Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 129
giugno 1985


Rivista Anarchica Online

Astensione e poi
di Luciano Lanza

I risultati sono noti e già ampiamente commentati: calo dell'astensionismo (-3,9%), calo del PCI (da -4,4% alle regionali a -6,1% alle comunali), inversione del trend discendente della Democrazia Cristiana, leggera avanzata del PSI, ripresa del PRI, calano PSDI e liberali. Il Movimento Sociale primo partito nel Sud Tirolo, ma sostanzialmente stabile nel resto dell'Italia. Affermazione delle liste verdi: 1,7 alle regionali, 1% alle provinciali, 1,2% alle comunali. Rispetto all'ultima tornata elettorale, le europee dell'anno scorso, gli italiani hanno dunque mostrato una maggiore partecipazione che si è tradotta sia nell'affermazione delle liste verdi sia in un recupero della DC. Il composito arcipelago astensionista si riconferma come luogo di raccolta di umori e di tendenze molto diversificate e, come abbiamo sottolineato altre volte su questa rivista, attribuirgli una valenza unicamente libertaria sarebbe un grave errore analitico. Questo italiano su sei che non sta al gioco dei partiti non si lasca facilmente incasellare: scontento, annoiato, perplesso, qualunquista, indifferente, anarchico... sono solo alcuni degli aggettivi che alludono, ma non identificano con precisione questo personaggio tanto temuto e tanto vilipeso dalla classe Politica.
Un dato, però, è certo: quando non deve votare per dei politici che legiferano da Roma o da Bruxelles, ma per degli uomini che sono apparentemente a lui più vicini, l'elettore è più sensibile al richiamo delle istituzioni politiche. La stessa affermazione dei verdi esprime un sintomo sufficientemente preciso: forza più sociale che politica promette di occuparsi con coerente pragmatismo dei problemi quotidiani legati alla qualità della vita e dell'ambiente. Piccoli, ma significativi miglioramenti - dicono i verdi - sono possibili subito senza legarsi a visioni di schieramento, anzi investendo le istituzioni locali di una nuova forma di partecipazione dei cittadini. La prospettiva di un nuovo modo di partecipare alla gestione della propria città, unita ad altri elementi di carattere psicologico quali l'eventualità del sorpasso comunista, hanno dunque ridimensionato l'astensionismo invertendone il trend ascensionale che dal 15,9% delle amministrative del 1980 aveva toccato il 19,4% delle europee del 1984. Comunque il 15,5% di astenuti, schede bianche o nulle rappresenta un considerevole "buco" nella legittimazione del potere democratico rappresentativo, un segno tangibile della frattura esistente in tutto il corpo sociale tra società politica e società civile. È la quantificazione numerica di un disagio che serpeggia anche tra coloro che aderiscono alla ritualità delle elezioni. Ed è questo l'aspetto da cogliere per comprendere il processo in atto nella società italiana: le gente crede sempre meno nella politica istituzionale, ma non vede alternative praticabili.
Questo senso di diffusa impotenza sospinge alla partecipazione elettorale una discreta percentuale di persone che altrimenti ne farebbero molto volentieri a meno. L'astensionismo della metà degli anni ottanta è dunque visto come improduttivo anche da coloro che per formazione e sensibilità sarebbero portati a praticarlo. Questo è il grosso limite che devono cercare di superare coloro che dell'astensionismo attivo e propositivo sono i propugnatori più coerenti: gli anarchici. In una contingenza storica come quella attuale che non lascia prevedere neppure in tempi medi trasformazioni radicali, l'astensionismo diviene riaffermazione etica (nei casi più coscienti e coerenti) di un'estraneità alle regole della società del dominio. Riaffermazione etica che, in assenza di alternative concrete e praticabili, non riesce a coinvolgere quelle "estese minoranze" dinamiche su cui potrebbe alimentarsi un progetto di radicale trasformazione. Una spirale che si avvolge su se stessa, se preferite, il gatto che si morde la coda.
L'astensionismo per divenire fenomeno sempre più allargato che non solo delegittima il potere dei partiti, ma costruisce nel contempo un'alternativa proponibile a vasti settori della popolazione, deve saper indicare e proporre forme e modalità di organizzazione e di mediazione delle diverse esigenze. Ma su questo punto la teoria e la pratica degli anarchici sono mute: tutte protese verso la forma perfetta della società liberata dal dominio, la società libertaria, si mostrano incapaci di rispondere alle piccole e banali, ma maledettamente concrete domande sociali che vengono formulate oggi. Ed è eufemistico ricordare che la società libertaria non nasce per incanto dopo la grande soirée che risolve tutti i problemi. Senza abbandonare affatto l'ipotesi rivoluzionaria (ma quale?) è però necessario riconoscere che non esiste ancora nella problematica anarchica un serio approfondimento sui percorsi della trasformazione. In questa dimensione l'astensionismo, coerente posizione anarchica, risulta carente nella parte propositiva e si risolve in semplice (anche se giustissima) negatività.
In questo modo non vengono esplicitate tutte le ricchezze del pensiero anarchico che, è bene ricordarlo, è l'unico in grado di dare una risposta coerente e soddisfacente al malessere, alle ingiustizie, all'oppressione generate dalla società del dominio. Così tutti i nuovi fermenti sociali, e tra questi possiamo in certa misura annoverare i verdi, vengono riassorbiti dalle istituzioni del dominio che con la loro ferrea logica riescono a snaturare e a pervertire tutte le istanze di cambiamento.
È probabilmente arrivato il momento per una rivisitazione dell'astensionismo perché così come viene ritualmente proposto oggi rischia di diventare una forma priva di contenuto. "L'immaginazione al potere" si diceva non molti anni fa. Ebbene per riempire di contenuti moderni una formula tutt'ora validissima, l'astensionismo, bisognerebbe pensare a costruire forme alternative alle istituzioni esistenti, ipotizzando un percorso parallelo: astensionismo per delegittimare le istituzioni del dominio e nuova partecipazione per occupare gli spazi resi liberi dall'astensionismo.