Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 94
estate 1981


Rivista Anarchica Online

Mille volte signorNò
di Paolo Finzi

Mentre in tutto il mondo si ricordava con orrore la duplice strage atomica di Hiroshima e Nagasaki nel 36° anniversario. Mentre proprio in Giappone era riunita una conferenza internazionale contro le bombe A e H, da cui partiva un appello internazionale per il disarmo. Mentre le TV trasmettevano ancora una volta l'immagine del fungo anatomico e quelle strazianti dei corpi mutilati, arsi, deformati dalle radiazioni. Mentre un rinnovato "mai più!" sorgeva spontaneo in tutti gli esseri umani degni di questo nome, al di là di qualsiasi distinzione, il presidente Reagan ha annunciato la decisione della sua amministrazione di arrivare in tempi brevissimi all'istallazione operativa della bomba N.
Una nuova arma micidiale, che "rispetta" l'ambiente morto e vi assimila quello vivo (come chiarisce l'articolo che segue). Un "gioiello" in più negli arsenali delle superpotenze, che va ad aggiungersi alla miriade di strumenti di morte che una scienza asservita al potere crea instancabilmente, con perversa lucidità (alcuni degli ultimi ritrovati di questa tecnologia di guerra sono analizzati nell'articolo di Dessy a pag.7).
Qualche giorno prima, battendo gli altri governi NATO sul tempo, quello italiano ha comunicato di aver deciso la dislocazione degli euromissili a Comiso. Anche gli euromissili - è stato ripetuto alla noia - così come la bomba N sono armi puramente difensive, servono come deterrente di fronte all'espansionismo sovietico, come merce di contrattazione nelle ormai eterne trattative Est/Ovest sul disarmo bilanciato, controllato, ecc.. Per evitare incomprensioni e scomposte reazioni da parte di qualcuno, l'annuncio della scelta di Comiso (come quello della bomba N, d'altra parte) è stato dato nel bel mezzo d'agosto, con le città vuote e le spiagge piene. Non sono mancate (e come potevano! siamo o non siamo in democrazia?) le solite proteste formali, con le solite richieste di precisazioni, le solite recriminazioni perché le autorità locali non erano state preventivamente consultate, il solito strumentale gioco politico tra chi sta al governo e vuol far l'americano, e chi simula un'opposizione durissima a suon di interrogazioni parlamentari. Del tutto inutili, come sempre.
Il problema è ben altro e molti, seppur confusamente, lo avvertono. Solo che i più, non vedendo alcuna concreta possibilità di influenzare decisioni di questa portata, che effettivamente passano ben al di sopra delle nostre teste, finiscono presto per lasciarsi dominare dallo scetticismo, dal tran-tran quotidiano, dal "chi-se-ne-frega". Questa è a mio avviso la realtà più drammatica, il rischio più grande. Finché i governanti, i generali, gli Stati continueranno ad agire sostanzialmente indisturbati, a riempire gli arsenali, a decretare guerre e false paci, a incrementare le spese militari nei modi più spudorati, finché i signori della guerra e del potere potranno contare sulla passività o peggio ancora sul consenso della gente disorientata, menefreghista e manipolata dai mass-media, tempi sempre più bui si addensano sulle nostre teste. Non si tratta nemmeno più di opporsi di volta in volta a questa o a quella decisione del potere - sia essa la bomba N o Comiso, le servitù militari o il ventilato servizio militare per le donne. È una battaglia ben più generale quella in cui dobbiamo impegnarci: si tratta innanzitutto di rendersi conto che finché la società (all'Ovest come all'Est) sarà organizzata con una struttura autoritaria, verticistica, piramidale, finché in altre parole ci saranno gli Stati, il destino di tutti noi comuni mortali sarà sempre in larga misura nelle mani di chi sta in alto, dei supremi apparati politico/militari, di chi in ultima istanza controlla la stanza dei bottoni. La storia dell'umanità è tutta qui a testimoniare di quali crimini, di quali sterminii si siano resi responsabili i potenti; nelle mani di quali folli sia stato e sia tuttora il destino di intere popolazioni; quando mai le armi siano servite - come ancor oggi vorrebbero farci credere - per garantire la pace, e non per preparare nuovi lutti. E poi dovrebbe esser sufficiente dar un'occhiata ai dati sulle spese militari: dati talmente enormi (si parla di migliaia di miliardi di dollari) che all'uomo della strada ormai non dicono più niente perché di dimensioni strabilianti.
Contro tutto ciò è doveroso ribellarsi. Bisogna smascherare lo schifoso gioco dei governi, che in nome di nobili ideali (pace, civile convivenza, diritti dei popoli) non fanno altro che incrementare gli armamenti, rafforzare gli eserciti, preparare nuove guerre. Bisogna gridare che la pace oggi è una menzogna, perché ovunque nel mondo gli Stati si apprestano alla guerra, perché in Medio Oriente come in Cambogia i governi mandano allo sbaraglio e al massacro gli sfruttati, gli oppressi, i fottuti di sempre. Bisogna denunciare l'ipocrisia di chi celebra l'anno dell'handicappato e al contempo rafforza gli eserciti, causa principale delle più orribili mutilazioni. È ora che alla straripante follia dei Gheddafi e dei Reagan, dei Begin e dei Breznev si opponga una vasta mobilitazione internazionale, in nome di quella vera pace che può esistere solo in un mondo finalmente liberato dalla schiavitù del potere, della delega, del menefreghismo. Questa grande mobilitazione, questa rivolta contro la legge della morte e della guerra, non può che essere innanzitutto una rivolta morale, che all'etica perversa del Potere opponga quella umana della convivenza, della solidarietà, del mutuo appoggio e del vero rispetto della libertà di tutti - individui e popoli. Non deve però restare una rivolta astrattamente morale, un auspicio, un'indicazione e basta: deve invece concretizzarsi in mille atti individuali e collettivi di rifiuto, di insubordinazione, di signornò opposti alla pratica dell'obbedienza su cui si basa qualsiasi potere (in primis, quello militare).
È questo dell'antimilitarismo un terreno - non certo l'unico - sul quale il movimento anarchico deve intensificare il suo impegno di analisi, di propaganda e di lotta, nel solco di una combattiva tradizione che annovera il gesto di Augusto Masetti, la Settimana Rossa, la sommossa di Ragusa e mille altre azioni individuali e collettive...