Rivista Anarchica Online
Ancora su anarchismo, libertà "borghesi", democrazia, ecc.
Non ci capiamo: non
so se la colpa sia della mia maniera di esprimermi, delle diverse
"storie" personali, della (probabilmente) diversa formazione o
di tutto questo e altro ancora. Sta di fatto che quanto sostengo io e
quanto sostiene Franco Di Sabantonio (nella lettera sul penultimo
numero) sembra irrimediabilmente divergere. Ma poiché tutti ci
diciamo anarchici, poiché credo e spero che sia possibile intendersi
ed anche per una mia innata "vis polemica", eccomi a continuare
il dibattito cercando di rispondere alle obiezioni che mi vengono
fatte. Mi pare che il
nocciolo dell'incomprensione stia proprio in quella mia espressione
(probabilmente infelice) "anarchismo duro e puro". Vedrò di
spiegarmi. Con questa
espressione intendo la tendenza, da sempre presente nel movimento
anarchico, a trasporre meccanicamente nella realtà il "nocciolo
duro" dell'anarchismo. Quest'ultimo è certo "critica del
principio di autorità ad ogni livello delle sue determinazioni
storiche date e ad ogni livello delle sue determinazioni storiche
possibili" ma non è detto che da esso dipenda un solo modo di
essere ed agire da anarchici. Penso invece (e qui sta la vitalità e
la profondità dell'anarchismo) che da questo "nocciolo duro"
discenda una moltitudine di modi diversi di vivere le idee
anarchiche, nella realtà quotidiana e nella vita sociale. In altre parole
l'anarchismo non è, fortunatamente, un'ideologia chiara (anche se
nella sua storia non sono mancati i tentativi di farlo diventare
tale) ma un insieme di idee-forza, riassumibili e
dipendenti dal nocciolo duro di cui sopra, e la cui applicazione
pratica può e deve variare a seconda degli individui, delle
condizioni date e di mille altri motivi, pur senza snaturarsi nella
sua sostanza. Pertanto ritengo la visione meccanicista, di cui Franco
Di Sabantonio mi sembra si faccia portatore, restrittiva e
delimitante dell'anarchismo stesso, pur se valida da un punto di
vista prettamente storico. Venendo più
specificatamente a quanto sostiene Franco, non ho detto che dobbiamo
sostenere "tout court" la democrazia o identificarci, magari come
"ala estrema", con essa. Sostengo invece che essa è nei fatti
una forma sociale migliore delle altre vigenti. Migliore non nel
senso che essa non porti ancora il marchio del dominio o che non
possa e non debba essere superata (coi modi che nelle varie
situazioni si renderanno necessari), ma solo perché in essa esistono
fisiologicamente spazi di libertà che noi, proprio in quanto
libertari, non possiamo e non dobbiamo ignorare. Non è questione di
fare compromessi (o perlomeno non si tratta di farne più di quanto
già non ne facciamo tutti ora, magari senza volerlo
ammettere), ma di riconoscere le condizioni in cui, volenti o
nolenti, viviamo e partire da esse per mutarle sempre più in senso
libertario. Nella mia lettera
sottolineavo che non sta a noi fare o sostenere leggi: considero
l'esperienza spagnola degli "anarchici al governo" come un
grave errore, che pochi all'epoca misero in luce in tutte le sue
nefaste conseguenze ed implicazioni alla luce non solo delle idee
anarchiche ma anche della lotta al franchismo e per la costruzione di
una società libertaria. Ma questo non può significare che,
ciecamente, mettiamo sullo stesso piano, ad esempio, il complesso di
norme e leggi che permettono l'aborto o la possibilità di stampa
(che pure hanno anch'esse molti aspetti repressivi) con quelle che
obbligano alla leva, che permettono le centrali nucleari, ecc. Certo
tutte dipendono dallo stato, e noi vogliamo distruggere qualunque
forma esso abbia perché esso non può che essere comunque
repressivo, ma non credo significhi meccanicamente che non ci poniamo
il problema delle norme sociali che dovranno sostituire quelle
vigenti (ricordiamo sempre che senza norma non può esistere
società). Ovviamente le norme sociali di una società libertaria
dovranno essere (qualitativamente e quantitativamente) diverse da
quelle esistenti anche nella migliore democrazia, ma non credo che
riconoscere e difendere gli spazi minimi, garantiti dalle democrazie
stesse, sia riconoscersi in esse o in contraddizione con
l'anarchismo. I modi in cui può
avvenire questa difesa, e la lotta per superare le attuali forme
sociali, devono ovviamente sempre ispirarsi all'azione diretta e
coscientemente critica degli individui, perciò non mi sono neppure
mai sognato di proporre una nostra "entrata nelle istituzioni"
o nella logica istituzionale. Credo anzi che - se l'anarchismo non è
per noi una "missione sociale" (in questo senso pericolosa
come tutte le "missioni" che si pretendono salvatrici) ma
un modo di essere e di agire come individui - noi dobbiamo sempre
essere fuori e contro ogni partecipazione volontaria ad istituzioni
ed organismi ispirati alla gerarchia, all'autoritarismo comunque
imbellettato, allo stato. Il definirci anarchici non ci rende
automaticamente liberi, non ci fa acquistare nessun "status"
particolare: la nostra libertà, il nostro essere anarchici, è
una (spesso faticosa) conquista contro e nella realtà quotidiana. Ed
è proprio partendo da quest'ultima, senza "fette di prosciutto"
ideologiche sugli occhi, che potremo andare verso un mondo
libertario. Un mondo che si costruisce forse più con i piccoli passi
quotidiani (quando ci decideremo a farli, tralasciando finalmente gli
slogan roboanti che spesso nascondono solo il nulla?) che con i
"grandi balzi" del futuro i quali, oltre che non esserci qui
ed ora, spesso (l'esperienza insegna) rischiano di trasformarsi
in grossi capitomboli. Per concludere dirò
che non mi pare affatto vero che come anarchici dobbiamo fare "adepti
anarchici". Credo invece sia meglio favorire, per quanto
possibile, lo sviluppo di individui autonomi, critici, coscienti e
disincantati; se essi diverranno anche anarchici tanto meglio,
tuttavia credo sia sempre preferibile un non-anarchico che pensa con
la sua testa ad un anarchico acriticamente convinto della bontà
delle idee che professa. Diceva Borghi che
l'anarchismo è "alla libertà con la libertà" e mi pare
occorra ricordare che la libertà, proprio perché tale, non è detto
debba essere quella che immaginiamo nelle nostre teste o nelle
riunioni, mentre è quella che sapremo costruire giorno per giorno. Spero di aver
risposto, direttamente o indirettamente, alle obiezioni del compagno
Di Sabantonio. In ogni caso mi pare che nella situazione attuale sia
di poco aiuto, a noi ed all'anarchismo, attaccarsi alle formule
mentre può essere più proficuo, forti delle nostre idee-forze,
agire nella realtà di tutti i giorni per sperimentare in esse, per
quanto possibile, i nostri ideali ed i nostri desideri.
Franco Melandri
(Forlì)
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