Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 93
giugno 1981 - luglio 1981


Rivista Anarchica Online

Cronache sovversive
a cura della Redazione

Processo Livorno e altri

L'11 maggio è iniziato a Livorno il processo contro presunti appartenenti ad Azione Rivoluzionaria, ritenuti responsabili - tra l'altro - del ferimento del dott. Mammoli (il medico del carcere di Pisa che rifiutò nel maggio '72 le cure necessarie all'anarchico Franco Serantini, morto poco dopo) e del tentato fallito rapimento del figlio dell'industriale livornese Neri. Nelle prime udienze è stata respinta la richiesta del compagno Gabriele Fuga, avvocato, di autodifendersi. Mentre scriviamo queste note, si è appena concluso l'interrogatorio della compagna Monica Giorgi che - confermando quanto dichiarato al giudice istruttore e quanto scritto nelle due lettere ai compagni pubblicate su "A" (n.85 e 87) - ha ribadito con forza la sua estraneità ad Azione Rivoluzionaria e a tutte le imputazioni mossele. Con altrettanta chiarezza Monica ha rivendicato la sua convinzione anarchica e la validità del suo impegno militante libertario, soprattutto in difesa dei detenuti politici. Già da questa prima fase del processo è emersa l'inconsistenza e al contempo l'importanza (per l'accusa) delle "rivelazioni" fatte dai collaboranti di turno. Enrico Paghera e Vincenzo Oliva, con il loro contributo di menzogne non certo disinteressate. Perfino la stampa locale (La Nazione, Il Tirreno), che segue con ampio risalto il processo anche per la notorietà a Livorno di Monica (attivissima militante fino al '78 ed ex-campionessa nazionale di tennis), ha finora dovuto sottolineare più volte la labilità del castello di accuse e la serena fermezza di Monica nel rispondere ai magistrati.
Un confronto con Paghera, per metterne in luce l'inattendibilità per ciò che concerne specificatamente Gabriele Fuga, era già stato chiesto in febbraio da Angelo Monaco, Vito Messana e Horst Fantazzini, in occasione di un processo alla Spezia. Ma la loro richiesta era stata respinta dalla corte.
Un altro processo contro Azione Rivoluzionaria si è svolto a Milano tra il 4 ed il 26 maggio. Gli imputati sono stati tutti condannati: Angelo Monaco a 10 anni, Sandro Meloni e Pasquale Valitutti a 9 anni ciascuno, Roberto Gemignani a 4 anni, Silvana Fava a 11 mesi.
Sempre in maggio si è aperto a Cosenza il processo contro presunti aderenti all'Autonomia calabrese, tra i quali Giancarlo Mattia, anarchico, procuratore legale. Anche in questo processo gioca un ruolo centrale il pentito-collaborante di turno.

Antimilitaristi

Per motivi procedurali (nella fattispecie, perché le autorità giudiziarie militari non avevano lasciato trascorrere i 5 giorni di rito tra la citazione e l'effettuazione del processo) è stato subito sospeso e rinviato il processo al compagno Sergio Cattaneo, arrestato il 16 aprile scorso perché renitente alla leva. Nonostante il processo fosse appunto comunicato solo il giorno prima, 25 compagni (in gran parte provenienti da Lecco, la città di Sergio) si sono ritrovati nell'aula del tribunale militare di Padova per testimoniare la loro solidarietà. Nel carcere militare di Peschiera del Garda si trovano ora con Sergio (in attesa che venga fissata la nuova data del processo) altri obiettori totali, tra i quali Aldo Ignazio Virzi (di Trapani) e Andrea Taddei (di Verona). Nel carcere militare di Forte Boccea, a Roma, è detenuto per lo stesso reato Ettore Sanità. A parte Sergio Cattaneo, che ha rifiutato il servizio militare rifiutandosi al contempo di far domanda per il servizio civile, gli altri sopra citati avevano tutti fatto domanda per il servizio civile, ma una volta vistasela respinta si sono rifiutati di indossare la divisa e hanno preferito pagare di persona la loro scelta antimilitarista.

Il pisello anarchico

Sul numero di maggio di Salve (il mensile della "salute" del Corriere della sera) un dotto servizio firmato da Bice Cairati presenta l'N.P.T.M., alias Nocturnal penis tumescence monitoring, ribattezzato prosaicamente in italiano "il penimetro". In poche parole, un apparecchio per verificare durante il sonno il funzionamento del pene. Un anello viene collocato alla base e uno al vertice dell'organo fannullone - si legge nel servizio -. Nell'interno dei cerchietti di gomma passa una colonna di mercurio e corrente elettrica. La corrente elettrica trasmette al "penimetro" l'entità e la durata del risveglio. L'erezione viene documentata dal pennino opportunamente sollecitato che traccia un inconfutabile diagramma. Mentre il giovanotto dorme il pennino riferisce al diagramma la notturna, autonoma e sostanzialmente inutile attività dell'anarchico "pisello".
Dunque, "l'organo fannulone" sarebbe un "anarchico pisello. Francamente, ci sembra un ragionamento del cazzo.

Zurigo

"Libertà e luce del sole per Giorgio Bellini": questa la scritta che i telespettatori svizzeri si sono visti all'improvviso sui loro teleschermi, mentre era in onda l'edizione principale del telegiornale (in tedesco) delle 7.30 di sera. La clamorosa irruzione negli studi televisivi zurighesi è stata realizzata da alcuni giovani del movimento di lotta dei giovani la sera del 3 maggio ed ha avuto un'eco eccezionale in tutta la Confederazione Elvetica. Tanto più che i giovani, spiritosamente mascherati, non hanno potuto essere né identificati né catturati dalle pur solerti forze dell'ordine zurighesi. Se la sono svignati in un battibaleno, eludendo i vari sistemi di sicurezza ultramoderni.
Giorgio Bellini è un militante dell'estrema sinistra, ticinese, attivo nelle lotte zurighesi dell'ultimo anno e responsabile dell'Eisbrecher ("Il rompighiaccio"), il principale foglio di lotta a Zurigo. Qualche mese fa è stato arrestato in Germania, dove è tuttora detenuto. In sua difesa è in atto una campagna, alla quale partecipano anche gli anarchici.

Israele

L'11 febbraio scorso il tribunale militare israeliano ha confermato in appello la condanna contro Gady Algazy. Insieme con altri 26 suoi compagni, Algazy si era rifiutato per motivi di coscienza di prestare qualsiasi servizio nei territori occupati: al momento del trasferimento in un campo della Cisgiordania, era stato imprigionato. Nonostante gli ampi dissensi espressi dall'opinione pubblica, dai giornali e dallo stesso presidente della corte suprema israeliana, Algazy è stato condannato ad un anno di carcere. Fin qui, francamente, niente di speciale: Algazy non è stato il primo ne sarà l'ultimo a finire dentro per il suo rifiuto di sottostare agli ordini dei signori della guerra.
Ciò che val la pena di essere sottolineata è la motivazione addotta dai giudici militari: in nessun caso motivi di coscienza possono consentire al cittadino di sottrarsi alla legge (così riporta Ha Keillah, il bimestrale ebraico torinese). Obbedendo a questa stessa logica, i criminali nazisti di ogni ordine e grado hanno sempre cercato di allontanare da sé qualsiasi responsabilità nel genocidio del popolo ebraico e delle altre vittime passate per il camino: "abbiamo solo eseguito ordini" hanno ripetuto al processo di Norimberga. Per i giudici militari israeliani, a quanto pare, avevano ragione.