Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 14 nr. 116
febbraio 1984


Rivista Anarchica Online

Cronache sovversive
a cura della Redazione

Caso Ruzza-Stefanuto:una vergogna giudiziaria che deve finire

Da oltre quattro mesi in carcere senza che contro di loro sia stata prodotta la benché minima prova d'accusa: questa è l'allucinante situazione di Giuseppe Ruzza, 60 anni, e Delfina Stefanuto, 50 anni, militanti anarchici di Gattinara (VC). Passano le settimane, passano i mesi e la loro situazione psico-fisica si sta aggravando: gravissime preoccupazioni desta in particolare quella di Ruzza, affetto da una forma acuta di nevrosi cronica, per la quale da molto tempo era sottoposto a cure specialistiche. L'arresto assolutamente immotivato dal punto di vista giudiziario, il lungo periodo di isolamento, l'assoluta mancanza di cure adeguate hanno portato ad un punto più che allarmante la sua «salute»: la visita cui è stato sottoposto nel carcere di Vercelli da uno specialista psichiatrico ha dato risultati che ne imporrebbero la immediata scarcerazione con ricovero in un luogo dove Ruzza possa essere sottoposto alle cure di cui ha improrogabile necessità.
Invece niente. Le istanze in tal senso sono state tutte respinte: sono stati negati anche gli arresti domiciliari, così facilmente concessi a generali come Santovito, a mafiosi come Zaza, ecc. Delfina, per parte sua, è stata all'improvviso trasferita a Brindisi, in dispregio delle norme che tutelano il diritto alla difesa per qualsiasi imputato.
Gli anni di piombo ci hanno «abituato» a decine di casi simili, nei quali in nome dell'amministrazione della giustizia (di Stato) sono state commesse le più ciniche ingiustizie. Ma guai se ci abituassimo a tutto ciò considerandolo «normale»! Mentre tanto si parla in giro di superamento dell'emergenza, di eliminazione della legislazione speciale, ecc., non è accettabile che si lascino letteralmente marcire in carcere degli individui accusandoli in maniera quanto mai vaga ed indeterminata di che cosa esattamente non si sa.
Deve esser garantita loro la possibilità di curarsi e di sopravvivere perché possano arrivare al processo con la possibilità di difendersi. Se la magistratura ritiene di aver qualcosa da imputare loro, intanto si degni di far loro sapere che cos'è questo «qualcosa». E comunque si faccia subito questo processo. Francamente, ci sembra il minimo.
A sostegno di Ruzza-Stefanuto e per seguire la loro vicenda processuale si è costituito un comitato, presso il quale è aperta anche una sottoscrizione (a mezzo vaglia). L'indirizzo del Comitato per la difesa di Ruzza e Stefanuto è: c/o Circolo culturale anarchico, via Ulivi 8, 54033 Carrara (ms).
Ultima ora: apprendiamo che Delfina è stata nuovamente trasferita. E' ora detenuta nel carcere di Novara.

Un refrattario nelle carceri militari

A metà dicembre Mauro Zanoni è stato trasferito, dietro sua richiesta, dal carcere militare romano di Forte Boccea a quello di Peschiera del Garda (VR). Ora è in attesa di una sollecita risposta alla sua istanza di ricovero nell'ospedale civile di Asola (MN), il suo paese, dove dovrà sottoporsi ad un intervento chirurgico al menisco, resosi necessario in seguito all'aggravarsi dei dolori (con conseguenze sulla sua mobilità). A marzo Mauro terminerà di scontare la condanna a 12 mesi di carcere inflittagli il 24 maggio scorso a La Spezia per essersi rifiutato di prestare servizio militare (e, al contempo, di chiedere di essere ammesso al servizio civile sostitutivo).
In questi mesi Mauro si è più volte scontrato con le autorità militari, rifiutandosi di sottostare a disposizioni, ordini ed abitudini particolarmente stupide ed autoritarie. Per questo suo atteggiamento ribelle e tutto sommato anomalo, le autorità carcerario-militari - spesso sconcertate - hanno alternato minacce di denunce e di provvedimenti ulteriormente restrittivi ad una sostanziale indifferenza (al punto che, per esempio, unico tra i detenuti, Mauro a Forte Boccea ha continuato ad indossare i suoi abiti civili).
La scorsa estate Mauro, su indicazione anche del suo avvocato, il radicale Ramadori, aveva fatto istanza per poter essere ammesso ai benefici di una nuova disposizione di legge, che estende ai detenuti militari quanto da tempo già operante per quelli civili: la possibilità cioè di scontare parte della pena «affidati» ad enti pubblici o convenzionati. Sarebbe stato, il suo, il primo caso di questo genere tra i detenuti militari e Mauro aveva chiesto di essere affidato al Centro Studi Libertari «G. Pinelli» di Milano. Pareva, all'inizio, che si dovesse solo inoltrare l'istanza ed attendere il responso delle competenti autorità. In pratica, invece, si sono presentati in carcere degli esperti (psicologi e simili) che avrebbero dovuto sottoporre periodicamente Mauro a colloqui/interrogatori per verificarne .. .l'affidabilità. Mauro ha però rifiutato di continuare a sottoporsi ad una simile pratica inquisitoriale. Resterà dunque in carcere fino ad esaurimento della condanna.