Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 89
febbraio 1981


Rivista Anarchica Online

L'ago in testa
di Gabriele R.

Ma perché si dà tanta importanza al problema dell'eroina? Non ci sono forse problemi ben più importanti, più pressanti, più generali da affrontare? In fondo chi sceglie di bucarsi o impillolarsi lo fa bene o male di sua scelta. Non si può certo dire che ormai non vi sia informazione sui pericoli e i danni delle droghe pesanti. Così come non si può dire che chi passa alle droghe pesanti sia un bambino, un incosciente, uno non consapevole. Allora dovrebbe essere ben più grave la droga "educazione" che viene realmente propinata quotidianamente ai bambini ben più incoscenti ed indifesi. Perché allora tanto parlare di eroina ed affini, di morti per droga, di tutta la fenomenologia sociale e culturale che la droga ha intorno? Forse perché i drogati o la maggior parte di essi sono ex-compagni, gente che fino a ieri lottava "gomito a gomito" con noi. Soprattutto compagni deboli psicologicamente che non hanno retto al tremendo peso di tutti i ricatti, brutture e violenze che la società ci fa quotidianamente. Non credo molto in questa versione.
Violenze, brutture, ecc. la società, il sistema ne ha sempre fatte quotidianamente, praticamente da sempre e se è vero che da sempre ogni società ha avuto la sua droga più o meno ufficializzata e i suoi drogati è anche vero che da sempre essi sono stati un numero ristretto. Magari perché la massa aveva altre droghe più sottili, formalmente meno distruttive e micidiali di quelle più dirette e manifeste, spesso genericamente messe al bando. Ma allora mi chiedo che differenza ci sia tra un drogato di televisione, di calcio, di sigarette o di consumismo, e un drogato di eroina. Forse solamente il modo di vivere la propria morte, soprattutto psichica oltre che fisica.
Perché allora il movimento si interessa tanto della droga e dei drogati? Secondo me per due motivi uno personale e l'altro politico. Innanzitutto l'eroina è una cosa troppo violenta, troppo evidente, troppo traumatizzante, troppo coinvolgente emotivamente per passare inosservata. Ormai ognuno di noi ha o ha avuto, un amico, un compagno o un conoscente "caduto" nelle sue grinfie. Nessuno può restare inerte di fronte allo scempio dell'eroina. E se per un amico, un compagno o un conoscente che tossisce si dice: "fuma meno", per un eroinomane si vive con lui l'angoscia tangibile di vedere giorno per giorno il suo corpo morire sempre di più. L'altro motivo è politico e forse più opinabile. Ma a me sembra che tutta questa attenzione da parte del movimento rispetto al problema dell'eroina nasca un po' da una questione di coscienza sporca da una parte e di strumentalizzazione del sistema dall'altra.
E se da una parte il sistema ha creduto di uscirne una volta tanto con la coscienza pulita rispetto all'"opinione pubblica" additando la droga come un prodotto dei miti sessantotteschi, giovanili, frutto di una mostruosa utopia distruttiva che pretendeva di liberare la psiche dell'individuo attraverso il distacco onirico dalla realtà che aveva giudicato castrante, opprimente, dall'altra il movimento si è buttato capofitto nella controinformazione non solo perché il sistema strumentalizzava il problema droga dicendo: Vedete, adesso tocca a noi mettere a posto le cose, fare le leggi per aiutare questi poveri illusi, vedete a cosa hanno portato i sogni e la cosiddetta realtà alternativa dei "rivoluzionari"!, ma anche perché in effetti le droghe o meglio "il viaggio" hanno fatto realmente parte di un bagaglio di miti culturali del movimento stesso: miti che sarebbero stati di per sé positivi, se non fossero stati appunto mitizzati, cioè distorti, ingigantiti e minimizzati per quanto riguardava i rischi e le contropartite. E allora giù a controinformare: Non è vero! La droga è di stato, è il sistema che costringe i compagni più deboli a rifugiarsi nel tunnel senza ritorno dell'eroina per sfuggire alla sua "longa manus". Tutto ciò è funzionale al sistema stesso che oltre a essere invischiato nei giri di miliardi dei traffici, trova comodo che questi compagni si ritirino dalla lotta per pensare unicamente alla loro dose quotidiana.
Ma c'è un lato quasi del tutto sconosciuto della droga, che anzi in questo periodo di demonizzazione viene respinto quasi come impossibile: il piacere. Cosa ne sappiamo noi del piacere che può dare l'eroina. Noi conosciamo solamente i suoi aspetti drammatici, i suoi lati disumani. Quali giustificazioni sono ancora valide che impediscano di bucarsi? La rivoluzione? La propria emancipazione? La lotta per la propria libertà? I piccoli piaceri che ancora riusciamo a provare? Non sono domande retoriche, né servono per dire che in fondo sia giusto bucarsi o che sia l'ultima cosa che ci è rimasta da fare.
È importante però sapere esattamente chi siamo e cosa vogliamo, soprattutto a livello individuale. Se ci diciamo anarchici ecco che allora gli eroinomani sono importanti tanto quanto gli operai sfruttati e gli oppressi in genere o occorre (sospetto atroce) avere una giustificazione plausibile e circostanziata per ottenere la nostra solidarietà? Cosa vuol dire: "In fondo chi si buca lo fa di sua spontanea volontà"? forse che chi accetta il ricatto del lavoro non è "costretto" a farlo di sua spontanea volontà? Al massimo si può discutere l'analisi, ma sarebbe meglio chiamarla disperazione che spinge una persona a non vedere altra via che quella dell'eroina, ma credo che se si scivolasse sul piano di ciò che si "accetta" e di ciò che si rifiuta le note sarebbero più che dolenti. Certo l'eroina è un problema ingombrante, che rende meschini, così sgradevole con la situazione della dipendenza economica. Ma se l'eroina fosse come l'erba dei prati e nessuno chiedesse niente, nessuno rubasse autoradio o libri o scippasse le vecchiette non sarebbe un problema del tutto simile?
L'eroinomane è scomodo, l'eroinomane è un disadattato anche per i compagni, l'eroinomane è un problema che si può anche scavalcare come l'impotenza per chi impotente non è. L'eroinomane è un frutto del sistema o piuttosto è un frutto della pseudosocietà proposta o propugnata dal movimento? Ma poi che cosa ha da spartire l'eroinomane con la società, con la rivoluzione con la politica, con l'amore, con l'anarchia? Non gli interessa più niente se non trovare la dose o le dosi quotidiane, a qualsiasi costo e a qualsiasi prezzo. Cosa volete che freghi ad un eroinomane se sta rubando soldi ad un proletario o ad un ricco, se sta rubando oggetti di un compagno o di un fascista. Cosa volete che freghi ad un eroinomane del come e perché ha iniziato, del sapere se ha ancora una minima volontà di smettere, se ha ancora un minimo barlume di coscienza o no, chi glielo dice ad un eroinomane che sarebbe meglio per lui una overdose per togliere il peso del suo dolore da questo mondo già così carico di dolori e di violenza?
Ma l'eroinomane resta lì, incarcerato a piede libero a mostrarsi a chi non vorrebbe vederlo compiendo l'atto osceno della sua esistenza in luogo pubblico, mordendo involontariamente la coscienza di chi ancora gira dicendo di averne una. Perdonatelo perché lui non sa, non si rende conto di farlo, non si rende conto dello stridere della sua presenza in una realtà fatta di soluzioni e formule, per quanto oggi sia di moda il dubbio, forse perché il dubbio è comodo, è più umano, il dubbio permette di mettere le mani avanti prima di decidere, fino a che si passa la vita con le mani avanti e la testa ed il cuore irrimediabilmente indietro. Cosa volete che freghi ad un eroinomane dell'estetica anarchica o dell'etica anarchica, o della violenza fino a quando è rivoluzionaria o fino a quando è controproducente o peggio in umana. L'eroinomane è un po' come i personaggi del tutto negativi del film western di una volta dove il cattivo era cattivo fino in fondo e il buono era pure giusto e magari senza macchia e senza paura. L'eroinomane è il niente, è solo un ago, una vena e l'eterna morbosa voglia di infilare quell'ago in quella vena, così com'è automatico il respirare. Leroinomane sono i nostri cattivi pensieri, nebbie mattutine che è sempre più difficile diradare, forse è anche la nostra cattiva coscienza drogata da notti passate a pensare ai tarli della testa e che ci dicono stai sbagliando strada, ti sei messo con chi perde. Stai lottando con un drago con troppe teste, tu e la tua bella utopia incartata in parole umane, in gesti umani, in atroci contorcimenti dello stomaco, alla sera, quando qualcuno ci ha detto così per caso che l'anarchia è di là da venire, con la delusione negli occhi di chi aspetta un treno con la persona amata e si accorge di aver sbagliato stazione giorno città pianeta.
È forse meno disumana la nostra sete insoddisfatta di anarchia di quella di un eroinomane in Agosto che si lascia morire perché il suo spacciatore è in vacanza? Quanti corpi di anarchici morti per overdose di speranza raccoglieranno nei prati? Ma il nostro orgoglio infantile e meraviglioso morde le nostre mani che dicono no, con cinismo per ricordarci che non esiste niente altro da difendere con la vita che non sia la nostra dignità di esseri umani ogni giorno calpestata ogni giorno offesa ogni giorno drogata da gente che la dignità l'ha venduta in cambio di overdose di sicurezza, in cambio di overdose di potere, in cambio di overdose di supremazia, in cambio di overdose di puro e saporito nulla spacciato in bustine molto più dorate e ben confezionate di quelle ridicole appiccicaticce e mortali che mani neanche tanto furtive passano in mani febbrili e ormai morte da tempo. Che differenza c'è tra noi ed un eroinomane, che differenza c'è tra la sua sete eternamente insoddisfatta di eroina e la nostra sete eternamente insoddisfatta di libertà? Quale dei due è il mito positivo e quale è quello negativo? Qual è il mito distruttivo e qual è costruttivo? Chi dietro alle nostre spalle commisera la nostra illusione iniziale così come noi commiseriamo o peggio condanniamo la sua illusione di piacere iniziale che lo ha spinto a farsi il primo buco? E soprattutto chi sta alla sommità di questa piramide di illusioni, cioè chi illusioni non se ne è fatte o se se ne è fatte è riuscito a soddisfarle? Proprio noi che non diamo a nessuno il diritto di scagliare la prima pietra riconoscendo invece il diritto dell'imputato di scagliarla contro i giudici protervi, proprio noi ci arroghiamo il diritto di scocciarci o ironizzare o moralizzare girando per qualche locale-recinto se qualcuno dice che non gliene frega niente di tutto o non sa bene cosa sia l'anarchia, ma comunque è certamente una bella cosa tanto a lui cosa gliene viene in tasca?
Un giorno ci scopriranno in un cantuccio a farci un'overdose di speranze ed illusioni con un legaccio tenuto con i denti stretto attorno alla nostra coscienza. Per il momento continuiamo a farci le nostre belle overdose di seminari e convegni dei vorrei ma non posso, delle belle focalizzazioni dei problemi fino a che un giorno ci troveranno stecchiti per un'overdose di disillusione seduti ad un tavolo troppo borghese vantando i pregi della cucina spagnola piuttosto che di quella greca, ma purtroppo sarà troppo tardi, neanche una respirazione bocca a bocca di rabbia potrà rianimarci.

Una testimonianza

Questa testimonianza รจ tratta dal numero unico "Il canto prigioniero" a cura del collettivo Libera Espressione di Nichelino (TO)

In questi ultimi tempi la morte di centinaia di giovani hanno fatto in modo che si parlasse del "problema eroina" in tutti i modi possibili ed immaginabili; che ne parlassero tutti, dagli organi di potere e di informazione dei mass-media, alle massaie spaventate sui pianerottoli che annusano sospettose i pacchetti di sigarette del propri figlioli, facili prede degli spacciatori senza scrupoli che, come falchi, si appostano agli angoli delle scuole vendendo tavolette di cioccolato drogate.
Tutte queste sciocchezze dovute al tardivo ed ipocrita allarmismo del potere che continua a reprimere ed a creare una confusione totale al riguardo sono pericolosissime. È senz'altro raccapricciante il fatto che sei ragazzini di quattordici anni siano stati ricoverati al S. Camillo di Roma per intossicazione da eroina: ma non sarà certamente l'attuale comportamento degli organi preposti, ad annullare questa dilagante "ideologia del pessimismo auto-distruttivo".
Nota bene che chi sta parlando in questo momento è, purtroppo, un conoscitore diretto del "buco". Otto anni di vita con l'eroina, quando questa è stata per me l'amica intima nei momenti di disperata solitudine, mi ha portato per lunghi anni a piangere dietro le sbarre di un manicomio, oppure rantolante nel gabinetto di un bar, collassato col cuore in gola a chiedere aiuto; ho visto decimati i miei amici di vecchie illusioni con i quali non si scambiavano più lunghi discorsi di rivoluzione ma solo siringhe e buste.
Mi ha rubato (o le ho donato?) otto anni di vita, di speranza e di rabbia, ha mummificato e scheletrizzato la mia volontà di lottare, in cambio mi ha elargito la precarietà del vivere rubando, i momenti confusi ed ovattati che solo lei sa dare, la violenza di chi quotidianamente deve pensare al suo sostentamento a base di eroina (che è molto più cara del pane).
Lasciate parlare chi la conosce bene, chi ha vissuto e vive la propria giovinezza al suo fianco ed accetta le regole che lei impone. Che non vi basti, compagni, commiserare lo sbaglio e neppure ergervi a giudici: non commettete questo errore perché forse chi ha preso questa via ha avuto il coraggio di scegliere, anche se, forse, è stata una scelta sbagliata, il coraggio di non rimanere fermi aspettando che succeda qualcosa.
Sensazioni e momenti di vita confusi, ovattati quasi irreali alle volte e di colpo diventano duri, violentemente reali e difficili da vivere: la disperazione e la speranza diventano tutt'uno.
Avevo diciassette anni difficili da vivere, facili da spendere male. L'idealismo pulito fungeva da filtro tra la vita quotidiana con le sue meschinità e me, la paura di non riuscire, sentirsi ed essere diversi da chi ha sempre rincorso facili approdi: ed allora? Allora ti rimane il fatale tentativo, fallimento anche in questo, ma da questo una certezza: voglia di morire però con la paura della consapevolezza di morire; e vi è solo un altro modo per arrivare allo stesso risultato di un fallito tentativo di suicidio: EROINA!! E da allora fu "SOLO EROINA".
Anni spesi male, forse, si pensa sempre in certi momenti al falso "poter tornare indietro" nei rari momenti che l'eroina mi concede mi rendo conto di quante cose ho perduto, di quanto mi sia sconosciuta la vita, quella stessa vita che, stupidamente, mi son lasciato scorrere tra le mani. Questa "negazione del vivere" ha però anche un suo rovescio: la conoscenza di un "vivere" pieno (può sembrare una contraddizione), violento ma alle volte così incredibilmente dolce, umano... INTENSO.
Ma quali contraddittorie situazioni! Il desiderio di smettere, i rapporti sempre più tesi con la famiglia e i compagni, la stanchezza dello "sbattersi" l'abbruttimento morale e la fragilità psicologica; ma anche una strana incredibile voglia di vivere, di amare; di amare in un modo che molti di voi non conoscono e non potranno conoscere: amare raramente ma con una tale INTENSITÀ da poterla quasi toccare.
È un pensiero comune (per qualcuno) che fa parte di certe aree della sinistra COSIDDETTA "rivoluzionaria" sia un modo per essere al di fuori dei legami del potere, delle sue mode, delle sue costrizioni. Non è assolutamente vero; io come altri nel mio stato di eroinomani ci siamo sentiti esclusi proprio dal perbenismo di certi pseudo rivoluzionari, ottusi e limitati da cieco stalinismo così perfetti da sentirsi "imbarazzati" con chi si era permesso di essere così umano così poco rivoluzionario da poter sbagliare, additato dal bravo borghese e dall'intransigente rivoluzionario: finalmente insieme! Lo stesso rivoluzionario che in preda a "crisi di riflusso" (io ho quelle d'astinenza un po' più immediate!) scopre i figli dei fiori e, mano nella mano, sorride felice friketando qua e là.
Probabilmente anche io sono dentro il cerchio perché fare eroina significa incrementare chiaramente e indubbiamente un mercato capitalista; ma non credano i molti compagni di esserne molto fuori, perché sia i maglioni sformati che lo spinello non sono certamente alternativi al potere.
Ritorniamo comunque alla mia particolare situazione; che non credo molto diversa dalle altre realtà dei tanti tossicodipendenti (parlo dei tossicodipendenti da eroina e non di quelli da ideologia). Ci sono, probabilmente, delle situazioni di fondo diverse fra i "vecchi" eroinomani e quelli di oggi: voglio dire che per me e pochi altri è stata una vera e propria scelta (sbagliata?) di un modo di essere (o di non essere per chi voglia disquisire al riguardo) ponderata e voluta, per molti (tanti!!) oggi altro non è che seguire un flusso che si sta generalizzando, un lasciarsi andare al non scegliere. C'è da considerare il fatto che molti tossicodipendenti sono tali anche per carenze affettive, non già portate esclusivamente dal rapporto (peraltro classico) con l'ambiente familiare, ma anche dai rapporti disumanizzanti con compagni e compagne.
Il concetto dominante tra certi compagni sulla questione eroina non è certamente "elastica" vale a dire che non sono stato il solo ad essere emarginato dai compagni perché eroinomane, mentre ci si sarebbe aspettati almeno una curiosità diciamo "sociologica" al riguardo, la voglia di discutere e possibilmente di risolvere i problemi dovrebbe essere tipica di un rivoluzionario; comunque sembra che piano piano si arrivi appunto a discutere la cosa in modo più razionale senza lasciarsi andare a facili luoghi comuni. Per il problema eroina in sé al di là dei concetti ideologici potrei dire come tossicomane (spero di poter dire presto ex-tossicomane) che l'unico modo per arginare il dilagare della questione sia la liberalizzazione; approntare dei centri di distribuzione controllata di eroina somministrata da persone competenti, ed è qui che i compagni dovrebbero intervenire in modo cosciente ed informato sulla questione, affermo che questa dei centri di distribuzione è l'unico modo per combattere l'eroina perché toglierà ad essa ogni sapore di illegalità che è, spesso, la molla che fa scattare il meccanismo che porterà il tossicomane a farne uso; ed annienterà inoltre con severità il florido mercato nero dei nostri politicanti mafiosi.
Forse impedire all'individuo di far delle proprie scelte esistenziali non è molto libertario, certo, però va considerato lo stato attuale di cose: cioè l'individuo non sceglie mai individualmente per i propri bisogni o soddisfazioni, ma per mode o imposizioni delle tante mani del potere, per cui il compagno deve sapere intervenire al riguardo anche in modo diciamo così "formale o legislativo" lasciando da parte certe abitudini e lavorando sulla realtà in modo da poter lasciare una propria traccia e dare un significato al proprio modo di essere e di agire, per esempio la controinformazione alternativa al potere che incida direttamente sull'anonimo cittadino della strada affinché anche esso venga fatto partecipe di cose che vengono decise sulla sua testa, e possa decidere egli stesso gestendo in prima persona i propri problemi e/o bisogni.