Rivista Anarchica Online
Cari compagni della cooperativa editrice A
"A" festeggia i dieci anni di vita, Nico Berti ne celebra fasti ed innovazioni, la redazione apre,
profittando dell'occasione, un dibattito;ed è a questo punto che a noi - lettori di "A" da sempre,
da qualche tempo anche saltuari collaboratori e da molti anni ormai in "quasi sintonia" col
gruppo redazionale di "A" stessa - viene naturale porci una domanda: perché un dibattito
incentrato solo sulla "primogenita" ("A Rivista Anarchica", per l'appunto) e non anche
su tutta
la "famiglia", cioè su quanto fa capo alla "Coop. Editrice A", considerando che le varie
iniziative che partecipano o gravitano attorno ad essa sono "figlie" degli stessi genitori e
finiscono, volenti o nolenti, per influenzarsi e condizionarsi vicendevolmente? Da questo punto
di vista - e facendo un po' gli "avvocati del diavolo" - vogliamo partecipare al dibattito,
scusandoci fin da ora se non parleremo solo di "A" ma convinti che solo affrontando il problema
nella sua intierezza si potrà approdare a qualcosa di costruttivo. Premesso questo, il dato
che ci preme sottolineare è la crescente sfasatura fra il vostro gruppo
(o almeno la gran parte di esso) ed il resto del movimento anarchico. Questa sfasatura è
imputabile, a nostro parere, principalmente ad una sorta di "mentalità manageriale" forse da
voi stessi non avvertita come tale ed in parte giustificata dalla encomiabile volontà di far
funzionare le iniziative che mettete in piedi, ma portatrice anche della sottovalutazione pratica
di quel sistema, forse compiutamente indefinibile, di rapporti politico/umani che ha quasi
sempre contraddistinto il movimento anarchico e che gli ha permesso, in varie situazioni e
momenti storici, di agire con compattezza ed incisività. Una sfasatura ed una "mentalità
manageriale" che ci paiono particolarmente visibili tanto nella maniera di portare avanti le
vostre acquisizioni analitiche, teoriche ed ideologiche quanto nella conduzione delle vostre
iniziative sia editoriali ("A Rivista Anarchica", "Volontà", "Edizioni Antistato") che di ricerca
e
di dibattito (Centro Studi Libertari "Pinelli", seminari). Per spiegarci meglio notiamo che se
è vero che le vostre proposte
analitiche/teoriche/ideologiche (alcune, sopratutto recenti, in parte discutibili ma in genere
molto valide e fra queste, come sottolinea Berti, vanno ricordate sia l'analisi della nuova classe
tecnoburocratica e della sua ascesa al potere, sia la ricerca che l'applicazione di un metodo
multidimensionale di lettura della realtà, sia infine lo sforzo di attualizzazione e
puntualizzazione del patrimonio ideologico dell'anarchismo) hanno contribuito non poco ad una
chiarificazione del movimento anarchico, italiano e non, è altrettanto vero che molte di esse, per
la maniera con cui, soprattutto recentemente, sono state proposte, spesso e non sempre
ingiustificatamente sono state avvertite da molti compagni come "calate dall'alto". Vari
compagni cioè le hanno avvertite come concezioni che, al di là del loro valore intrinseco, pur
essendo frutto della riflessione di anarchici erano maturate al di fuori della vita del movimento
anarchico stesso. Questo fatto, a parere di molti compagni, ha frequentemente impedito che le
vostre riflessioni venissero comprese appieno, quando non sono state addirittura rifiutate,
aprioristicamente ed erroneamente, come "pisciate teoriche" di individui completamente staccati
dalla realtà quotidiana. A rafforzare ulteriormente l'impressione di un certo distacco fra voi - o
alcuni di voi - ed il movimento si è aggiunta anche la spiacevole sensazione - a noi non
completamente estranea - che il vostro crescente interesse per alcuni intellettuali (Pellicani e
Prandstraller, solo per citarne due) - senza dubbio interessanti e stimolanti ma ben lontani, per
sensibilità e posizioni teorico-politiche, da una visione libertaria della vita e della società - sia
andato a scapito della comprensione di quanto avviene fra il resto degli anarchici con la
conseguenza di non aver capito a volte gli atteggiamenti e le idee di alcuni gruppi o
compagni. Questo complesso di cose si è notevolmente ripercosso sulle iniziative editoriali
in cui
frequentemente, in special modo negli ultimi tempi (ad es. alcuni recenti articoli su "Volontà"),
avete proposto le vostre acquisizioni e le vostre indicazioni senza preoccuparvi eccessivamente
di suscitare attorno ad esse quel franco ed approfondito dibattito che permettesse di allargarle,
o perlomeno farle valutare serenamente, a tutto il movimento anarchico. Sempre da queste cose
è anche dipeso, a nostro giudizio, il non aver capito quale era il momento più propizio per
avviare quei confronti o quelle polemiche che avrebbero potuto influire profondamente sulla vita
recente del movimento anarchico (un esempio per tutti: il problema della lotta armata ed il
dibattito attorno ad esso). Rileviamo inoltre che molti compagni non si sono sentiti e non si
sentono - pur avendo valide idee da esporre e la voglia di farlo - di collaborare ad "A" o
"Volontà" perché, non essendo stati sollecitati o interessati nella maniera giusta - hanno spesso
l'impressione che i loro contributi non siano ben accetti e vengano valutati con una certa
"sufficienza". Intendiamoci, non stiamo certo dicendo che "A" o "Volontà" debbano diventare
dei bollettini interni, notiamo soltanto che, a nostro modo di vedere, non troppi sforzi sono stati
fatti da voi, ma certamente anche da chi desidera collaborare, per trovare un'intesa tramite cui
avviare un maggior numero di collaborazioni alle vostre riviste. Un'intesa che comprenda tanto
i contenuti delle collaborazioni stesse (argomenti, metodo di trattazione, linguaggio) quanto la
maniera di proporli ai lettori (eventuali tagli, vostre risposte o spazio dato ad eventuali risposte
ecc.). Conseguenza del complesso di cose che abbiamo sin qui cercato di evidenziare (e
nonostante la qualità di quanto avete in genere pubblicato sia stata, e sia, buona) è stato un calo
dell'incisività che le vostre pubblicazioni avevano fino a qualche tempo fa sia all'interno del
movimento anarchico specifico sia presso i "lettori comuni". Fin qui il nostro "cahier de doleance",
ma la penna (anzi la macchina da scrivere) ci ha preso la
mano e nella mente si accavallano le "terapie" da proporre per cui, nella nostra megalomania,
ne arrischiamo qualcuna. Da tutto quello che abbiamo fino ad ora detto appare chiaro,
speriamo, che crediamo necessario - tanto da parte vostra che dei militanti, e non son pochi,
interessati alle iniziative della "Editrice A" - ristabilire una sorta di "cordone ombelicale" col
movimento, o comunque con quel che ne rimane. Un "cordone ombelicale" che permetta ai
compagni di far sentire realmente e continuativamente la loro voce con contributi o critiche su
quello che proponete; un tipo di collegamento, insomma, operante per far sì che le riviste, i
seminari, i convegni diventino realmente "palestre di idee" per la comune ricerca e la comune
crescita e che faccia sentire la vostra editrice, il Centro Studi ecc. come "interlocutori interni", e
quindi come parti integranti, del movimento anarchico e libertario sconfiggendo la tendenza,
sempre più presente, a considerarli istituzioni sempre più estranee al movimento
stesso. Non si tratta a nostro avviso di autonegarvi come gruppo ideatore/editore/propulsore di
molte,
validissime, iniziative ma più semplicemente (???) di aprirle e di aprirvi maggiormente (anche,
perché no?, con un pochino più di umiltà - parola che sa tanto di cattolico ma speriamo
capiate
lo stesso quel che vogliamo dire -) ai compagni, alle loro esigenze, alle loro idee, ai loro
suggerimenti pur mantenendo inalterato l'indirizzo di massima, a nostro avviso positivo, dato
all'insieme delle vostre attività. Riguardo a queste, più specificamente, ci pare che proprio
"A
Rivista Anarchica" sia diventata un po' la cenerentola della editrice. Spesso - soprattutto per la
sempre più saltuaria presenza delle "firme" del vostro gruppo - essa ha registrato delle cadute di
tono contribuendo notevolmente a quel calo di incisività di cui abbiamo già detto in precedenza.
Noi crediamo che sia profondamente sbagliato pensare che essa abbia esaurito la sua funzione e
se alcuni di voi pensano - come è nostra impressione - di disimpegnarsi da essa non sarebbe
certo sbagliato preoccuparsi anche di predisporre le cose affinché altri compagni - pensiamo
che ci siano - prendano il vostro posto o almeno ci provino. Sempre riguardo ad "A" pensiamo
che, data la non certo rosea situazione generale in cui siamo costretti ad agire, non sarebbe
male sottolineare e potenziare l'aspetto di "opinione" (importantissimo checché qualcuno ne
dica) con più "fondi" sui temi di attualità, e reintrodurre stabilmente anche articoli, non
eccessivamente lunghi, di riflessione teorica. Per quanto concerne "Volontà" ed il Centro Studi
"Pinelli" - e soprattutto i seminari ed i convegni da esso promossi - riteniamo ottima l'idea di
farne degli ambiti, collegati fra di loro, specificamente dedicati alla riflessione ed alla ricerca
teorico-ideologica ma riteniamo anche - proprio per poter realizzare pienamente questa idea -
necessario stimolare un maggior numero di contributi da parte dei compagni interessati a
questo lavoro di elaborazione teorico-ideologica; non contentandosi quindi di seguire -
soprattutto per quanto riguarda "Volontà" - la "linea" redazionale o di pubblicare i testi dei
relatori ai seminari. A chiusura di questa nostra lunga e incasinata lettera/sfogo vogliamo chiarire,
se ancora ce ne
fosse bisogno, che al di là di tutto le nostre sono critiche fraterne, tese ad un miglioramento di
iniziative che riteniamo essenziali nell'attuale panorama anarchico e che, nonostante tutte le
critiche, sentiamo ancora come "nostre" ma vogliamo anche ribadire che se un mutamento non
si produrrà tanto al loro interno quanto nei loro rapporti col movimento esse diverranno sempre
più momenti, certo stimolanti, ma distanti e divergenti dalla generalità degli anarchici e dei
libertari. Noi crediamo che questa ipotesi sia da evitare perché estremamente negativa per tutti;
e voi? Fraternamente
Rosanna Ambrogetti e Franco Melandri (Forlì)
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