Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 14 nr. 123
novembre 1984


Rivista Anarchica Online

Per uscire dalla crisi
di Luis Andrés Edo

Il discorso anarchico, in appoggio alla scelta sindacale, ha offerto elementi di innegabile valore per la lotta del movimento operaio. La formulazione e la diffusione di modalità anarchiche di azione e di organizzazione (azione diretta, autonomia, organizzazione federalista, assemblearismo, ecc.) sono contributi dell'anarchismo militante, sviluppatisi in seno alle correnti operaie rivoluzionarie.
Questi contributi, racchiusi nel fenomeno strutturale del sindacalismo, sono stati applicati in molteplici occasioni in conformità con i loro contenuti anarchici, nonostante le molteplici difficoltà che sempre si incontrano nel passaggio dalla teoria alla pratica. Questo è un fatto certo.
Altrettanto evidente è l'impotenza e spesso l'incapacità manifesta di questo fenomeno organizzativo anarcosindacalista nel tradurre questi contributi senza violentare i loro contenuti anarchici. A conferma di ciò vi è il fatto che all'interno della struttura sindacale si sviluppa in continuazione un fenomeno di «ridefinizione» delle caratteristiche anarchiche, tendente ad adulterarle e a restringere la portata al solo ambito interno all'organizzazione. Queste immagini corrotte («sindacato di classe», «sindacalismo autosufficiente») sono state formulate e diffuse in non poche occasioni, proprio all'interno della struttura anarcosindacalista, in aperta contraddizione con i contributi anarchici.
Nel caso dovessero prevalere questi ultimi criteri, la struttura anarcosindacalista diverrebbe l'elemento esclusivo della rivoluzione anarchica. E, se è certo impensabile la realizzazione di questa rivoluzione senza la partecipazione delle organizzazioni anarcosindacaliste, è evidente d'altro canto che questa rivoluzione dovrà realizzarsi con la partecipazione di quei settori sociali, esterni alla scelta sindacale, che propugnano il raggiungimento di obiettivi libertari.
Se in questa «ridefinizione» mistificante, generata dalle strutture, cadono anche le tendenze che difendono l'autonomia dell'organizzazione di fronte al sistema, questo fenomeno mistificante si aggrava ulteriormente quando la «ridefinizione» è formulata da quelle tendenze che sono disposte ad accettare l'istituzionalizzazione dell'anarcosindacalismo. E' questo il caso attuale in Spagna, dove noti militanti con un lungo passato anarchico, affetti da una specie di piaga (la «sindrome istituzionale» che devasta la società civile spagnola), difendono l'istituzionalizzazione della CNT, portando la «ridefinizione» a un livello di mistificazione assolutamente inaccettabile.
Una riflessione serena su tutte queste contraddizioni ci porta a sospettare che qualsiasi definizione limiti la prospettiva e qualsiasi struttura tenda a una «ridefinizione» definitiva.
Riassumendo, possiamo affermare che la struttura sindacalista, raccogliendo i contributi di azione e di organizzazione anarchici, li interpreta e li traduce nel terreno che le è proprio. Da parte sua l'anarchismo, pur offrendo questi elementi, non ha mai formulato una definizione dell'anarcosindacalismo. E' dunque in seno a questa struttura sindacale che, di tanto in tanto, si è insistito su tale definizione, principalmente per differenziare l'anarcosindacalismo da certo sindacalismo rivoluzionario espresso da alcuni partiti politici marxisti, senza che questo desiderio di differenziazione abbia impedito l'introduzione di elementi mistificatori.
Crediamo che la caratterizzazione anarchica del sindacalismo non debba essere contrassegnata da una definizione, ma dall'orientamento e dal contenuto della sua pratica.

Impasse del sindacalismo
Quando dopo la seconda guerra mondiale vennero accettate dal sistema le principali rivendicazioni sindacali (previdenza sociale, diritto del lavoro, riconoscimento del sindacato da parte delle imprese, che negli anni '30 esistevano solo in parte), tutte le grandi organizzazioni sindacali si sono volontariamente integrate nel sistema come istituzioni fondamentali del suo ingranaggio.
D'altra parte il processo di negoziazione dei contratti collettivi di lavoro (in particolare di quelli del settore industriale), essendo sottoposto ai regolamenti e alla codificazione dell'amministrazione governativa, previamente promulgati dal potere legislativo, costituisce uno degli elementi più importanti per lo studio del mercato: un elemento imprescindibile per lo sviluppo dello sfruttamento capitalista, al punto che i sindacati, accettando questo processo di negoziazione, non fanno che facilitare il perfezionamento dello sfruttamento contro i lavoratori.
Il sindacalismo, con la sua istituzionalizzazione, ha perso la sua libertà d'azione illudendosi di compensarla con una pretesa sicurezza sociale e del posto di lavoro.
La «libertà di licenziamento» (in seguito alla quale il lavoratore perde il diritto e la garanzia del posto di lavoro), l'aumento dell'economia sommersa (grazie al quale i padroni riescono a non pagare le tasse destinate alle prestazioni sociali dei lavoratori) e, infine, la riconversione tecnologica (la cui filosofia è l'aumento del ritmo e del volume della produzione con la contemporanea riduzione dei posti di lavoro) sono i fattori fondamentali che determinano l'irrefrenabile aumento di una tendenza all'insicurezza sociale e di lavoro nei rapporti di produzione.
E' facile verificare quanto questo processo di totale integrazione del sindacalismo lo privi della sua libertà d'azione, lasciando al con tempo i lavoratori privi della sicurezza sociale e di lavoro.
In questo processo di integrazione si è venuta sviluppando una contraddizione assolutamente irresolubile ed irreversibile. In effetti i componenti dell'apparato sindacale vengono gratificati dal capitale e dallo status di uno stato di privilegio rispetto agli altri lavoratori: è questo l'inizio di un processo, ampiamente sviluppatosi, di sottomissione dei lavoratori agli apparati. Le strutture dirette dei lavoratori (cioè i sindacati) perdono così il loro protagonismo. Gli apparati sostituiscono così il movimento sindacale e la scelta rivoluzionaria del movimento operaio organizzato sindacalmente viene ancora una volta neutralizzata.
In questa situazione di innegabile impasse del sindacalismo come scelta rivoluzionaria dev'essere analizzato il ruolo dell'anarcosindacalismo, unica tendenza di azione operaia che resiste all'integrazione.
Da questo punto di vista la prima osservazione critica che si deve fare è rivolta verso un'organizzazione anarcosindacalista che incentrasse la sua azione nel perfezionamento di alcune rivendicazioni sindacali (ampliamento degli spazi coperti dalla previdenza sociale, posticipazione dell'età pensionabile, riduzione della giornata lavorativa, ampliamento delle ferie, estensione di tutti i vantaggi ai settori finora discriminati, ecc.), cioè che puntasse sull'allargamento ed il perfezionamento dell'applicazione e del funzionamento di tutte quelle rivendicazioni che hanno contribuito a rendere sempre più sottile e raffinato lo sfruttamento.
L'anarcosindacalismo si trova dunque in un circolo vizioso: non riesce ad avanzare in direzione delle finalità di trasformazione sociale, si continua a mantenere contrapposto all'integrazione, e al tempo stesso propugna l'estensione e il perfezionamento di rivendicazioni che, oggettivamente, hanno facilitato l'integrazione nel sistema del movimento operaio organizzato sindacalmente. Evidentemente l'impasse dell'anarcosindacalismo è innegabile.
Credere che l'impasse del sindacalismo collaborazionista faciliti il successo dell'anarcosindacalismo è un errore. L'impasse rivoluzionario provoca un «fenomeno trascinante» che pregiudica globalmente il movimento sindacale. Non serve a molto parlare della crisi del sindacalismo, senza metterla in relazione con la crisi generale di tutte le istituzioni e correnti della società civile: una crisi che provoca un identico «fenomeno trascinante» che influenza tutto il corpo sociale, comprese le organizzazioni, entità e correnti anarchiche.
Gli anarchici che criticano il sindacalismo dovrebbero domandarsi se la crisi rivoluzionaria è dovuta a ciò, oppure semplicemente se il suo impasse non è che un effetto di una crisi più generale, che comprende anche la crisi dell'anarchismo.

La struttura necessaria
Nonostante l'attuale impasse, nonostante le contraddizioni e le insufficienze che nel corso della sua storia si sono manifestate in seno all'organizzazione anarcosindacalista, dev'essere respinta con risolutezza l'idea di una destrutturazione. Le diverse correnti dell'anarchismo hanno avuto necessità, e tuttora l'hanno, di un'organizzazione strutturata, stabile, capace di catalizzare l'azione di tutte le tendenze che si manifestano nell'ambito dell'anarchismo.
Tra tutte le organizzazioni presenti nella storia del movimento anarchico, nessuna meglio di quelle anarcosindacaliste ha svolto questo ruolo. Dove il discorso anarcosindacalista non si è tradotto in un'organizzazione influente, l'anarchismo si è limitato a vegetare. E' indubbio che oggi la funzione catalizzatrice della struttura anarcosindacalista viene posta costantemente in discussione, ma nel movimento libertario non è giunta alcuna proposta volta alla creazione di una struttura capace di svolgere questa funzione. La strutturazione organica delle Federazioni Anarchiche (alle quali, naturalmente, non ci opponiamo) non può mai essere considerata come sostitutiva di questa funzione catalizzatrice, o perlomeno non si è mai dimostrata tale.
D'altra parte, replicando a quanti ritengono che non vi sia necessità di un'organizzazione strutturata, è sufficiente far riferimento ai processi storici e agli attuali fenomeni sociali, per osservare la mancata incidenza dell'anarchismo quando soffre per la mancanza di un'organizzazione capace di svolgere questa funzione catalizzatrice.
Se la struttura anarcosindacalista non svolge più questa funzione, tenderà a formarsi un'altra forma di struttura, ma i critici non l'hanno ancora trovata e perciò crediamo necessario mantenere l'organizzazione dell'anarcosindacalismo.

Fuori e contro le istituzioni
Abbiamo parlato di una de-definizione (desdefinicion) con l'obiettivo di bloccare le influenze e le prospettive di distacco dall'organizzazione sindacale e quindi in appoggio ad una pratica transstrutturale ed extra-sindacale, in chiara opposizione ad una visione semplicemente ed esclusivamente intra-strutturale e intra-sindacale.
Ecco due esempi (tra i molti che si potrebbero utilizzare) per dimostrare l'incompatibilità tra questi due concetti:
1) Il 19 luglio 1936, quando scoppiò in Spagna la sollevazione dei militari, la CNT non sarebbe riuscita a farla fallire se avesse dovuto contare sulle sue sole forze. Fu possibile battere i militari (specialmente in Catalogna) perché al suo fianco si mobilitarono i settori popolari, non integrati in alcuna struttura ma influenzati dalla pratica trans-strutturale ed extra-sindacale portata avanti dalla CNT nel corso di molti anni.
2) A partire dal 21 luglio 1936 gli organi rappresentativi della CNT si trovarono sottomessi ad un ritmo infernale di riunioni, plenarias e plenos, ad un tale livello che i sindacati non riuscirono a tenerne il ritmo senza risentire serie difficoltà di funzionamento. Il federalismo si sgretolava, provocando una scissura tra i sindacati da una parte e gli organi federali e confederali dall'altra: un fatto, questo, che peserà gravemente sugli orientamenti politici della CNT. Si scatenò così una tendenza intra-strutturale degli organi rappresentativi che, senza dubbio, facilitò il cammino verso la partecipazione della CNT al governo. In questo caso, particolarmente limite, si manifestò un fenomeno intra-strutturale, verso il quale tendeva l'intera organizzazione nel momento in cui i suoi organi rappresentativi non ricevevano la pressione dei rappresentati.
Oggi più che mai, in questo momento caratterizzato dall'indiscutibile impasse del sindacalismo, è necessario che la struttura anarcosindacalista dia vita ad una pratica trans-strutturale, extra-sindacale e sempre anti-istituzionale.
a) Trans-strutturale. Incidere nella situazione dei settori non-istituzionalizzati (non integrati in alcuna struttura sindacale), ogni giorno più ampi (disoccupati, cooperative nuove ed emarginate, conflitti «selvaggi» dei lavoratori, sottosettori produttivi discriminati dall'«economia sommersa», ecc.) deve costituire l'obiettivo fondamentale e prioritario dell'intervento anarcosindacalista. Per quanto possa apparire paradossale, si deve evitare un protagonismo tendente ad ottenere l'integrazione nella struttura anarcosindacalista di tutti questi settori e sottosettori: questa integrazione deve infatti essere il frutto di una scelta libera e volontaria, a cui si deve arrivare dopo una pratica comune di azione, senza alcuna pressione.
b) Extra-sindacale. Incidere nella pratica dei movimenti sociali, culturali e marginali il cui segno antiautoritario li configuri in un ambito anarchizzante.
Stabilire con questi movimenti alcune relazioni d'intervento congiunto, non strutturale, rifiutando l'errata pretesa (spuntata in Spagna negli anni '76/'77) di una «CNT globalista», cioè di una struttura nella quale dovrebbero trovar posto, accanto ai sindacati, gli atenei, i collettivi, i gruppi, le comuni, ecc .. Una tale integrazione ci pare infondata perché, a parte il fatto che contrasta con la diversità di tutte queste entità, introdurrebbe in seno all'organizzazione anarcosindacalista un elemento di de-strutturazione.
Lo strutturale e il non-strutturale debbono godere di un'autonomia completa nel loro rispettivo funzionamento. Il «patto federale» proprio dell'organizzazione anarcosindacalista non è applicabile alla caratteristica non-strutturale nella quale si sviluppano questi movimenti: questi due concetti possono unirsi solo per formare un «patto d'azione».
c) Anti-istituzionale. E' necessaria la presenza e l'intervento dell'anarcosindacalismo, sotto forma di pressione costante su quei macrosettori del mondo del lavoro che sono integrati, rompendo gli schemi istituzionalizzati che caratterizzano questi settori. Il metodo d'intervento deve incidere nelle agitazioni, manifestazioni, scioperi, conflitti e trattative, contrastando gli apparati e gli organismi sindacali istituzionalizzati.
Qualunque pretesa di introdurre modifiche qualitative di segno istituzionale, accettando di partecipare al meccanismo delle istituzioni, è una pura illusione. L'unica modifica qualitativa è quella di rompere con le pratiche istituzionali. Al Comité de Empresa istituzionale devono opporsi i delegati designati in assemblea. Al mandato istituzionale dei «delegati d'impresa» devono opporsi i rappresentanti designati dall'assemblea dei lavoratori.
Le assemblee dei lavoratori (di fabbrica e di categoria) possono certo prendere decisioni in alcuni casi contraddittorie con le basi generali dell'organizzazione anarcosindacalista, ma il metodo assembleare non è la scelta di un'ora, ma un processo di regolazione e di correzione continua nella relazioni tra i lavoratori e, nonostante le contraddizioni che possono sorgere su questo terreno, l'anarcosindacalismo trova qui un terreno con maggiori e migliori possibilità di riuscita che sul terreno istituzionale.

(traduzione di Aurora e Paolo)