Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 13 nr. 113
ottobre 1983


Rivista Anarchica Online

Ricominciando da Comiso



Dopo le prime riflessioni «a caldo» su quanto è successo a Comiso durante e dopo la nostra presenza nella cittadina siciliana, credo sia importante adesso, relativamente «a freddo», pensare attentamente al senso del nostro intervento rispetto alla lotta specifica contro la base e, soprattutto, rispetto alla lotta antimilitarista più in generale, anche in proiezione futura.
Cosa ha rappresentato Comiso per noi? Innanzitutto come certe pratiche deleterie quali il bluff o simili, non solo non paghino ma siano portatrici di frustrazione e scoraggiamento. In secondo luogo credo sia stato il capolinea di un modo di fare politica che definirei del post '77. Mi riferisco cioè a quella specie di atteggiamento psicologico nostalgico per cui si vorrebbe riportare tutto «a prima» e siccome non si può perchè si è in pochi ci si sente frustrati, e appena si è in 2 in più ci si gasa e si vuole spaccare giù tutto. Non voglio certo con questo lanciarmi sulla scia della pseudo-cultura imperante del pentitismo e sono anch'io convinto della necessità di difendere quel patrimonio di lotte che quegli anni hanno rappresentato (oltre che di affrontare finalmente i problemi che hanno posto e pongono). Ma il fatto che un periodo sia finito non si può affrontare con una semplice costatazione, ma cercando e sviluppando nuove metodologie di lotta e di intervento. Che certe tematiche per noi vitali si siano incarnate in un determinato periodo in determinate forme non può far confondere le forme con i contenuti assolutizzando le prime.
Molto ci sarebbe poi da dire sulla rigidità dell'impostazione iniziale di questa lotta, dove l'occupazione, in luogo di essere una possibile proposta che poteva nascere da lotte già in corso e rivolta a chi in queste era impegnato, era concepita come l'unico obiettivo qualificante da portare avanti costi quel che costi; un imperativo che assumeva un'aurea sempre più totale («O si occupa o si sbaracca!») fino a diventare un ostacolo, fra tanti che già c'erano, a possibili sbocchi positivi della nostra presenza. Non si vuole qui cercare facili capri espiatori, ma mi pare doveroso notare come quella rigidità abbia sicuramente contribuito a castrare la creatività e la propositività che i compagni, che venivano dai posti più diversi e con i più diversi modi d'agire, portavano con sé. Ed è proprio questa creatività, questa voglia di fare, quest'entusiasmo, che non a caso coincideva con la giovane età della maggiore parte dei compagni presenti, il dato maggiormente positivo di Comiso. E' forse il capolinea anche dei piagnoni, dei «ma tanto non serve a niente», dei «cosa siamo qua a fare» (che in qualche esemplare erano anche a Comiso) che sono in fondo l'altra faccia di quel post'77 di cui sopra.
Proprio questo dato ci ha fatto toccare con mano che, se anche non ce ne siamo accorti, qualcosa minimamente si muove attorno a noi ed è fondamentale concretizzarlo in lotte che ci vedano presenti come forza propositiva e costruttiva, e non sulla base degli «altri» e di quello che fanno come referente negativo. A Comiso eravamo in una posizione centrale, la palla era a noi (non per merito nostro ma per demerito altrui) e si sentiva, a tratti, questa non abitudine ad agire in prima persona, ad impostare qualcosa noi, era probabilmente un passaggio obbligato, ma adesso si tratta di andare avanti. E' presente sempre in questi casi il problema della «differenziazione», ma anche questo troppo spesso è posto in negativo come un dover preservare qualcosa di intoccabile dal contagio di qualcun altro e spesso si risolve nel far la faccia più truce o nel rifiutare il confronto (ma l'essenza dell'anarchismo e degli anarchici non sta forse nella capacità di mettere tutto continuamente in discussione e prima di tutto se stessi e la propria storia?). Questo non vuol naturalmente dire adesione acritica a chicchessia ma è necessario aprire un dialogo con i pacifisti (quelli veri, non quelli sponsorizzati), un dialogo che li obblighi a confrontarsi con quelle connessioni politiche che sono intrinsecamente legate al discorso antimilitarista.
Credo che il nostro intervento a Comiso abbia avuto comunque degli spunti positivi, è servito se non altro a demistificare tutta una pratica in cui si stava incanalando la maggior parte della contestazione anti-Cruise, quella della «protesta concessa», abbiamo creato grosse contraddizioni insomma (come ha detto Gurrieri sullo scorso numero di «A») e non è poco, e abbiamo anche dimostrato la possibilità di una lotta reale e non simbolica. Come e meglio di noi hanno fatto anche dei pacifisti dopo, e questo non lo sottovaluterei.
Ma quale deve essere allora la particolarità del nostro intervento? Io credo che questa stia nella particolare natura del militarismo oggi, perchè non si tratta solo del pericolo della guerra (pericolo comunque reale), ma di tutta una civiltà che nel suo evolversi fa venire al pettine i nodi fondamentali che la caratterizzano: il militarismo è in questo momento l'essenza stessa dello statalismo ed è particolarmente evidente l'impossibilità di una soluzione di questa questione in ambito statale. La situazione attuale di uno stato di guerra in assenza di guerra è il comune denominatore dell'Est e dell'Ovest (fatte salve le persistenti differenze strutturali) e una delle cause principali sia dell'avanzante omogeneizzazione sociale di tutte le nazioni, sia della totale mancanza ovunque di ogni prospettiva e ricerca di un qualche mutamento. In questa situazione è possibile sia una guerra totale sia un'infinita evoluzione politico-sociale su questi binari già tracciati.
C'è una responsabilità storica enorme che pesa sulle spalle dell'anarchismo e credo vi si possa far fronte solo riuscendo ad incarnare nell'azione questa analisi politica che ci contraddistingue, è questa la nostra particolarità! Perchè oggi più che mai è chiaro che un'alternativa reale e vissuta non può non passare per un radicale antimilitarismo.

Marco Galliari (Milano)

P.s. Credo sia opportuno per noi per chiarezza trattare il problema non-violenza, pur rifiutando l'opzione nonviolenta credo non sia un problema liquidabile con poche batture. Io personalmente penso di farlo prossimamente, spero che qualcun altro ci pensi.