Rivista Anarchica Online
L'ora N...
di Maria Teresa Romiti
È bastato un comunicato di poche righe per scuotere tutti dalle pacifiche occupazioni della
vacanza, la notizia che gli americani hanno deciso di dar avvio alla produzione della bomba N ci
ha fatto ripiombare nel clima degli anni sessanta: la grande paura è tornata, la guerra nucleare,
sempre possibile, è sembrata d'un tratto vicinissima. È vero che Americani e Russi non hanno
mai smesso di armarsi in questi anni, ma l'opinione pubblica mondiale sembrava essersene
dimenticata e lo spettro della guerra nucleare restava un'ipotesi lontana, forse impossibile, da
dimenticare. Il comunicato americano ci ha strappato dai dolci sogni per riportarci bruscamente
alla realtà di un pianeta sempre sull'orlo della distruzione completa. Ma che cosa è questo
ordigno che ci ha tanto spaventato, "la bomba pulita", come amano chiamarla con gentile
eufemismo i tecnici americani? La bomba N è la terza generazione delle bombe nucleari, dopo la bomba
A (bomba a fissione che
utilizza come materiali uranio e plutonio), la bomba H (bomba a fusione ad idrogeno, ma che
necessita come detonatore di una bomba A), la bomba N è una bomba a fusione a basso
potenziale che utilizzando particolari accorgimenti esplode anche con un detonatore nucleare
molto piccolo. Il principale flusso delle sue radiazioni è costituito da neutroni veloci che si
dileguano in poco tempo, uccidono gli esseri viventi, ma non producono materiale radioattivo.
Bomba pulita, allora? No di certo ma la bomba N, utilizzata ad una certa distanza, può dare un
buon margine di sicurezza, almeno per quanto riguarda l'inquinamento radioattivo. Insomma la
bomba giusta da usare in Europa senza il rischio di sporcare troppo l'America. La bomba "pulita"
emette infatti circa 18.000 rad(il rad è l'unità di misura delle radiazioni) in un raggio di circa 850
metri, le radiazioni diminuiscono progressivamente nel raggio di alcuni chilometri. Tenendo
presente che l'esposizione, anche per poco tempo, a 3.000 rad uccide un uomo in pochi giorni e
che bastano poche centinaia di rad per danneggiare irreversibilmente parte delle cellule
dell'organismo, specie quelle germinali, si può capire che la bomba "pulita" è un ordigno
distruttivo notevole. In compenso la bomba N ha il pregio di rendere l'area rioccupabile in poco
tempo, evitando grossi danneggiamenti alle strutture fisse. Una bomba che lascia il deserto, o
meglio la scena (cara agli scrittori di fantascienza) di una città intatta, ma completamente vuota,
disseminata di cadaveri, paralizzati al momento dello scoppio. Del resto chi, come Americani e
Russi, ha un arsenale nucleare della potenza di circa 5.000 megatoni in grado di distruggere il
mondo intero; chi ha messo in conto, in una possibile guerra nucleare, la morte di più del 50%
della popolazione mondiale non può non considerare la bomba N una bomba sicura, pulita, di
possibile impiego nelle aree densamente popolate dell'Europa. Che cosa sono alcuni milioni di
morti di fronte ai miliardi preventivati in una guerra nucleare? Quello che stupisce è la reazione
improvvisa dei mass-media: tutti si sono resi conto del pericolo
di una guerra. E in tutti questi anni, quando gli armamenti più folli sono sempre passati sotto
silenzio? Come se nessuno sapesse degli ordigni micidiali che si andavano accumulando sotto il
suolo di tutto il mondo. Forse perché le bombe nucleari sembravano inusabili, una specie di
gioco per tecnici e industrie? Mentre la bomba N sembra molto più reale, con la sua possibile
utilizzazione, magari vicino a casa? L'Europa, futuro probabile teatro di guerra, si sveglia
spaventata gridando aiuto? Ma in effetti anche le proteste, le dissertazioni sulla barbarie
sembrano scontate, tutti sanno che gli Americani non hanno altra scelta, che non possono tornare
sulle loro decisioni, come tutti sapevano che la costruzione della bomba si sarebbe fatta.
L'equilibrio da mantenere rispetto alla Russia, la ricerca della supremazia, il prestigio della
grande potenza, la necessità di difendere l'impero e più forte ancora la forza delle spese militari
nell'economia americana non permettono altra scelta. Le forze armate sono un settore trainante in
grado di spingere l'economia, in cui giocano interessi sempre più cospicui, legate all'apparato
tecnoburocratico di cui sono parte integrante e spesso predominante, condizionano e sono
condizionate, e non hanno altra scelta che produrre armi sempre "migliori", sempre più
distruttive, sempre superate per un mercato che non è mai in crisi. Il sistema riduce sempre più la
possibilità delle decisioni, costringe i protagonisti a giocare mosse fisse, su una strada già segnata
senza possibilità di ritorno. A questo punto sarebbe facile, anche scontato, fare le solite considerazioni
sul sistema, sulla
necessità di cambiamento radicale ecc., ma tutto ciò suona vuoto, inutile. Di fronte alle
prospettive di una guerra nucleare, seppure localizzata, come sembrano lontani i piccoli problemi
della quotidianità! Ma come sembra lontana tutta la nostra attività che si affanna dietro questioni
distanti milioni di anni luce: noi discutiamo di cambiamento, di rivoluzione, di uomini che
prendano in mano le proprie vite, decidendo autonomamente, autogestendosi, cerchiamo una
società che è completamente "altro" da questa. Il nostro discorso, diverso, estraneo non avrà
nemmeno il tempo di tradursi in "gramigna sovversiva", sarà troncato sulle nostre labbra dalla
forza da leviatano di un potere troppo grande, troppo tecnico per essere ancora umano, un potere
per cui la vita è solo un codice da inserire in un computer. Il potere, una delle forme in cui si può
strutturare la società, è la forma della semplicità e
dell'efficienza, accettarlo vuol dire non decidere, non affrontare i problemi. Ma la
semplificazione, come ci insegna l'ecologia, è pericolosa; di fronte al cambiamento,
all'imprevisto è impotente, condannata all'estinzione. Forse ora siamo proprio alla fine, un ciclo
si sta chiudendo, le scelte sono diventate la scelta: di che morte morire, fame, inquinamento,
distruzione.... Certo la terra non morirà, si ricreeranno nuovi equilibri, "... e dai boschi e dal mare
ritorna la vita e ancora la terra sarà popolata... ma noi non ci saremo".
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