Rivista Anarchica Online
NO alla vivisezione
di Animal Liberation
Il senso di una scelta antiautoritaria
Le rivendicazioni e
le lotte di liberazione stanno vivendo un'impasse molto grande,
probabilmente perché l'ambito o, più propriamente, la filosofia del
loro intervento in origine definitasi, è sempre più inadatta a
contenere e ad esprimere il senso completo che fa da sostrato allo
stesso bisogno di liberazione. Il tutto è sempre stato visto
all'interno di una logica esclusivista umana, per cui l'uomo doveva
eliminare essenzialmente ed esclusivamente il dominio dell'uomo
sull'uomo, considerato come l'unico punto di riferimento reale per
agire in funzione di una trasformazione che avesse i caratteri
dell'emancipazione. Una visione esplicitamente antropocentrica, che
ha sempre di fatto escluso dal suo terreno di azione tutto quello che
non era strettamente e direttamente funzionalizzato all'umano. Il discorso
ecologico, prepotentemente balzato alla ribalta negli ultimi anni, ha
giustamente svilito questo modo d'intendere, mettendo a nudo il
carattere precario ed estremamente parziale di considerare l'ambiente
circostante come un mero completamento, quasi estetico, dei bisogni
violentemente preponderanti dell'uomo. Oggi è sempre meno possibile
parlare di liberazione ed agire in sua funzione, senza aver chiarito
che deve essere ecologica, che deve cioè essenzialmente tener conto
del rapporto tra gli essere umani e l'ambiente, considerato nella sua
totalità. Appare sempre più
chiaro che l'uomo non può liberarsi rimanendo solo all'interno della
sua dimensione sociale, ma che deve altresì fare i conti col
rapporto che instaura e instaurerà con l'ambiente, sia quello
organico che quello inorganico, di cui fa parte. Soltanto da un
corretto rapporto tra sé e l'ambiente, sarà possibile comprendere
ed elaborare un programma di emancipazione dal dominio che sia
rispondente alla dinamica reale. Dobbiamo
raggiungere la piena consapevolezza che, col suo intervento da
dominatore, l'uomo sta distruggendo questo sistema ecologicamente
determinato, consolidatosi sul pianeta terra in milioni di anni. Ha
teorizzato e organizzato la pretesa di impossessarsi a suo piacimento
di ogni manifestazione della natura, comprese le risorse e gli
animali. In questo modo, folle e insensato, ha organizzato la
distruzione progressiva, in atto, delle basi che gli permettono la
sopravvivenza, perché sta distruggendo ciò che è essenziale al
proseguimento della vita. La sua presunta pretesa di essere il
padrone assoluto e indisturbato di tutto ciò che può raggiungere,
di essere il perno attorno a cui ruota tutto il resto, sta
rivoltandosi contro di lui, e si stanno mettendo a nudo, in una
specie di resa dei conti, i vuoti incolmabili, sempre più
irreversibili, determinati da questo suo intervento di violenza
dominatrice e sopraffattrice. All'interno di
questo discorso di base si è formato ed agisce il gruppo "Animal
Liberation" di Forlì, occupandosi in specifico del problema del
rapporto tra l'uomo e gli animali. Approfondendo questo rapporto
specifico, ci si rende conto che il mondo animale, al pari di ogni
altra manifestazione della natura circostante, è vissuto dalla
nostra cultura in termini espliciti di dominio. In modo continuativo
gli animali vengono asserviti all'uomo brutalmente e, nella maggior
parte dei casi, sadicamente. La loro sofferenza non è minimamente
tenuta in considerazione, al punto da far pensare che non venga
neppure considerata come sofferenza, ma, soprassedendo ad essa, nei
loro confronti vengono perpetrati i più efferati crimini in nome o
della scienza, o del bisogno, ancora del progresso. Al massimo
vengono considerati come specie, ma mai come individui forniti di una
propria sensibilità e una propria intelligenza. Anche nel caso in
cui sono domestici, ci si limita a vederli come buoni o cattivi, a
seconda che obbediscano o no a ciò che dai loro padroni è
stabilito. Nel modo di
rappresentarsi delle nostre civiltà, si vede perciò che i non-umani
non hanno diritti, mentre vengono continuamente sottoposti alle più
orrende sevizie e spesso, quando sono considerati inutili o dannosi,
vengono sterminati fino all'estinzione della specie. La lotta di
liberazione degli animali, per noi, si collega direttamente al
bisogno di ristabilire un equilibrio ecologico, di riappropriarsi di
una sensibilità e una volontà che si colloca all'interno
dell'ambiente di cui facciamo parte, con cui viviamo un rapporto di
scambio continuo. Siamo convinti che bisogna finirla con l'arroganza
antropocentrica che ha rotto l'equilibrio di partenza, determinando
le basi per un'estinzione sempre più prossima. Ciò che ci motiva
non è perciò tanto un sentimento zoofilo, da tutta una letteratura
falsamente progressista attribuito ai frustrati, alle zitelle, agli
insoddisfatti, perché nel rapporto privilegiato con alcuni animali
cercano le gratificazioni che la vita ha loro sempre negato. La
nostra lotta, invece, si basa soprattutto su una volontà di
emancipazione generale, e parte dal presupposto che tutti gli animali
hanno diritto ad esistere secondo la loro volontà, esattamente con
la stessa dignità degli esseri umani, in quanto individui collocati,
come noi, all'interno di ecosistemi equilibrati e necessari. Gli
animali provano dolore, gioia, piacere, sofferenza, sanno amare,
aggredire, combattere, essere leali. Il loro rapporto con l'ambiente
è diretto, non mediato, ci si riconoscono, lo vivono in modo
armonico e, soprattutto, non sentono il bisogno, tutto umano, di
dominarlo. Non tutto il
movimento protezionista e antivivisezionista, o comunque di azione a
favore degli animali, si riconosce nella logica e nella filosofia
sopraddetta. Probabilmente è solo una minoranza emergente che si
pone il problema in termini di trasformazione generale alle radici.
Il nostro gruppo si riconosce in questa minoranza e, all'interno del
movimento più generale, cerca di avere un ruolo di stimolo. Portando
avanti coerentemente le nostre azioni di lotta, spingiamo per
superare i limiti e gli indugi di una logica che vuole semplicemente
e soltanto proteggere, fin dove è possibile, gli animali dall'azione
deleteria dell'uomo. Noi mettiamo in
discussione il presente stato di cose, proponiamo il ribaltamento
dell'ordine esistente, la sua inversione di rotta, perché riteniamo
che, più che protettiva, l'azione a favore dei viventi non-umani
debba essere ecologica. Di conseguenza, non agiamo all'interno delle
istituzioni le quali, per la loro natura intrinseca, hanno un
carattere conservatore, tendono cioè a rendere "migliore"
il presente. La logica istituzionale, che inquadra tutto in una
politica di preservazione e di potere, riconoscendo così giustezza
al presupposto del dominio, deve essere superata. Oltre al
ristabilimento del diritto e del riconoscimento dei bisogni e della
dignità degli animali, ciò che ci interessa è perciò
l'acquisizione di una coscienza ecologica globale, per cui non vanno
semplicemente difesi, ma rispettati come individui per quello che
sono. In questo senso
siamo un gruppo essenzialmente operativo. Non ci riconosciamo in
nessuna ideologia precostituita e siamo convinti che la nostra lotta
non debba avere colorazioni politiche di nessun tipo. Se è possibile
una identificazione, essa è di tipo libertario, intesa nel senso che
agiamo con metodi e mentalità che siano il più possibile dediti e
funzionali alla libertà più completa. All'interno ci sono compagni
anarchici e non, ed ognuno accetta e rispetta le posizioni
reciproche. Le decisioni vengono prese concordemente di volta in
volta, senza prevaricazioni o mediazioni di sorta, e si riferiscono
alle azioni e alle lotte condotte sul territorio. In questo senso non
abbiamo preclusioni né politiche, né ideologiche. Per rendere l'idea
del nostro metodo, portiamo l'esempio del comportamento tenuto, come
gruppo, rispetto al problema elettorale. Gli anarchici, coerentemente
coi loro principi, propagandano e attuano l'astensionismo, mentre
coloro che, pur con qualche dubbio, riconoscono ancora validità al
sistema della delega di potere, agiscono all'interno di liste che in
qualche modo affrontano il problema ecologico non puramente in
termini propagandistici. Il dibattito è stato ed è tuttora intenso,
e le posizioni contrastanti sono state rese pubbliche, secondo una
logica coerentemente pluralista. Ma questa diversità di partenza
rispetto a un problema così importante e scottante come quello della
scelta rispetto al voto, non ha impedito di continuare ad operare
insieme, proprio perché non c'è nessuna volontà né pratica di
mediare le reciproche posizioni e di far trionfare l'una rispetto
alle altre. Saranno i fatti stessi, come si andranno delineando, a
dimostrare da che parte si trova la ragione o il torto. Noi riteniamo che
questa proposta metodologica e organizzativa sia estremamente
interessante e che, nel tempo, sarà destinata a dar notevoli frutti.
In pratica, non c'è prevalenza di una parte sulle altre, c'è
invece, oltre il rispetto totale della diversità, la proposta di
affinità su piani operativi, al di là delle precedenti convinzioni
ideologiche o politiche. In altre parole, è la ricerca di un'unità
su basi essenzialmente etiche, lasciando libera sperimentazione alle
diverse metodologie o politiche. Finché non c'è prevaricazione, ma
una pratica libertaria, il tutto non può che muoversi verso il senso
liberante della libertà.
Un movimento
sfilacciato
Il movimento
antivivisezione-diritti degli animali non ha ancora coscienza del suo
essere movimento. In questi ultimi
anni la sensibilità e l'interesse verso il tema del rispetto dovuto
a tutte le forme viventi si sono dilatati, in molte città sono
fiorite persone e gruppi che coagulano tali istanze. Già da tempo
esistevano associazioni impegnate su questo fronte, ma, nonostante
ciò, l'antivivisezionismo e l'azione in genere a favore degli
animali non hanno ancora conosciuto un vero momento montante e non
hanno acquisito lo spirito tipico che anima i movimenti. Percepiamo tutto un
fermento nuovo, sentiamo che va estendendosi la coscienza del
dominio, dell'ingiustizia, dello sfruttamento che gli umani
esercitano sui non-umani e vediamo che l'abolizione della vivisezione
è una rivendicazione iceberg: nessuna forma di schiavitù è
giustificata. Per questo l'antivivisezione reca un messaggio molto
nuovo e nello stesso tempo molto antico. Si tratta di ricucire un
filo di armonia tra tutti gli esseri viventi, riconoscendo ai diversi
i nostri stessi diritti e ricusando il ruolo di profittatori, di
sfruttatori verso i più deboli di noi. Questo messaggio è
destinato a produrre risonanze sempre più ampie. Siamo convinti che
il movimento per la liberazione dell'animale, per ora solo abbozzato,
ma in cammino in tutto il mondo, incontrerà vere fasi montanti,
conoscerà l'entusiasmo e la forza che provengono dal riconoscersi
come movimento. Tale entusiasmo non
cancella, né deve cancellare, le differenze esistenti tra le sue
varie componenti, ma si alimenta e trae energia dalla coscienza di
portare avanti la medesima questione comune e fondamentale:
l'abolizione della schiavitù animale. Intanto questo movimento si
presenta schiacciato, come formato da un pool di associazioni, gruppi
e persone che spesso vivono scollate l'una dall'altra, chiuse
ciascuna attorno a se stessa e che frequentemente si comportano come
se fossero l'unica valida realtà protezionista esistente nel paese.
Non a caso le associazioni più grosse e, bisogna dirlo, generalmente
più attive, sono le prime a non ragionare in termini di "movimento",
ma piuttosto si sentono e agiscono come se fossero strutture uniche,
ignorando o bocciando tutte le volte che è possibile le iniziative
delle associazioni che per territorio o dimensioni sono loro pari. Lo schieramento
antivivisezionista è così ancora ammalato di personalismi,
presidenzialismi e rivalità, ma la sua eterogeneità e il suo
messaggio peculiare possiedono un tale potenziale di ricchezza che è
destinato a svilupparsi sempre più, fino a prevalere. Noi crediamo
in questo potenziale e partecipiamo alla evoluzione del movimento per
la liberazione dell'animale e, con essa, alla evoluzione della intera
umanità. Dapprima era
l'E.N.P.A., l'Ente Nazionale Protezione Animali. Fondato da Giuseppe
Garibaldi, potenziato negli anni trenta da Benito Mussolini,
declassato nel 1978 ad ente "inutile", ha perduto il
riconoscimento di essere di pubblica utilità ed è rimasto come ente
privato. Funziona in modo efficiente solo nelle poche città dove si
trovano persone volenterose. Per lo più è il solito carrozzone
burocratico che, a dispetto dello statuto, conduce una sbiadita
difesa degli animali e spesso mostra una retorica zoofilia. In questi
ultimi anni è entrato molto in crisi e non si sa se riuscirà a
risollevarsi e a rimettersi a funzionare. Negli ultimi
decenni sono sorte leghe antivivisezioniste nazionali, a volte
regionali, che quasi sempre si presentano a struttura piramidale con
una base di soci tesserati e un vertice a forma di presidente. Queste
leghe hanno il merito di aver combattuto la vivisezione in tempi
"bui", quando a nessuno importava nulla che gli animali
venissero martirizzati. Non si limitano a combattere la vivisezione,
ma fanno denunce alla magistratura e intervengono con vari mezzi a
volte con successo, per por fine a maltrattamenti su animali.
Conservano però i limiti menzionati nelle considerazioni. Ci sono poi
associazioni locali e individui che agiscono, o formalmente come
diramazione di leghe territorialmente più vaste, oppure che restano
indipendenti perché non si identificano con nessun'altra
associazione. Mantengono però contatti con esse e appoggiano le
varie iniziative che vengono lanciate. Tra questi gruppi, che
generalmente sono gli ultimi nati, ve ne sono alcuni particolarmente
vivaci e combattivi, anche se a volte incostanti come impegno e
composizione. All'interno di
questa tribù eterogenea e variegata, alcune associazioni si muovono
su un piano puramente legalitario, mentre altre non ritengono le
leggi un limite necessariamente invalicabile. Citiamo l'esempio di
Roberto Duria, che in Friuli, con i suoi compagni, due anni fa
abbatté illegalmente le strutture approntate per l'uccellagione,
rivendicando poi l'azione e affrontando il processo. Chiusure, bisticci
e settarismi tra lega e lega avvengono generalmente a livello di sedi
centrali: in periferia si è spesso soci di più associazioni
contemporaneamente, oppure di nessuna, comunque difficilmente ci si
divide in base a delle sigle. Nonostante i limiti sin qui descritti,
si nota una compensazione confortevole: basta che una persona,
individuando un caso di maltrattamento prolungato su animali,
intervenga in una città e, chiamando a raccolta, chieda solidarietà,
perché da tutta Italia arrivino lettere e testimonianze capaci di
esercitare una notevole pressione, in grado di dare un contributo
decisivo per piegare la volontà di assessori, sindaci, giunte
comunali. Continuando in
questa panoramica, abbiamo il W.W.F., associazione ecologica, sulla
quale non ci soffermiamo perché è sufficientemente conosciuta, come
pure la Lega Ambiente; il Movimento Anticaccia Protezione Animali e
Natura; la Lega dei Diritti degli Animali; e una serie di leghe
specifiche, come ad esempio la Lega Anticaccia, la Lega per la
protezione degli Uccelli, la Lega per la Difesa del Cane; ecc.. Ci sembra inoltre
importante segnalare alcune personalità del mondo scientifico che
danno un prezioso contributo alla causa antivivisezionista. Il prof.
Pietro Croce, autore del libro "Vivisezione o Scienza",
distribuito dalle stesse leghe. Il prof. Bruno Fedi, che nelle sue
conferenze affronta l'argomento sia dal punto di vista scientifico
che etico. Il prof. Rocca Rosetti e il veterinario dott. G.C. Ferraro
Caro. Sottolineiamo l'opera fondamentale che per prima ha svelato
l'orrore e l'inattendibilità della vivisezione: "Imperatrice
Nuda", di Hans Reusch, ed. Garzanti. Per finire,
informiamo che sono disponibili alcuni tableaux sulla condizione
degli animali nei vari aspetti della vivisezione, sperimentazione a
fini bellici, pellicce, allevamenti e manifesto per la liberazione
degli animali, stampati a cura del nostro gruppo "Animal
Liberation".
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