Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 14 nr. 116
febbraio 1984


Rivista Anarchica Online

Ma è lo stato a produrre le religioni (rileggetevi Malatesta)

Cari amici,
Nell'ultimo numero di «A» c'è stata una botta e risposta tra Valentino Cargnelutti e Monica Giorgi, che mi sembra valga la pena di riprendere. Innanzittutto, però, mi preme mettere bene in chiaro che, a differenza di Monica Giorgi, per me l'anarchia non è assolutamente una filosofia, altrimenti sarebbe certamente la più contradditoria e incomprensibile: dilacerata tra anarco-comunismo collettivista e individualismo assoluto. Queste contraddizioni si chiariscono, se si comprende che l'anarchia è solo una dottrina politica: detto altrimenti si occupa solo (e in questo solo non c'è nulla di riduttivo, ma una salutare delimitazione di campo: che ci impedisce di farci totalitari e dogmatici alla maniera dei cristiani, degli islamici, dei marxisti) del problema dell'uomo in società, lasciando a ogni singolo individuo poi il riflettere circa il proprio destino individuale: sfera dove origina la filosofia ed il problema religioso.
Detto altrimenti: al centro dell'anarchia è il problema delle libertà dell'individuo inglobato in sistemi culturali che, abbandonati a se stessi tendono al totalitarismo. Un metodo anarchico di giudizio su un uomo politico: e Gandhi fu eminentemente tale, dovrebbe quindi procedere non dall'esame del sistema di pensiero che lo ha guidato, ma dalle istanze che ha cercato di far valere: se ha combattuto per una trasformazione antiautoritaria o meno. E Gandhi ha certamente agito, come riconosce la stessa Monica in tale direzione: però non in sintonia con quella che la nostra cara amica, e figura a suo modo gandhiana (ha pagato un duro prezzo anche lei) ritiene la direzione vera: la strada giusta. La strada di Gandhi era ingombra da relitti del sacro. Qui è il nodo. Scrive la Giorgi: Dio Stato Famiglia, vanno di pari passo. E questo Gandhi non l'ha neppur considerato. A me sembra che la nostra cara Monica qui non consideri che nella testa di Gandhi: cioè nella sua visione fisiologica non c'era dio ma molti dei: si! Gandhi era un pagano, che riteneva Gesù solo un'emanazione particolare del sacro e non il sacro. Ecco quindi saltare tutto lo schema interpretativo.
Gandhi non ha verificato il totalitarismo monoteista, se non come tecnica di dominio al servizio dello stato inglese: e infatti ribadisce più volte: teniamoci stretti i nostri vecchi innocenti dei, per evitare di fare la fine di cristiani ed islamici. Ovviamente questa parte della dottrina gandhiana ha molta poca, per non dire nessuna eco nei vari propagandisti di Lanza del Vasto.
Ma per capire Gandhi occorre ancora abbandonare il nostro abito mentale eurocentrico: e capire, magari rileggendo certi passi di Leopardi: che dal punto di vista della libertà il sistema castale indiano è meglio del sistema salariale europeo. Ma poiché questi passi nello Zibaldone sono facilmente reperibili, citerò invece da G.Rensi, gli «Anciens Régimes» e la democrazia diretta (Bellinzona, 1902): «il salario, venendo a sostituirsi all'economia dei servi e degli schiavi, ha reso inutile ogni costrizione per mantenere il lavoratore nello stato di soggezione, e ne ha realizzato la soggezione automatica e, apparentemente, libera e spontanea ... ». Questa è la nostra attuale situazione. L'altra, quella di Gandhi, è mille miglia lontana dalla nostra: solo un grande confusionismo può trasferire il gandhismo e le sue tecniche di lotta alla nostra società.
Nelle conclusioni credo veda giusto la Giorgi, ma non per le pessime ragioni dei suoi argomenti: il sacro, dio, .... Che c'entra tutto questo con l'anarchia? Credono forse in dio quei funzionari cubani che, un paio di mesi orsono hanno fatto un contratto con i funzionari cecoslovacchi spedendovi un carico di schiavi cubani a lavorare a 1/3 del salario dell'operaio cecoslovacco, mentre i burocrati castristi lucrano un altro terzo? Il materialismo è non meno dannoso e pericoloso del monoteismo: perché sostituisce soltanto al dio rivelato la materia, ma i meccanismi persecutori restano gli stessi: anzi peggiorano! Perché si procede da una saccente presunzione alla distruzione dell'avversario: ormai solo un animale triviale.
Il sacro è stato a lungo uno strumento per resistere al dominio. Si rifletta sul discorso tra Ulisse e Polifemo. Ulisse invoca Giove e in suo nome chiede il rispetto delle leggi dell'ospitalità. Polifemo si fa una risata: lui conosce solo le leggi della sua pancia: e incomincia il pasto antropofagico materialista. Esiste certamente anche una antropofagia sacrificale: inscritta nel sacro, ma anche qui verifichiamo come solo dove è diventata, come tra gli Atzechi, strumento in mano allo stato si arriva al massacro.
Qualunque discorso politico che individui l'ostacolo nella religione, è un discorso destinato alla sconfitta: e qui Malatesta ha luminosamente insegnato, e dovrebbe ancora insegnare. La religione è, molto semplificando, la forma esterna, la carena, e non il motore. Agisce spesso da scenario depistante. La nascita del monoteismo, come ho ampiamente spiegato altrove, è coeva alla nascita degli stati totalitari: monoteismo persiano, giudeo; e monoteismo del tardo impero romano. L'impero cerca e conquista stabilità mediante il cristianesimo. Clastres in «Archeologia della violenza» (Ed. La Salamandra) descrive un analogo meccanismo circa l'impero incaico: che tende al monoteismo.
Nei liberi comuni medioevali (si veda G. Landauer, La rivoluzione, ed. Carucci, Assisi) si ritorna, con il culto dei santi e della madonna a una forma di paganesimo: essenziale per tutelare le libertà comunali. E poi ancora come alla nascita degli stati assoluti corrisponda in Europa una mutazione monoteistica stretta. L'Islam poi conferma questo nesso imperialismo-monoteismo.
Ma qui ormai c'è una perfetta identità tra sistema culturale e religione: il dominio si è fatto dominio religioso, che non ammette più via d'uscita, come drammaticamente rivela uno tra i più attuali e coinvolgenti libri di questa abbastanza fiacca stagione editoriale: V. S. Naipaul, Tra i credenti, ed. Rizzoli, lire 10.000. Seguendo Naipaul vediamo una società morire di religione illudendosi di vivere in verità, ma nella filigrana si coglie il calcolo delle centrali del dominio: i meccanismi statali. E infatti solo sconfiggendo gli stati si mutano le religioni, e non viceversa. La lotta è contro lo stato: che produce religioni consentanee al suo meccanismo, e non viceversa.
Nell'anno orwelliano, a voi tutti scampati al grande fratello, un affettuoso augurio, e particolarmente a Monica.

Piero Flecchia (Torino)