Rivista Anarchica Online
Riprendere l'iniziativa
di Camillo Levi
Tempi difficili, i nostri. Vi è una crisi generalizzata della società ed in particolare di quei
movimenti, gruppi, settori sociali che negli ultimi decenni hanno portato avanti, bene o male, una
pratica di opposizione e di rifiuto dell'esistente. Le grandi manifestazioni contro l'imperialismo o
la repressione, gli scioperi selvaggi, le surriscaldate assemblee studentesche, la diffusione a
tappeto di volantini e della stampa di contestazione non sono ormai che ricordi di un passato
nemmeno tanto lontano: eppure a noi pare distante anni-luce. Allora, nel generale fermentare
della conflittualità politica e sociale, il nostro movimento riprese quota, aumentarono le simpatie
ma soprattutto si estese l'impegno militante. Rispetto al periodo pre-'68, i primi anni '70 furono
anni di crescita, di vivace dibattito, di intensa attività: i dati di vendita della stampa anarchica,
delle nuove testate, delle sedi aperte un po' dovunque, non erano che i sintomi di questo relativo
attivismo. Errori, carenze, ingenuità non mancarono, anzi. Ma il quadro d'insieme aveva anche
luci, non solo ombre. Negli ultimi anni, con qualche ritardo rispetto alla crisi dei valori e dei movimenti
"sovversivi",
anche il movimento anarchico si è progressivamente ridotto: ancora una volta sono gli elementi
sopra citati a fungere da sintomi. Basta far riferimento - ma non è che uno degli indicatori
possibili - alla situazione della pubblicistica anarchica: rispetto a qualche anno fa si è ridotto di
un buon 40% il numero complessivo delle copie vendute, alcune testate sono scomparse, altre si
barcamenano in pessime acque. E non si tratta tanto dei soliti problemi economici (anch'essi in
qualche misura legati allo stato di salute del movimento), quanto di una crisi che investe
l'insieme del movimento e richiede un profondo riesame del suo ruolo, dei suoi strumenti, ecc.. Il
nostro peso, anche in quanto movimento che riesca a fare opinione nella società, è
drasticamente
ridotto. Di questa crisi bisogna prendere atto. Noi non siamo di quelli abituati a piangersi addosso, magari per
cercare un alibi "oggettivo" al
proprio disimpegno tutto "soggettivo". In questi anni, mentre la crisi montava, abbiamo spesso
richiamato i compagni all'impegno militante, allo "spirito" militante. Abbiamo sottolineato la
permanente validità dell'impegno individuale, liberamente preso in accordo con gli altri, ma
anche seriamente portato avanti a dispetto delle difficoltà esterne, delle crisi interne, delle fughe
all'indietro. Siamo sempre stati dell'opinione che l'impegno dei singoli, e conseguentemente
quello del movimento anarchico nel suo insieme, possa e debba applicarsi a numerosi e diversi
aspetti e campi della vita sociale, rispettando ed anzi esaltando il pluralismo degli interessi e
delle tendenze. Pur non definendoci "anarcosindacalisti", per esempio, abbiamo seguito con
entusiasmo e partecipazione la ripresa della C.N.T. spagnola a metà degli anni '70 e, subito dopo,
il tentativo operato da un settore del movimento, qui in Italia, di dar vita ad una presenza
libertaria organizzata nel movimento sindacale. Il sostanziale fallimento di questi due progetti,
soprattutto per le carenze d'analisi e per gli strascichi polemici che l'hanno caratterizzato, pesa
ora negativamente su tutto l'anarchismo. Il dibattito in proposito deve svilupparsi ben più
diffusamente di quanto sia avvenuto finora, perché almeno dall'esperienza si possano trarre
insegnamenti: c'è tutta una mitologia classista da criticare, con i suoi equivoci e la sua vuota
ripetitività. Alla crisi d'identità, di militanza e di attività non si può rispondere
a base di slogan. È
indispensabile innanzitutto un impegno di studio, di analisi, di approfondimento culturale: non
quella "cultura" che sta nel regno dei cieli, ad uso e consumo dei professionisti prezzolati, ma
quella cultura che storicamente ha fatto parte della migliore tradizione dell'anarchismo. In questa
direzione ci siamo mossi e ci stiamo muovendo da oltre un decennio, su un'"fronte" diversificato
di iniziative, in sé autonome ma strettamente collaboranti, quali il Centro Studi Libertari
"Pinelli", le Edizioni Antistato, i seminari ed i convegni di studio, la redazione di
Volontà (e, in
passato, di Interrogations). È questa una delle direttrici di marcia sulle quali, contrastando
l'asfissiante conformismo della cultura statale e delle pratiche autoritarie, il movimento anarchico
dovrebbe, a nostro avviso, intensificare il suo impegno. Una, dicevamo, ma non l'unica né la
principale. C'è tutto un lavoro di contatti, di coordinamento, di vita interna di movimento da sviluppare,
per
stringere le maglie di una comunità troppo sfilacciata qual è oggi la nostra. C'è la tematica
antimilitarista da agitare, inserendoci con il nostro discorso e le nostre lotte nel più generale ed
equivoco risveglio per le questioni della pace, del disarmo, ecc.(con Senzapatria quale strumento
e stimolo, l'antimilitarismo anarchico sta riprendendo quota). C'è la realtà sociale, quotidiana,
dell'inflazione, del costo della vita, delle pensioni, dei licenziamenti, sulla quale bisogna trovare
tempi e modi di intervento, perché comunque causa di insoddisfazione, di malcontento, di
scollatura tra società e Stato. C'è la repressione strisciante da denunciare e da combattere, senza
cedimenti alla furbesca
strategia lottarmatista né al clima di rassegnazione e di svacco che anche in questo campo è
subentrato al superattivismo pasticcione di qualche anno fa. Vicende umane e politiche come
quelle di Sergio Cattaneo (detenuto nel carcere militare di Peschiera, per scontare un anno per
rifiuto del servizio militare e "civile") e di Monica Giorgi (condannata senza prove a oltre 10
anni e rinchiusa nello "speciale" di Messina) non possono esser lasciate cadere nel dimenticatoio.
C'è anche - e sempre - il problema dei giornali e dei libri anarchici da diffondere, nel tentativo di
evitare lo strangolamento che il progressivo chiudersi della distribuzione commerciale provoca. Di cose da fare,
da pensare, da studiare ce n'è a iosa. A dispetto di tutto, bisogna riprendere, e
subito, l'iniziativa. Ancora una volta, è innanzitutto una scelta di volontà.
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