Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 12 nr. 101
maggio 1982


Rivista Anarchica Online

Come mettere a nudo certe cose
di Mario G. Verdini

Durante la sua corsa Osippo, gagliardo atleta alla XV° Olimpiade, si sciolse la fascia che gli parava gli attributi maschili onde essere più libero nei movimenti e, racconta Omero, "nudo il giovane Osippo vinse la gara". Da quella volta fu fatto normale che tutti i partecipanti alle Olimpiadi gareggiassero completamente nudi. Da altre fonti sappiamo che Sofocle dopo la battaglia di Salamina, deposte le vesti, si mise a nudo così come i suoi uomini e fu gran festa quel giorno. E ancora narra la storia che Alessandro il Grande stette nudo di fronte alla tomba di Achille, figlio di Teti e di Pileo, per onorarne la memoria.
Nude ci sono state tramandate le immagini degli dei dell'amore e della bellezza, così come senza orpelli e paludamenti, nelle più antiche leggende dei popoli del mondo civile di allora, si raffiguravano le persone mistiche e quelle reali degne di memoria e di ossequio.
Effettivamente per gli antichi quello del pudore non fu mai un senso che suscitò grossi problemi e di opere d'arte sopravvissute appena velate - come le Cicladi, delle cui vesti intessute di vento (ventum textilem) si dice che fossero così leggere da lasciar seguire con l'occhio meravigliato perfino l'intreccio delle vene - o già del tutto ignude ne sono cosparsi i musei. L'Efebo di Kristios del V° secolo a.C. è. appunto uno, se non il primo, di questi capolavori che fanno ancora oggi il vanto dell'intelligenza dell'uomo.
La raffigurazione della nudità e la pratica stessa di questo costume, per secoli fu considerata per quello che è: un fatto normale. Contrariamente, l'idea di nascondere certe parti del corpo umano e soprattutto quelle zone più propriamente definite genitali, è un uso relativamente recente. Alfred Kinsey, nel suo "Rapporto sul comportamento sessuale degli americani", scrive che la storia dell'origine dell'abbigliamento è piuttosto quella dei tabù del nudo che quella della utilità di vestirsi, affermazione interessante che ci fa d'obbligo di ricordare che l'apparizione nel mondo latino del primo capo di vestiario adottato per coprire completamente il basso ventre - il "subligaculum", perizoma corrispondente all'odierno "slip" - coincide con l'avvento della religione cristiana, dunque con il profondo mutamente psico-sessuale dell'intera civiltà mediterranea ad opera di una religione, quella cristiana, per l'esattezza.
Nei secoli pre-cristiani l'indumento maschile per eccellenza fu il "vestito aperto": il "chitone" greco o la "toga" romana erano modelli di "vestito aperto" e venivano portati senza alcun imbarazzo né falsi pudori anche se a volte lasciavano allo scoperto certe parti del corpo che più tardi, coscienti del "peccato", vergognosamente si sarebbero coperte e censurate.
A riguardo della severità dei costumi si fecero notare i secoli del Medioevo, periodo durante il quale si ricacciò quanto mai lontano il corpo della persona e lo si imprigionò dentro ferrei dogmi.
Sono di quell'epoca le tetre corazze, i cilici castiganti e le cinture di castità...
E' alla fine del '400 che il corpo nudo dell'uomo rivive una grande stagione, specialmente ad opera dei grandi artisti disubbidienti all'ingiunzione alla morigeratezza, come Michelangelo, Bertoldo, Pollaiolo, i quali, alla totale bellezza delle forme e all'armonia dei corpi così come sono - soprattutto maschili, essendo questi omofili - dedicarono i loro lavori, svelandoci le analogie che ricorrono nell'arte di tutti i tempi e rendendo evidente che le mozioni sottili ma tenaci della raffigurazione della nudità vanno ricercate alle radici dei culti pagani del vigore, della preponderanza della vita e dell'amore. Vengono in mente di proposito le parole che Platone nel suo convito pone in bocca di Agatone: "Nell'esercizio delle arti, non sappiamo noi che chi ha avuto a maestro Amore, divien chiaro e famoso, ma chi da Amore non è tocco, resta oscuro e immobile? Lui invero i mortali chiamano eros, ma gli immortali Pteros, perché creatore d'ali".
Si deve arrivare al Novecento per osservare, nel movimento delle idee nuove che allora si facevano innanzi faticosamente, tutta una serie di istanze atte al recupero della pienezza individuale, indirizzo filosofico che tendeva a cancellare il dissidio patologico tra persona e corporalità e ciò in termini potenzialmente rivoluzionari. Nel suo "Manifesto" Tristan Tzara doveva scrivere che "il pensiero si forma nella bocca", intendendo valorizzare quanto oramai non era più che la "mummia umana", e questo in tempi in cui sempre più la dimensione umana era costretta ad avvolgersi su di sé sotto l'incalzare della civiltà industriale e dell'automatismo. In Austria, frattanto, Wilhelm Reich realizzava che la nevrosi si rileva nel corpo oltre che nella mente: dal modo di muoversi, di gestire e di far uso dell'apparato muscolare si denunciano le disfunzioni organiche di cui si soffre. Questa rigidità muscolare egli la definì "corazza caratteriale", una corazza che va infranta a favore dello scaturire della piena salute fisica e psichica. Infine è un nostro contemporaneo, il filosofo francese Georges Bataille, che centrando in pieno il problema, ha scritto: "Se come credo, esiste una interdizione vasta e globale in opposizione alla libertà sessuale, la carne è l'espressione di questa libertà minacciosa".
Oggi, infine, grazie all'opera dissacrante e coraggiosa degli anti-psichiatri come Cooper, Laing ed altri ancora e per merito indiscutibile delle lotte femministe e delle minoranze sessuali e dei neo-naturisti, sia in America che in gran parte dell'Europa, la piena nudità e la cultura che è intrinseca al trattare "questa libertà minacciosa", il corpo, non solo sta rientrando dalla porta principale nelle gallerie d'arte - si pensi all'enorme successo che ha riscontrato l'esposizione dei due nudi di Riace in tutto il mondo - nella cinematografia e nello spettacolo, ma addirittura nella pratica quotidiana di sempre più numerosi individui che definiamo "nudisti" o, meglio, "naturisti".
Ma anche qui, come a riguardo di moltissime differenti questioni, occorre fare delle precisazioni. E allora si deve considerare che le capacità dissolutive del Sistema sono molteplici e raffinate. Più volte è accaduto che istanze inizialmente sovvertitrici la tradizione e le regole abbiano poi finito col non esserlo più o abbiano continuato a esserlo ma in modo perfettamente confacente al Sistema che invece si voleva abbattere, cambiare. Negli Stati Uniti, e specialmente in California, ma anche in numerose città d'Europa, quello della cultura del corpo è già divenuto un grosso affare con un giro di svariati miliardi l'anno. Da che la riscoperta del corpo è diventata una moda, sono andate man mano ad infittirsi le palestre per le più strane attività ginniche e si sono via-via rispolverate le decine di "filosofie alimentari" e mediche alternative più o meno orientali, le quali, ancor prima di aver recuperato al singolo il possesso del proprio corpo nel modo desiderato alla faccia delle prescrizioni, hanno recuperato al Sistema un insieme di idee e di comportamenti che si presentavano pericolosi. Quei numerosi "centri di animazione sessuo-economica", quei numerosi "centri di igiene mentale e di liberazione fisica" che sconvolgevano vecchie abitudini e irritavano oscuri tradizionalisti, sia per la loro spontaneità incontrollata, sia per la loro improvvisa e deflagrante riattazione, oggi sempre più risultano "regolarizzati" e riposti sotto la tutela legislativa dello Stato o di chi ne fa le veci.
Tornando al naturismo, esso rimane una rivendicazione d'ordine rivoluzionario unicamente in quanto fattore d'emancipazione individuale, ed è così che a noi interessa. E. Armand scriveva: "dal punto di vista individualistico la pratica del nudismo appare sotto un aspetto ben diverso da quello dell'esercizio igienico e della cultura fisica. Rivendicare la facoltà di vivere nudi, di passeggiare nudi, di associarsi tra nudisti è affermare il diritto alla disposizione dell'intera individualità corporale. E' proclamare la rivolta alle convenzioni, alla morale, ai comandamenti religiosi, alle leggi sociali per disporre delle differenti parti del corpo come si intende. Mentre le istituzioni societarie e religiose pretendono che l'uso del corpo umano è subordinato alla volontà del legislatore o del prete, la rivendicazione nudista si dimostra una delle manifestazioni più profonde delle libertà individuali".
In questi termini "l'anudation" diventa una protesta contro le usanze e i dogmi che, per esempio, stabiliscono una gerarchia delle parti del corpo, secondo la quale l'esibizione del viso, delle braccia, delle mani o della gola è più decente e rispettabile che la messa a nudo del pube o delle natiche o del seno, e può, ad uno stesso tempo, diventare una liberazione individuale - profonda, quindi, se non proprio estesa - da disgustose ipocrisie e falsità.
Ecco un modo di riscoprire il corpo che si fonda sul diritto che ha ognuno di vivere secondo il suo temperamento, il suo istinto, la sua immaginazione, di condursi per come vi è spinto dal proprio gusto e dalla propria natura e nessuna ingerenza esterna a questo personale diritto sarà giustificata né comprensibile.