorso non voglio assolutamente sminuire la scelta dei compagni i quali trovano la "salvezza" nel servizio civile. Infatti anche questa lotta contro lo stato è validissima. È vero, verissimo, come dice il compagno Franco, che questo metodo è legato al servizio militare, ma è pur sempre una maniera di non fare il soldato, una maniera di dire "NO"! al militarismo soffocante, oppressore del singolo individuo, forse meno forte dell'obiezione totale, ma valida. È un modo di staccarsi, se ben ci si pensa, dallo stato più di quanto si creda. Certo però non sono d'accordo con chi accusa i compagni "totali" poiché non hanno cercato una via di mezzo, solo perché la loro richiesta è andata male.
Il vero nemico è la legge, che ostacola la lotta. E anche se ci vogliamo sfogare a parole, facciamolo contro la legge, non contro gli amici obiettori. Siamo o no tutti contro il militarismo? E allora smettiamo con le accuse o simili.
Sì, il dibattito è aperto sulle pagine del "nostro" giornale, ma dovrebbe essere più pacifico. Non parliamo di eroi e schifosi vigliacchi, ma di chi ha più coscienza di ciò che fa, perché tutti noi siamo accomunati da un unico interesse, che ben conosciamo e quindi siamo tutti sullo stesso piano. Non credo che per essere anarchico ci vuole il rifiuto di ciò che ci sta attorno in maniera totale, si ritorna qui al "totale" e al "civile", poiché bisogna vivere in qualche modo. Per quanto odioso sia, il mezzo di sopravvivenza ci viene offerto dallo stato. Penso che l'importante sia mantenersi politicamente indipendenti e non farsi soffocare da nessuno, ribellandoci sì a ciò che ci sta attorno, ma senza morir di fame.
Io frequento il liceo classico, ho fatto medie e elementari e vivo in famiglia, eppure mi sento anarchico lo stesso. Anzi, io di per me sono ben propenso a fare l'obiettore "parziale", quando nell''86 sarò chiamato alla visita di leva. "Parziale" perché, come a tutti, a me non piace il carcere, anche perché sono stufo di vedere l'anarchico ghettizzato, che al minimo accenno di lotta viene sbattuto dentro. Voglio però oppormi a ciò che il governo mi impone, in qualche maniera.
Spero per questo che non riceverò accuse dagli altri compagni, suddetti e non, ma venga apprezzato per questo mio impegno. Tutta questa lettera potrà sembrare l'accozzaglia delle idiozie di un sedicenne, ma è quel che penso e mi auguro sarà capito.
Nella speranza di vederla pubblicata nella rubrica "C.P. 17120", saluto affettuosamente tutti i compagni/e e la redazione. Viva l'anarchia.

Antonio Abbotto (Sassari)