Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 12 nr. 100
aprile 1982


Rivista Anarchica Online

Tra natura e cultura
di Piero Flecchia

L'incesto è uno dei pochi temi autenticamente universali. Ecco perché ogni vera riflessione radicale - che si spinge alla radice - sulla società, finisce per confrontarsi con l'incesto. L'universalità dell'incesto - le tradizioni storiche e le ricerche demografiche non hanno registrato un solo caso di popolo privo del tabù dell'incesto - discende dall'universalità del sesso. L'evento naturale che fonda ogni tipo di socialità è l'atto sessuale. Dall'universalità dell'eros l'universalità dell'incesto, ponendo un tabù sul quale ogni cultura umana divide l'atto sessuale in permesso e vietato, al di là del desiderio della coppia; per cui socialmente avremo un sesso lecito e un sesso non lecito, con un crescere di intensità dell'area dell'illecito: da sempre tattica ottimale per far salvo il nucleo autentico del vietato. Lapidando l'adultera, la legge mosaica rende semplicemente impensabile l'incesto. Ma qui il gesto è stato così ben occultato che non fa più problema.

Bisogna cercare prima, quando il tabù separa la socialità naturale, il cui eros è indifferenziato, dalla società umana. Sesso lecito e sesso illecito sono la conseguenza dell'introduzione del concetto di incesto, dunque c'è un sesso buono e un sesso cattivo. Il tabù dell'incesto fonda la società umana legandola indissolubilmente alla morale, ma introduce anche la trasgressione e la connessa sanzione ai trasgressori; questo dice Freud circa l'incesto: cultura e repressione sono due facce della stessa medaglia. Divieto è sempre e certissimamente segnale di trasgressione, ma i termini del problema incesto sono esatti? Bronislaw Malinowski, contro l'ipotesi freudiana dell'universalità della trasgressione a livello di desiderio nei rapporti padre-figlia e madre-figlio in Sesso e repressione sessuale tra i selvaggi, ed. it. Boringhieri, Torino 1966 (superflua la prefazione di De Martino, stupenda quella dell'autore) avanzò una rivoluzionaria teoria sul cui asse si situa la riflessione di Claude Levi-Strauss (da leggere assolutamente) in Tristi tropici, ed. Il Saggiatore, per il quale il discrimine tra natura e cultura è tracciato dal tabù dell'incesto. Freud spiega con il tabù dell'incesto la repressione, Levi-Strauss l'origine della cultura.
Lo studio delle società primitive - nell'accezione di Clastres, Archeologia della violenza, ed. La Salamandra - insegna che l'area dell'interdetto è in relazione all'area del nucleo familiare. Nella famiglia occidentale contemporanea il tabù colpisce il coito fra figli e genitori e tra fratelli; nella famiglia clanale matrilineare o patrilineare l'area dell'interdetto, a seconda dei casi, si estenderà a cugini e zii o materni o paterni. Dunque il tabù limita, nell'area della famiglia, il sesso; e lo limita tanto maggiormente quanto più l'area del nucleo familiare è grande. Emargina quindi il sesso nella famiglia. Ecco delinearsi l'opposizione tra cultura e natura centro della riflessione di Levi-Strauss. La natura accomuna attraverso il sesso, la cultura attraverso l'educazione dei sentimenti. Il tabù dell'incesto proclama il primato del culturale sul naturale: dunque l'interdetto fonda certamente anche la moralità, ma non legandola al concetto di repressione, bensì di invenzione: invenzione della lealtà, degli affetti matrimoniali e fraternali. Come insegna la Elettra di Sofocle, o la Mirra alfieriana, questa eroina che ha scelto la cultura contro la natura. Ha scelto la castità e una foia naturale per il padre la stravolge e la costringe a una sorta di indicibile orrore. Mirra è stata maledetta da un dio per la scelta di castità: è la tragedia alfieriana pre-razionale?
Nei miti dei primitivi il mondo è sempre opera divina segnata dall'incesto. Se all'origine c'è una coppia mitica - Adamo ed Eva ne sono l'esempio - i suoi figli devono commettere incesto per procreare. Dunque l'incesto è consentito dagli dei, vietarlo è l'atto arrogante degli uomini. Il primitivo nel concetto di divino rispecchia però ancora e sempre le forze del mondo naturale, e così il panteista come il politeista. Divino ed animale sono i poli opposti e inseparabili di una sola realtà: la natura. Con il tabù sull'incesto l'uomo introduce molto più che un terzo termine: tenta una nuova universalità dov'egli è il demiurgo: la cultura. La pratica dell'incesto, la foia selvaggia di Mirra insegna il fallimento di questo orgoglioso progetto. La paura della pratica dell'incesto è la segreta coscienza della fragilità del progetto culturale, tanto maggiore quanto più il divieto si fonda su una sorta di scorporo del dato naturale dal quale l'uomo sorge e la sua fisicità rimanda: l'eros. Culture repressive sono quelle che si illudono di oscurare il sesso per occultare la natura. Da qui la necessità di accrescere sempre più l'area dell'interdetto: estenderlo a tutto quanto ricorda la natura; isolare l'uomo dal suo corpo e poi magari chiuderlo nella città, consegnato tutto al moto della macchina sociale: è il progetto cristiano: il convento. È il quartiere ghetto e la fabbrica. E allora la natura riesplode, dalla forza tremenda della bestia catturata e rinchiusa, e appunto per questo fatta più selvaggia. È quanto Vittorio Alfieri ci insegna nelle pagine mirabili della Mirra.