Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 95
ottobre 1981


Rivista Anarchica Online

Riprendere l'iniziativa
di Camillo Levi

Tempi difficili, i nostri. Vi è una crisi generalizzata della società ed in particolare di quei movimenti, gruppi, settori sociali che negli ultimi decenni hanno portato avanti, bene o male, una pratica di opposizione e di rifiuto dell'esistente. Le grandi manifestazioni contro l'imperialismo o la repressione, gli scioperi selvaggi, le surriscaldate assemblee studentesche, la diffusione a tappeto di volantini e della stampa di contestazione non sono ormai che ricordi di un passato nemmeno tanto lontano: eppure a noi pare distante anni-luce. Allora, nel generale fermentare della conflittualità politica e sociale, il nostro movimento riprese quota, aumentarono le simpatie ma soprattutto si estese l'impegno militante. Rispetto al periodo pre-'68, i primi anni '70 furono anni di crescita, di vivace dibattito, di intensa attività: i dati di vendita della stampa anarchica, delle nuove testate, delle sedi aperte un po' dovunque, non erano che i sintomi di questo relativo attivismo. Errori, carenze, ingenuità non mancarono, anzi. Ma il quadro d'insieme aveva anche luci, non solo ombre.
Negli ultimi anni, con qualche ritardo rispetto alla crisi dei valori e dei movimenti "sovversivi", anche il movimento anarchico si è progressivamente ridotto: ancora una volta sono gli elementi sopra citati a fungere da sintomi. Basta far riferimento - ma non è che uno degli indicatori possibili - alla situazione della pubblicistica anarchica: rispetto a qualche anno fa si è ridotto di un buon 40% il numero complessivo delle copie vendute, alcune testate sono scomparse, altre si barcamenano in pessime acque. E non si tratta tanto dei soliti problemi economici (anch'essi in qualche misura legati allo stato di salute del movimento), quanto di una crisi che investe l'insieme del movimento e richiede un profondo riesame del suo ruolo, dei suoi strumenti, ecc.. Il nostro peso, anche in quanto movimento che riesca a fare opinione nella società, è drasticamente ridotto. Di questa crisi bisogna prendere atto.
Noi non siamo di quelli abituati a piangersi addosso, magari per cercare un alibi "oggettivo" al proprio disimpegno tutto "soggettivo". In questi anni, mentre la crisi montava, abbiamo spesso richiamato i compagni all'impegno militante, allo "spirito" militante. Abbiamo sottolineato la permanente validità dell'impegno individuale, liberamente preso in accordo con gli altri, ma anche seriamente portato avanti a dispetto delle difficoltà esterne, delle crisi interne, delle fughe all'indietro. Siamo sempre stati dell'opinione che l'impegno dei singoli, e conseguentemente quello del movimento anarchico nel suo insieme, possa e debba applicarsi a numerosi e diversi aspetti e campi della vita sociale, rispettando ed anzi esaltando il pluralismo degli interessi e delle tendenze. Pur non definendoci "anarcosindacalisti", per esempio, abbiamo seguito con entusiasmo e partecipazione la ripresa della C.N.T. spagnola a metà degli anni '70 e, subito dopo, il tentativo operato da un settore del movimento, qui in Italia, di dar vita ad una presenza libertaria organizzata nel movimento sindacale. Il sostanziale fallimento di questi due progetti, soprattutto per le carenze d'analisi e per gli strascichi polemici che l'hanno caratterizzato, pesa ora negativamente su tutto l'anarchismo. Il dibattito in proposito deve svilupparsi ben più diffusamente di quanto sia avvenuto finora, perché almeno dall'esperienza si possano trarre insegnamenti: c'è tutta una mitologia classista da criticare, con i suoi equivoci e la sua vuota ripetitività.
Alla crisi d'identità, di militanza e di attività non si può rispondere a base di slogan. È indispensabile innanzitutto un impegno di studio, di analisi, di approfondimento culturale: non quella "cultura" che sta nel regno dei cieli, ad uso e consumo dei professionisti prezzolati, ma quella cultura che storicamente ha fatto parte della migliore tradizione dell'anarchismo. In questa direzione ci siamo mossi e ci stiamo muovendo da oltre un decennio, su un'"fronte" diversificato di iniziative, in sé autonome ma strettamente collaboranti, quali il Centro Studi Libertari "Pinelli", le Edizioni Antistato, i seminari ed i convegni di studio, la redazione di Volontà (e, in passato, di Interrogations). È questa una delle direttrici di marcia sulle quali, contrastando l'asfissiante conformismo della cultura statale e delle pratiche autoritarie, il movimento anarchico dovrebbe, a nostro avviso, intensificare il suo impegno. Una, dicevamo, ma non l'unica né la principale.
C'è tutto un lavoro di contatti, di coordinamento, di vita interna di movimento da sviluppare, per stringere le maglie di una comunità troppo sfilacciata qual è oggi la nostra. C'è la tematica antimilitarista da agitare, inserendoci con il nostro discorso e le nostre lotte nel più generale ed equivoco risveglio per le questioni della pace, del disarmo, ecc.(con Senzapatria quale strumento e stimolo, l'antimilitarismo anarchico sta riprendendo quota). C'è la realtà sociale, quotidiana, dell'inflazione, del costo della vita, delle pensioni, dei licenziamenti, sulla quale bisogna trovare tempi e modi di intervento, perché comunque causa di insoddisfazione, di malcontento, di scollatura tra società e Stato.
C'è la repressione strisciante da denunciare e da combattere, senza cedimenti alla furbesca strategia lottarmatista né al clima di rassegnazione e di svacco che anche in questo campo è subentrato al superattivismo pasticcione di qualche anno fa. Vicende umane e politiche come quelle di Sergio Cattaneo (detenuto nel carcere militare di Peschiera, per scontare un anno per rifiuto del servizio militare e "civile") e di Monica Giorgi (condannata senza prove a oltre 10 anni e rinchiusa nello "speciale" di Messina) non possono esser lasciate cadere nel dimenticatoio. C'è anche - e sempre - il problema dei giornali e dei libri anarchici da diffondere, nel tentativo di evitare lo strangolamento che il progressivo chiudersi della distribuzione commerciale provoca.
Di cose da fare, da pensare, da studiare ce n'è a iosa. A dispetto di tutto, bisogna riprendere, e subito, l'iniziativa. Ancora una volta, è innanzitutto una scelta di volontà.