Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 129
giugno 1985


Rivista Anarchica Online

NO alla vivisezione
di Animal Liberation

Il senso di una scelta antiautoritaria

Le rivendicazioni e le lotte di liberazione stanno vivendo un'impasse molto grande, probabilmente perché l'ambito o, più propriamente, la filosofia del loro intervento in origine definitasi, è sempre più inadatta a contenere e ad esprimere il senso completo che fa da sostrato allo stesso bisogno di liberazione. Il tutto è sempre stato visto all'interno di una logica esclusivista umana, per cui l'uomo doveva eliminare essenzialmente ed esclusivamente il dominio dell'uomo sull'uomo, considerato come l'unico punto di riferimento reale per agire in funzione di una trasformazione che avesse i caratteri dell'emancipazione. Una visione esplicitamente antropocentrica, che ha sempre di fatto escluso dal suo terreno di azione tutto quello che non era strettamente e direttamente funzionalizzato all'umano.
Il discorso ecologico, prepotentemente balzato alla ribalta negli ultimi anni, ha giustamente svilito questo modo d'intendere, mettendo a nudo il carattere precario ed estremamente parziale di considerare l'ambiente circostante come un mero completamento, quasi estetico, dei bisogni violentemente preponderanti dell'uomo. Oggi è sempre meno possibile parlare di liberazione ed agire in sua funzione, senza aver chiarito che deve essere ecologica, che deve cioè essenzialmente tener conto del rapporto tra gli essere umani e l'ambiente, considerato nella sua totalità.
Appare sempre più chiaro che l'uomo non può liberarsi rimanendo solo all'interno della sua dimensione sociale, ma che deve altresì fare i conti col rapporto che instaura e instaurerà con l'ambiente, sia quello organico che quello inorganico, di cui fa parte. Soltanto da un corretto rapporto tra sé e l'ambiente, sarà possibile comprendere ed elaborare un programma di emancipazione dal dominio che sia rispondente alla dinamica reale.
Dobbiamo raggiungere la piena consapevolezza che, col suo intervento da dominatore, l'uomo sta distruggendo questo sistema ecologicamente determinato, consolidatosi sul pianeta terra in milioni di anni. Ha teorizzato e organizzato la pretesa di impossessarsi a suo piacimento di ogni manifestazione della natura, comprese le risorse e gli animali. In questo modo, folle e insensato, ha organizzato la distruzione progressiva, in atto, delle basi che gli permettono la sopravvivenza, perché sta distruggendo ciò che è essenziale al proseguimento della vita. La sua presunta pretesa di essere il padrone assoluto e indisturbato di tutto ciò che può raggiungere, di essere il perno attorno a cui ruota tutto il resto, sta rivoltandosi contro di lui, e si stanno mettendo a nudo, in una specie di resa dei conti, i vuoti incolmabili, sempre più irreversibili, determinati da questo suo intervento di violenza dominatrice e sopraffattrice.
All'interno di questo discorso di base si è formato ed agisce il gruppo "Animal Liberation" di Forlì, occupandosi in specifico del problema del rapporto tra l'uomo e gli animali. Approfondendo questo rapporto specifico, ci si rende conto che il mondo animale, al pari di ogni altra manifestazione della natura circostante, è vissuto dalla nostra cultura in termini espliciti di dominio. In modo continuativo gli animali vengono asserviti all'uomo brutalmente e, nella maggior parte dei casi, sadicamente. La loro sofferenza non è minimamente tenuta in considerazione, al punto da far pensare che non venga neppure considerata come sofferenza, ma, soprassedendo ad essa, nei loro confronti vengono perpetrati i più efferati crimini in nome o della scienza, o del bisogno, ancora del progresso. Al massimo vengono considerati come specie, ma mai come individui forniti di una propria sensibilità e una propria intelligenza. Anche nel caso in cui sono domestici, ci si limita a vederli come buoni o cattivi, a seconda che obbediscano o no a ciò che dai loro padroni è stabilito.
Nel modo di rappresentarsi delle nostre civiltà, si vede perciò che i non-umani non hanno diritti, mentre vengono continuamente sottoposti alle più orrende sevizie e spesso, quando sono considerati inutili o dannosi, vengono sterminati fino all'estinzione della specie.
La lotta di liberazione degli animali, per noi, si collega direttamente al bisogno di ristabilire un equilibrio ecologico, di riappropriarsi di una sensibilità e una volontà che si colloca all'interno dell'ambiente di cui facciamo parte, con cui viviamo un rapporto di scambio continuo. Siamo convinti che bisogna finirla con l'arroganza antropocentrica che ha rotto l'equilibrio di partenza, determinando le basi per un'estinzione sempre più prossima. Ciò che ci motiva non è perciò tanto un sentimento zoofilo, da tutta una letteratura falsamente progressista attribuito ai frustrati, alle zitelle, agli insoddisfatti, perché nel rapporto privilegiato con alcuni animali cercano le gratificazioni che la vita ha loro sempre negato. La nostra lotta, invece, si basa soprattutto su una volontà di emancipazione generale, e parte dal presupposto che tutti gli animali hanno diritto ad esistere secondo la loro volontà, esattamente con la stessa dignità degli esseri umani, in quanto individui collocati, come noi, all'interno di ecosistemi equilibrati e necessari. Gli animali provano dolore, gioia, piacere, sofferenza, sanno amare, aggredire, combattere, essere leali. Il loro rapporto con l'ambiente è diretto, non mediato, ci si riconoscono, lo vivono in modo armonico e, soprattutto, non sentono il bisogno, tutto umano, di dominarlo.
Non tutto il movimento protezionista e antivivisezionista, o comunque di azione a favore degli animali, si riconosce nella logica e nella filosofia sopraddetta. Probabilmente è solo una minoranza emergente che si pone il problema in termini di trasformazione generale alle radici. Il nostro gruppo si riconosce in questa minoranza e, all'interno del movimento più generale, cerca di avere un ruolo di stimolo. Portando avanti coerentemente le nostre azioni di lotta, spingiamo per superare i limiti e gli indugi di una logica che vuole semplicemente e soltanto proteggere, fin dove è possibile, gli animali dall'azione deleteria dell'uomo.
Noi mettiamo in discussione il presente stato di cose, proponiamo il ribaltamento dell'ordine esistente, la sua inversione di rotta, perché riteniamo che, più che protettiva, l'azione a favore dei viventi non-umani debba essere ecologica. Di conseguenza, non agiamo all'interno delle istituzioni le quali, per la loro natura intrinseca, hanno un carattere conservatore, tendono cioè a rendere "migliore" il presente. La logica istituzionale, che inquadra tutto in una politica di preservazione e di potere, riconoscendo così giustezza al presupposto del dominio, deve essere superata. Oltre al ristabilimento del diritto e del riconoscimento dei bisogni e della dignità degli animali, ciò che ci interessa è perciò l'acquisizione di una coscienza ecologica globale, per cui non vanno semplicemente difesi, ma rispettati come individui per quello che sono.
In questo senso siamo un gruppo essenzialmente operativo. Non ci riconosciamo in nessuna ideologia precostituita e siamo convinti che la nostra lotta non debba avere colorazioni politiche di nessun tipo. Se è possibile una identificazione, essa è di tipo libertario, intesa nel senso che agiamo con metodi e mentalità che siano il più possibile dediti e funzionali alla libertà più completa. All'interno ci sono compagni anarchici e non, ed ognuno accetta e rispetta le posizioni reciproche. Le decisioni vengono prese concordemente di volta in volta, senza prevaricazioni o mediazioni di sorta, e si riferiscono alle azioni e alle lotte condotte sul territorio. In questo senso non abbiamo preclusioni né politiche, né ideologiche.
Per rendere l'idea del nostro metodo, portiamo l'esempio del comportamento tenuto, come gruppo, rispetto al problema elettorale. Gli anarchici, coerentemente coi loro principi, propagandano e attuano l'astensionismo, mentre coloro che, pur con qualche dubbio, riconoscono ancora validità al sistema della delega di potere, agiscono all'interno di liste che in qualche modo affrontano il problema ecologico non puramente in termini propagandistici. Il dibattito è stato ed è tuttora intenso, e le posizioni contrastanti sono state rese pubbliche, secondo una logica coerentemente pluralista. Ma questa diversità di partenza rispetto a un problema così importante e scottante come quello della scelta rispetto al voto, non ha impedito di continuare ad operare insieme, proprio perché non c'è nessuna volontà né pratica di mediare le reciproche posizioni e di far trionfare l'una rispetto alle altre. Saranno i fatti stessi, come si andranno delineando, a dimostrare da che parte si trova la ragione o il torto.
Noi riteniamo che questa proposta metodologica e organizzativa sia estremamente interessante e che, nel tempo, sarà destinata a dar notevoli frutti. In pratica, non c'è prevalenza di una parte sulle altre, c'è invece, oltre il rispetto totale della diversità, la proposta di affinità su piani operativi, al di là delle precedenti convinzioni ideologiche o politiche. In altre parole, è la ricerca di un'unità su basi essenzialmente etiche, lasciando libera sperimentazione alle diverse metodologie o politiche. Finché non c'è prevaricazione, ma una pratica libertaria, il tutto non può che muoversi verso il senso liberante della libertà.

Un movimento sfilacciato

Il movimento antivivisezione-diritti degli animali non ha ancora coscienza del suo essere movimento.
In questi ultimi anni la sensibilità e l'interesse verso il tema del rispetto dovuto a tutte le forme viventi si sono dilatati, in molte città sono fiorite persone e gruppi che coagulano tali istanze. Già da tempo esistevano associazioni impegnate su questo fronte, ma, nonostante ciò, l'antivivisezionismo e l'azione in genere a favore degli animali non hanno ancora conosciuto un vero momento montante e non hanno acquisito lo spirito tipico che anima i movimenti.
Percepiamo tutto un fermento nuovo, sentiamo che va estendendosi la coscienza del dominio, dell'ingiustizia, dello sfruttamento che gli umani esercitano sui non-umani e vediamo che l'abolizione della vivisezione è una rivendicazione iceberg: nessuna forma di schiavitù è giustificata. Per questo l'antivivisezione reca un messaggio molto nuovo e nello stesso tempo molto antico. Si tratta di ricucire un filo di armonia tra tutti gli esseri viventi, riconoscendo ai diversi i nostri stessi diritti e ricusando il ruolo di profittatori, di sfruttatori verso i più deboli di noi.
Questo messaggio è destinato a produrre risonanze sempre più ampie. Siamo convinti che il movimento per la liberazione dell'animale, per ora solo abbozzato, ma in cammino in tutto il mondo, incontrerà vere fasi montanti, conoscerà l'entusiasmo e la forza che provengono dal riconoscersi come movimento.
Tale entusiasmo non cancella, né deve cancellare, le differenze esistenti tra le sue varie componenti, ma si alimenta e trae energia dalla coscienza di portare avanti la medesima questione comune e fondamentale: l'abolizione della schiavitù animale. Intanto questo movimento si presenta schiacciato, come formato da un pool di associazioni, gruppi e persone che spesso vivono scollate l'una dall'altra, chiuse ciascuna attorno a se stessa e che frequentemente si comportano come se fossero l'unica valida realtà protezionista esistente nel paese. Non a caso le associazioni più grosse e, bisogna dirlo, generalmente più attive, sono le prime a non ragionare in termini di "movimento", ma piuttosto si sentono e agiscono come se fossero strutture uniche, ignorando o bocciando tutte le volte che è possibile le iniziative delle associazioni che per territorio o dimensioni sono loro pari.
Lo schieramento antivivisezionista è così ancora ammalato di personalismi, presidenzialismi e rivalità, ma la sua eterogeneità e il suo messaggio peculiare possiedono un tale potenziale di ricchezza che è destinato a svilupparsi sempre più, fino a prevalere. Noi crediamo in questo potenziale e partecipiamo alla evoluzione del movimento per la liberazione dell'animale e, con essa, alla evoluzione della intera umanità.
Dapprima era l'E.N.P.A., l'Ente Nazionale Protezione Animali. Fondato da Giuseppe Garibaldi, potenziato negli anni trenta da Benito Mussolini, declassato nel 1978 ad ente "inutile", ha perduto il riconoscimento di essere di pubblica utilità ed è rimasto come ente privato. Funziona in modo efficiente solo nelle poche città dove si trovano persone volenterose. Per lo più è il solito carrozzone burocratico che, a dispetto dello statuto, conduce una sbiadita difesa degli animali e spesso mostra una retorica zoofilia. In questi ultimi anni è entrato molto in crisi e non si sa se riuscirà a risollevarsi e a rimettersi a funzionare.
Negli ultimi decenni sono sorte leghe antivivisezioniste nazionali, a volte regionali, che quasi sempre si presentano a struttura piramidale con una base di soci tesserati e un vertice a forma di presidente. Queste leghe hanno il merito di aver combattuto la vivisezione in tempi "bui", quando a nessuno importava nulla che gli animali venissero martirizzati. Non si limitano a combattere la vivisezione, ma fanno denunce alla magistratura e intervengono con vari mezzi a volte con successo, per por fine a maltrattamenti su animali. Conservano però i limiti menzionati nelle considerazioni.
Ci sono poi associazioni locali e individui che agiscono, o formalmente come diramazione di leghe territorialmente più vaste, oppure che restano indipendenti perché non si identificano con nessun'altra associazione. Mantengono però contatti con esse e appoggiano le varie iniziative che vengono lanciate. Tra questi gruppi, che generalmente sono gli ultimi nati, ve ne sono alcuni particolarmente vivaci e combattivi, anche se a volte incostanti come impegno e composizione.
All'interno di questa tribù eterogenea e variegata, alcune associazioni si muovono su un piano puramente legalitario, mentre altre non ritengono le leggi un limite necessariamente invalicabile. Citiamo l'esempio di Roberto Duria, che in Friuli, con i suoi compagni, due anni fa abbatté illegalmente le strutture approntate per l'uccellagione, rivendicando poi l'azione e affrontando il processo.
Chiusure, bisticci e settarismi tra lega e lega avvengono generalmente a livello di sedi centrali: in periferia si è spesso soci di più associazioni contemporaneamente, oppure di nessuna, comunque difficilmente ci si divide in base a delle sigle. Nonostante i limiti sin qui descritti, si nota una compensazione confortevole: basta che una persona, individuando un caso di maltrattamento prolungato su animali, intervenga in una città e, chiamando a raccolta, chieda solidarietà, perché da tutta Italia arrivino lettere e testimonianze capaci di esercitare una notevole pressione, in grado di dare un contributo decisivo per piegare la volontà di assessori, sindaci, giunte comunali.
Continuando in questa panoramica, abbiamo il W.W.F., associazione ecologica, sulla quale non ci soffermiamo perché è sufficientemente conosciuta, come pure la Lega Ambiente; il Movimento Anticaccia Protezione Animali e Natura; la Lega dei Diritti degli Animali; e una serie di leghe specifiche, come ad esempio la Lega Anticaccia, la Lega per la protezione degli Uccelli, la Lega per la Difesa del Cane; ecc..
Ci sembra inoltre importante segnalare alcune personalità del mondo scientifico che danno un prezioso contributo alla causa antivivisezionista. Il prof. Pietro Croce, autore del libro "Vivisezione o Scienza", distribuito dalle stesse leghe. Il prof. Bruno Fedi, che nelle sue conferenze affronta l'argomento sia dal punto di vista scientifico che etico. Il prof. Rocca Rosetti e il veterinario dott. G.C. Ferraro Caro. Sottolineiamo l'opera fondamentale che per prima ha svelato l'orrore e l'inattendibilità della vivisezione: "Imperatrice Nuda", di Hans Reusch, ed. Garzanti.
Per finire, informiamo che sono disponibili alcuni tableaux sulla condizione degli animali nei vari aspetti della vivisezione, sperimentazione a fini bellici, pellicce, allevamenti e manifesto per la liberazione degli animali, stampati a cura del nostro gruppo "Animal Liberation".