Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 127
aprile 1985


Rivista Anarchica Online

Ancora su anarchismo, libertà "borghesi", democrazia, ecc.

Non ci capiamo: non so se la colpa sia della mia maniera di esprimermi, delle diverse "storie" personali, della (probabilmente) diversa formazione o di tutto questo e altro ancora. Sta di fatto che quanto sostengo io e quanto sostiene Franco Di Sabantonio (nella lettera sul penultimo numero) sembra irrimediabilmente divergere. Ma poiché tutti ci diciamo anarchici, poiché credo e spero che sia possibile intendersi ed anche per una mia innata "vis polemica", eccomi a continuare il dibattito cercando di rispondere alle obiezioni che mi vengono fatte.
Mi pare che il nocciolo dell'incomprensione stia proprio in quella mia espressione (probabilmente infelice) "anarchismo duro e puro". Vedrò di spiegarmi.
Con questa espressione intendo la tendenza, da sempre presente nel movimento anarchico, a trasporre meccanicamente nella realtà il "nocciolo duro" dell'anarchismo. Quest'ultimo è certo "critica del principio di autorità ad ogni livello delle sue determinazioni storiche date e ad ogni livello delle sue determinazioni storiche possibili" ma non è detto che da esso dipenda un solo modo di essere ed agire da anarchici. Penso invece (e qui sta la vitalità e la profondità dell'anarchismo) che da questo "nocciolo duro" discenda una moltitudine di modi diversi di vivere le idee anarchiche, nella realtà quotidiana e nella vita sociale.
In altre parole l'anarchismo non è, fortunatamente, un'ideologia chiara (anche se nella sua storia non sono mancati i tentativi di farlo diventare tale) ma un insieme di idee-forza, riassumibili e dipendenti dal nocciolo duro di cui sopra, e la cui applicazione pratica può e deve variare a seconda degli individui, delle condizioni date e di mille altri motivi, pur senza snaturarsi nella sua sostanza. Pertanto ritengo la visione meccanicista, di cui Franco Di Sabantonio mi sembra si faccia portatore, restrittiva e delimitante dell'anarchismo stesso, pur se valida da un punto di vista prettamente storico.
Venendo più specificatamente a quanto sostiene Franco, non ho detto che dobbiamo sostenere "tout court" la democrazia o identificarci, magari come "ala estrema", con essa. Sostengo invece che essa è nei fatti una forma sociale migliore delle altre vigenti. Migliore non nel senso che essa non porti ancora il marchio del dominio o che non possa e non debba essere superata (coi modi che nelle varie situazioni si renderanno necessari), ma solo perché in essa esistono fisiologicamente spazi di libertà che noi, proprio in quanto libertari, non possiamo e non dobbiamo ignorare. Non è questione di fare compromessi (o perlomeno non si tratta di farne più di quanto già non ne facciamo tutti ora, magari senza volerlo ammettere), ma di riconoscere le condizioni in cui, volenti o nolenti, viviamo e partire da esse per mutarle sempre più in senso libertario.
Nella mia lettera sottolineavo che non sta a noi fare o sostenere leggi: considero l'esperienza spagnola degli "anarchici al governo" come un grave errore, che pochi all'epoca misero in luce in tutte le sue nefaste conseguenze ed implicazioni alla luce non solo delle idee anarchiche ma anche della lotta al franchismo e per la costruzione di una società libertaria. Ma questo non può significare che, ciecamente, mettiamo sullo stesso piano, ad esempio, il complesso di norme e leggi che permettono l'aborto o la possibilità di stampa (che pure hanno anch'esse molti aspetti repressivi) con quelle che obbligano alla leva, che permettono le centrali nucleari, ecc. Certo tutte dipendono dallo stato, e noi vogliamo distruggere qualunque forma esso abbia perché esso non può che essere comunque repressivo, ma non credo significhi meccanicamente che non ci poniamo il problema delle norme sociali che dovranno sostituire quelle vigenti (ricordiamo sempre che senza norma non può esistere società). Ovviamente le norme sociali di una società libertaria dovranno essere (qualitativamente e quantitativamente) diverse da quelle esistenti anche nella migliore democrazia, ma non credo che riconoscere e difendere gli spazi minimi, garantiti dalle democrazie stesse, sia riconoscersi in esse o in contraddizione con l'anarchismo.
I modi in cui può avvenire questa difesa, e la lotta per superare le attuali forme sociali, devono ovviamente sempre ispirarsi all'azione diretta e coscientemente critica degli individui, perciò non mi sono neppure mai sognato di proporre una nostra "entrata nelle istituzioni" o nella logica istituzionale. Credo anzi che - se l'anarchismo non è per noi una "missione sociale" (in questo senso pericolosa come tutte le "missioni" che si pretendono salvatrici) ma un modo di essere e di agire come individui - noi dobbiamo sempre essere fuori e contro ogni partecipazione volontaria ad istituzioni ed organismi ispirati alla gerarchia, all'autoritarismo comunque imbellettato, allo stato. Il definirci anarchici non ci rende automaticamente liberi, non ci fa acquistare nessun "status" particolare: la nostra libertà, il nostro essere anarchici, è una (spesso faticosa) conquista contro e nella realtà quotidiana. Ed è proprio partendo da quest'ultima, senza "fette di prosciutto" ideologiche sugli occhi, che potremo andare verso un mondo libertario. Un mondo che si costruisce forse più con i piccoli passi quotidiani (quando ci decideremo a farli, tralasciando finalmente gli slogan roboanti che spesso nascondono solo il nulla?) che con i "grandi balzi" del futuro i quali, oltre che non esserci qui ed ora, spesso (l'esperienza insegna) rischiano di trasformarsi in grossi capitomboli.
Per concludere dirò che non mi pare affatto vero che come anarchici dobbiamo fare "adepti anarchici". Credo invece sia meglio favorire, per quanto possibile, lo sviluppo di individui autonomi, critici, coscienti e disincantati; se essi diverranno anche anarchici tanto meglio, tuttavia credo sia sempre preferibile un non-anarchico che pensa con la sua testa ad un anarchico acriticamente convinto della bontà delle idee che professa.
Diceva Borghi che l'anarchismo è "alla libertà con la libertà" e mi pare occorra ricordare che la libertà, proprio perché tale, non è detto debba essere quella che immaginiamo nelle nostre teste o nelle riunioni, mentre è quella che sapremo costruire giorno per giorno.
Spero di aver risposto, direttamente o indirettamente, alle obiezioni del compagno Di Sabantonio. In ogni caso mi pare che nella situazione attuale sia di poco aiuto, a noi ed all'anarchismo, attaccarsi alle formule mentre può essere più proficuo, forti delle nostre idee-forze, agire nella realtà di tutti i giorni per sperimentare in esse, per quanto possibile, i nostri ideali ed i nostri desideri.

Franco Melandri (Forlì)