Rivista Anarchica Online
Profughi, non turisti
di U. B.
I massacri fatti compiere dal governo militare argentino dopo il 1976 non hanno determinato solo
l'eliminazione fisica di un numero di persone che non potrà mai essere precisato, ma anche una
diaspora di uomini, donne, bambini che hanno cercato scampo alla mortefuggendo all'estero. In Italia sarebbero circa tremila i profughi con passaporto argentino, più un numero elevatissimo di
esuli con doppia nazionalità. Queste persone, per la gran parte, sono state accolte dal nostro paese
con una prima grande beffa: un visto turistico. Anche se la Costituzione garantisce «diritto di asilo
sul territorio della Repubblica» allo «straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo
esercizio delle libertà democratiche», lo stato italiano riconosce come rifugiati politici solo i
profughi provenienti dall'area europea, esclusi i Paesi dell'Est. E questo in base alla «riserva
geografica» prevista dalla Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati, firmato dall'Italia nel
1951. E' una situazione assurda, ma non è l'unica. Lavoro nero, mancanza di assistenza,
sfruttamento, angherie di ogni tipo ... Come sono stati accolti in Italia i profughi argentini? Abbiamo parlato con alcuni di loro. Ecco
quello che ci hanno raccontato: «Dopo un anno e mezzo di carcere - dice Eugenia - senza mai essere interrogata o accusata di nulla,
mi hanno concesso di usufruire del «diritto di opzione», una specie di esilio volontario. A Roma
sono arrivata col visto turistico. L'Italia è un paese molto organizzato quando si tratta di far
emigrare le persone, ma non certo per accoglierle. Quindi niente aiuti, assistenza ... niente». «Sapevo che esisteva una organizzazione di solidarietà, composta da argentini in Italia, ma molti
dicevano che c'erano spie dei servizi segreti argentini e poi, in ogni caso, non ti trovano né casa né
lavoro» ci ha detto un altro profugo che, come tutti gli interpellati, ci ha chiesto l'anonimato. «Dopo
un po', dopo aver girato molto a vuoto e aver sentito tante promesse, mi sono adattata: baby sitter,
lavapiatti, cameriera. Qualche volta penso ancora alla mia laurea in economia». «Il fatto è che non viene riconosciuta, ad esempio, la laurea, la specializzazione. E per questo sei
sottoposto a ricatti pazzeschi. Dal '78 aspetto che l'Università di Trento mi dica qualcosa sulla mia
laurea in sociologia. Adesso vendo giornali; forse dovrò rifare gli esami e la tesi». «Diciamo che come turista non usufruisco dell'assistenza sanitaria. Per di più non è possibile
sgarrare. La situazione è difficile per gli italiani, rispetto alla disoccupazione ... pensa quindi per
noi, senza libretto di lavoro. E si deve fare attenzione anche ad un'altra cosa: bisogna essere
irreprensibili. C'è sempre la Polizia con l'articolo 150 del Testo Unico di PS che permette le
espulsioni». «Qualcuno pur di sopravvivere si è adattato ai lavori più umilianti; certo anche la prostituzione.
Altri non ce l'hanno fatta e si sono uccisi. Per legge uno straniero non può lavorare se non arriva in
Italia con un contratto ben preciso, oppure se non svolge un lavoro che nesun italiano vuole fare.
Per di più il ministero del lavoro impone che ci sia - è il caso delle cameriere - depositato in
Questura un biglietto di ritorno. Che sei tu a pagare, non il tuo padrone». «E poi non puoi lavorare se non hai la residenza in Italia, ma non puoi ottenere la residenza se non
hai lavoro. E' il classico cane che si morde la coda. E ci si trova sempre più emarginati». Questo, dunque, uno spaccato della realtà italiana nei confronti non solo degli argentini, ma di
larghissima parte dei profughi politici. Dalla massa degli articoli di stampa sui «desaparecidos» di
origine italiana è uscito tanto pietismo, ma poco di questa situazione. Che non è neppure l'aspetto
più grave del rapporto Italia-profughi argentini. Non solo il governo italiano non ha fatto quasi
nulla né per i desaparecidos di origine italiana né tantomeno per gli altri. C'è anche il sospetto che
più o meno direttamente l'Italia sia responsabile della sorte di molte persone scomparse. Lasciamo parlare ancora una volta i profughi: «Non è vero che l'Italia, come hanno scritto i
giornali, è stata «tiepida» di iniziative sul problema dei desaparecidos ... Al contrario. Sono
convinta che i servizi segreti italiani abbiano lavorato molto con i golpisti argentini». «In Argentina se tentavi di avere aiuto dall'ambasciata italiana, potevi anche essere segnalato ai
poliziotti ... Il Consolato, al contrario, ti poteva anche dare una mano a lasciare il Paese, ma non era
certo la regola». «Nel 1978 il Mundial di calcio si svolse in Argentina. Noi fuoriusciti ci impegnammo in una
campagna internazionale di boicottaggio. Ebbene le famiglie, gli amici dei nostri compagni più
attivi, vennero colpite da una durissima repressione. O ti spariva il fratello, o ti saltava la casa ...
Chiediamoci: chi fornì i nostri nomi alla polizia argentina?» «Quando Videla venne in visita al papa, si tennero a Roma manifestazioni contro i golpisti. Quando
me ne andai fui pedinata a lungo da tre individui in borghese: uno spione argentino (lo si poteva
riconoscere dal tipo di scarpe, mocassini particolari, non in vendita in Europa) e due poliziotti
italiani». La riprova istituzionale a tutte queste informazioni viene dal deputato socialista Falco Accame, che
nell'80 aveva rivolto una interrogazione al ministro della difesa per chiedere «se fosse a conoscenza
che da qualche anno fra i nostri servizi segreti militari e la polizia politica di Videla esiste un
accordo per il reciproco sostegno nella lotta contro i partiti di sinistra».
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