Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 12 nr. 101
maggio 1982


Rivista Anarchica Online

Tunisia
di Abdel A.

L'anarchismo, in Africa, è praticamente inesistente, da sempre, se si eccettua - fin dallo scorso secolo - la sporadica presenza di anarchici europei colà trasferitisi, perlopiù in esilio. Ci sembra pertanto interessante riprendere parte del materiale che il mensile anarchico francese I.R.L. ha pubblicato con il titolo "Tunisia: itinerario di un libertario". La traduzione è di Andrea Chersi. Si tratta di un articolo del compagno tunisino Abdel e di un'intervista fattagli dalla redazione di I.R.L.

"La Tunisia: un paese del terzo mondo che entra nella democrazia". E' straordinario! Replicano i fautori del "meglio adesso" per cui il totalitarismo è destino di questi territori dal volto selvaggio e di questi luoghi dai golpe infernali: per cui il minimo cambiamento viene considerato come una rivoluzione in cammino. Che cosa è cambiato in questo paese del Maghreb da quando Mazli è alla testa del governo per suggerire considerazioni del genere e far sognare tunisini e turisti? Siamo nell'epoca dell'autogestione e della democrazia diretta? Niente illusioni, compagni. Cose del genere non vengono dallo stato, e gli anarchici lo sanno.
All'attivo di questo regime, secondo i difensori dello status quo e del cambiamento indolore, possono essere attribuiti: la liberazione progressiva di tutti i detenuti sindacali e di alcuni detenuti politici; l'autorizzazione ad uscire concessa ai giornali "indipendenti" come Faro e Maghreb e ai giornali dell'opposizione moderata, come Errat, Democrazia, l'Avvenire, l'Unità, Nuova Voce; la revoca dell'interdizione che colpiva il Partito comunista tunisino; la possibilità per le liste dell'opposizione di partecipare alle legislative anticipate del 1° novembre 1981; infine, l'autorizzazione ai sindacalisti di preparare il loro congresso straordinario e di eleggere democraticamente dei rappresentanti.
Queste sono le misure su cui i discorsi ufficiali ed ufficiosi tunisini ed esteri si sono basati per definire il processo democratico che si deve favorire e rendere irreversibile nello spirito e nella pratica dell'opposizione; una opposizione che, sempre pronta a salvare il regime nei momenti difficili (sostegno del Fronte Nazionale nell'insurrezione del 26 gennaio '78, condanna ferma dell'operazione di Gafsa nel 1980), crede di trovare il suo avvenire in questo governo, anche se di tanto in tanto alza la voce e si lamenta dei suoi eccessi. E' la storia dell'albero che non deve nascondere la foresta; e la foresta in questo caso è sicuramente la democrazia!
Questa cucina democratica dopo più di 20 mesi di vita offre i seguenti piatti. I giornali che si spacciano per indipendenti e quelli dell'opposizione possono rivelare certe ingiustizie (che però non implichino direttamente la responsabilità dell'autorità costituita), possono rilevare l'incostituzionalità di certe pratiche del governo a prezzo di una censura continua ed abituale. Errat è stata censurata due volte in sei mesi, dalla sua nascita nel 1977. Il Faro ha conosciuto più momenti di censura (12 mesi) che di vita reale. Benché essi siano più prudenti e meno critici nei riguardi del Supremo Combattente (Bourghiba, presidente a vita, e sul serio) del Figaro o di France-Soir nei riguardi delle autorità francesi, i giornalisti rischiano il carcere se alzano il mignolo per denunciare il carisma di Bourghiba e lo sperpero cui si abbandona nel suo anniversario o le sue "cure" ripetute in Europa.
Una piattaforma giuridica legalizza questa forma di repressione. In effetti, la maggioranza degli articoli del codice della stampa del 1975 è dedicata alle sanzioni inflitte alle persone che, con discorsi o a mezzo stampa, esprimono una opinione considerata come diffamatoria nei riguardi del potere centrale. Per diffamazione si deve intendere ogni espressione che si discosti dalla versione ufficiale. L'offesa al presidente viene punita col carcere da uno a cinque anni. Quella fatta al presidente dell'assemblea nazionale e ai membri del governo viene punita con una pena da 3 mesi a 2 anni. Inoltre, la distribuzione o la semplice detenzione di volantini e altri documenti non autorizzati viene punita con l'incarcerazione da 6 mesi a 5 anni. La pubblicazione di un giornale è condizionata dal rilascio di un'autorizzazione del Ministro dell'Interno ed i giornali possono aspettare all'infinito se fanno appello alla lotta di classe!
D'altronde, le libertà di riunione e d'associazione sono regolamentate rispettivamente dalle leggi del 1969 e del 1959 che proibiscono ogni assembramento senza autorizzazione o visto preventivo del Ministro sopra citato, che ha la discrezionalità di vietare più che autorizzare. Sebbene tutte queste leggi continuino ad essere applicate, agli occhi dell'opposizione il potere continua ad apparire "democratico".

DI FRONTE AL TRIBUNALE SPECIALE
E' sufficiente esaminare questa legislazione per comprendere il dinamismo dei tribunali e delle prigioni in Tunisia. Dal 1966 migliaia di persone, organizzate o no, sono state condannate da tribunali speciali o di diritto comune. Esempio di giurisdizione eccezionale è la Corte di Sicurezza dello Stato che è stata creata per giudicare i "delitti" politici. In questo tribunale non esiste possibilità di ricorso contro le disposizioni di rinvio a giudizio del giudice istruttore, e gli avvocati possono essere minacciati di sanzioni disciplinari. Questo tribunale s'è riunito per giudicare l'organizzazione "Lavoratori Tunisini" nel 1974, il Movimento di Unità Popolare di B. Salah nel 1977, i sindacalisti nel 1978 e infine i nazionalisti arabi nel 1980. Molto tempo prima, nel 1968, il "Gruppo di Studi e d'Azione Socialista Tunisino" è stato condannato a pene che vanno fino ai 16 anni di prigione. Centinaia di marxisti sono stati giudicati tra il 1972 e il 1978. Nel 1980, due libertari sono stati imprigionati e condannati per scritte sui muri, a sostegno dell'insurrezione del 26 gennaio '78 e della lotta autonoma della classe operaia. Gli ultimi due processi politici che si sono svolti sotto il governo Mazli hanno coinvolto i nazionalisti arabi e gli integralisti musulmani.
I primi, sostenuti dalla Libia, hanno preso d'assalto la città di Gasfa (Tunisia meridionale) nel 1980. Il Destour (partito al potere) ha richiesto e ottenuto l'aiuto militare e logistico francese per riprendere in mano la situazione. Quindici protagonisti dell'operazione Gasfa sono stati condannati a morte e i sopravvissuti scontano ancora pesanti pene. Il regime tunisino, dopo aver contribuito al rafforzamento dei "fratelli musulmani" negli anni '70 per bilanciare l'espansione dei rivoluzionari marxisti, ha colpito duramente circa 80 integralisti con pene che vanno fino a 10 anni di prigione dura, e questo alla vigilia delle elezioni anticipate del 1° novembre 1981. Tutte le forze progressiste del paese sono state unanimi nel richiedere un'amnistia generale. Una commissione "Amnistia Generale" è stata creata in seno alla Lega Tunisina dei Diritti dell'Uomo senza grande successo. L'unica risposta del potere cosiddetto democratico è una "amnistia individuale", che non cancella le condanne e non restituisce i diritti civili se non ad alcuni cittadini. Parecchi prigionieri politici continuano a scontare pesanti pene, gli ex detenuti liberati non beneficiano dei loro diritti civili e alcuni non sono stati reintegrati nelle loro funzioni. E la democrazia prosegue il suo corso.
Secondo alcuni osservatori, il successo fondamentale dell'attuale governo è quello di avere risolto la crisi sindacale. Ma ci si chiede: l'ha risolta a spese di chi? Gli interessi della classe operaia sono garantiti? I rapporti che il potere stabilisce coll'organizzazione sindacale, le pressioni che esercita a livello di direzione burocratica del sindacato perché si metta nettamente dalla sua parte nella lotta politica non lasciano adito a dubbi.
Dopo l'insurrezione del 26 gennaio '78, i responsabili sindacali furono colpiti da pesanti condanne (da 2 a 10 anni). Sono stati considerati come i responsabili di questa situazione esplosiva che in realtà trova le sue origini nel deterioramento del potere d'acquisto della classe operaia, nella crescente disoccupazione dei giovani e nel saccheggio capitalista ed imperialista del paese. La liberazione progressiva dei sindacalisti è stata la prima fase di un'operazione tendente a ristabilire l'immagine-marchio della Tunisia dinanzi all'opinione pubblica nazionale e internazionale senza perdere il controllo dell'organizzazione di massa.
Poiché la maggior parte degli operai sostiene la direzione sindacale precedente al 26 gennaio 1978 e denuncia la nuova direzione-fantoccio di Tihani Abid imposta nel febbraio 1978, il potere è venuto a patti colla direzione di Habib Achour proponendo nel 1980 la Commissione Nazionale Sindacale comprendente 9 membri della direzione "legittima" e 9 membri della direzione fantoccio alla scopo di preparare il congresso straordinario dell'Unione Generale dei Lavoratori Tunisini (U.G.T.T.). Svoltosi a Gafsa nei primi mesi del 1981, questo congresso ha permesso alla vecchia direzione di riacquistare le sue funzioni. Tuttavia, 127 su 500 congressisti hanno boicottato il congresso a causa dell'esclusione che colpiva Achour, che è stata revocata solo il 1° dicembre 1981 con una decisione presidenziale.
Secondo il potere costituito, le elezioni legislative anticipate costituiscono il coronamento del "processo democratico" poiché tutte le organizzazioni possono presentarsi a tali elezioni. Il Partito comunista tunisino è stato tra i primi a gettarsi nella "competizione elettorale" dopo la revoca della misura di sospensione (18 luglio '81) risalente al gennaio 1963. Il suo riconoscimento giunge nel momento in cui gli integralisti mussulmani cominciano a diventare una forza d'urto e la moderazione del PCT può contribuire allo sviluppo delle illusioni sulla democraticizzazione del paese.
I Social-democratici (M.D.S.) appartengono allo schieramento di destra del Destour (Costituzione). Non contestano la legittimità storica del P.S.D. al potere ma sperano in una partecipazione a questo potere al fine di consolidare le basi dello Stato. Per questo movimento, come per il movimento di Unità Popolare non Ben-Salahista (MUP II), queste elezioni rappresentano una posta vitale in cui sarà in gioco la loro legalizzazione, poiché il loro riconoscimento è stato subordinato all'ottenimento del 5% dei voti.
Risultato: la maggior parte delle riunioni dell'opposizione è stata sospesa per effetto dell'intervento violento delle milizie destouriane (militanti del P.S.D.), gli scrutatori elettorali designati dall'opposizione sono stati messi alla porta e nessun seggio è stato accordato all'opposizione. Questi metodi sono stati disapprovati persino dagli ambienti del Destour, al punto che alcuni hanno accusato il Ministro degli Interni e i Governatori di falsificare i risultati elettorali (vedi Jeune Afrique del 2 dicembre 1981). Questa flagrante falsificazione delle legislative, i processi politici, la mancata amnistia generale, il soffocamento delle libertà individuali e dei diritti pubblici, l'intromissione nelle organizzazioni di massa sono forse controbilanciate dai simulacri di una supposta democraticizzazione? Ci faremo sempre ingannare da discorsi pomposi di una democrazia che s'allontana e non giunge mai?