Rivista Anarchica Online
Io se fossi Gaber
di Luciano Lanza
Un disco nato tra mille difficoltà: nessuna casa discografica lo ha voluto editare. Un disco che ha
suscitato grosse polemiche. "Io se fossi Dio", l'ultima lunga canzone di Giorgio Gaber è
un'accorata accusa dei mali della società. Un'analisi disincantata della "stupidità dilagante". La
rabbia di Gaber sembra essersi moltiplicata dopo il suo ultimo spettacolo "Polli di allevamento".
Uno spettacolo che già aveva suscitato non pochi dissensi, soprattutto nella sinistra. Oggi con "Io
se fossi Dio" Gaber mette alla berlina tutto e tutti, ma per che cosa? Per cercare di capirlo gli
abbiamo rivolto alcune domande.
Perché hai fatto questo disco? Penso che la canzone sia sufficientemente chiara e che per
molti aspetti si spieghi da sé. Mi
sembra che da essa emerga chiaramente che si tratta di uno sfogo personale, di una invettiva
provocata da una profonda indignazione, che a me sembra sana, rispetto alla tragicità, anche un
po' comica, della situazione che stiamo vivendo. È un'invettiva contro la stupidità
dilagante. Io però ci vedo qualcosa di più, una continuazione e un approfondimento di
alcuni temi che
venivano già proposti in "Polli di allevamento". Tu ti scagli contro il neoconformismo della
sinistra, attacchi i nuovi soggetti che sono nati dalla contestazione ma che della contestazione
sono solo il pallido fantasma. Ecco questa tua critica è una critica alla sinistra, ed è quello che
molti non hanno più accettato. Andava molto meglio il Gaber che attaccava gli Stati Uniti o i
borghesi perché erano cose rassicuranti. In effetti il contenuto di questa canzone non si discosta
molto dagli spettacoli precedenti. La
consapevolezza di avere di fronte un interlocutore di una certa provenienza politica ci spingeva
a una critica all'interno di chi bene o male le cose le voleva cambiare, e quindi al di là delle
critiche confortanti al nemico sicuro, al di là della linea da cambiare e da aggiornare ogni anno,
io volevo sottolineare i vizi, i gravi vizi, che potevano portare all'annullamento di uno sforzo di
reale cambiamento. In questa canzone l'angolazione è un po' più disperata. Infatti con "Polli di
allevamento" io ho operato una specie di distacco (anche doloroso per le reazioni del pubblico
durante lo spettacolo) da questa razza che con errori, con atteggiamenti modaioli bene o male si
opponeva. Ho operato questo distacco perché mi è sembrato che questo antagonismo venisse a
mancare via via che passava il tempo, che i gesti diventassero automatici, di inerzia, di moda.
Nella canzone "Io se fossi Dio" infatti la voce recitante è assolutamente isolata e, forse per la
prima volta, spara con grande chiarezza contro le istituzioni. L'isolamento, il non poter più
usare il "noi" come appartenenza ad un'area politica, porta a una maggiore rabbia e quindi ad
una battaglia molto più aperta. Tu dici che attacco la sinistra, ma attacco anche violentemente
la Democrazia Cristiana e il modo di opporsi della sinistra a questo governo DC che impera da
trent'anni. La critica non si limita a questo, in quanto l'attacco è alla politica in generale, questo
schifoso gioco di potere. Tu attacchi la politica in generale o la politica come oggi la conosciamo. Tu
credi nella
possibilità di fare politica in modo diverso o no? Qui bisognerebbe fare una ricerca definitoria
perché altrimenti con le parole facciamo la torre
di Babele e non ci si capisce. La parola politica a questo punto per me è una brutta parola. Devo
confessare che non sempre è stato così. In un certo momento ho pensato che la politica fosse
l'espressione più alta dell'uomo, ma poi mi sono accorto che la politica è quella cosa che
riguarda i politici di professione, che riguarda il gioco delle adesioni, dell'ambiguità, perché a
un discorso preciso poche persone possono aderire mentre più il discorso è ambiguo più
facile è
l'adesione. A questo punto ho ridefinito dentro di me la parola politica e ho deciso che è una
parola che non mi piace per niente. Mentre la politica alla Platone, cioè di chi ha la passione
della realtà e della ricerca del bene, ha un significato positivo. D'altronde le parole cambiano di
significato nel corso della storia. Per questo dici che non hai neanche la "superstizione della
democrazia". Sì perché anche la parola democrazia andrebbe ridefinita. Cosa vuol dire
per noi oggi
democrazia? Vuole dire quello che stiamo vivendo, non la democrazia diretta, non la
democrazia nel senso etimologico del termine, ma quella che viviamo, cioè la democrazia
cristiana. E quindi si spiegherebbe così il tuo richiamo ai secoli passati, alla ricerca di sentimenti
precisi, di
definizioni univoche: l'amare, l'odiare, l'ammazzare come si faceva nei secoli passati in cui le
cose erano chiare. Cos'è che ricerchi, la purezza di un tempo che fu? Il discorso dell'amare e
dell'odiare con precisione si contrappone al peccatuccio del piccolo-borghese che non è capace di grosse
azioni neppure nel male, perché anche nel male è
meschino. Quindi se vuoi c'è questo rimpianto per una precisa definizione di chi è il nemico, di
chi è l'amico, per un tempo in cui i termini erano più precisi. L'ultimo discorso che facevi
prima di questo disco era che ti sentivi diverso, che non ti
riconoscevi più in nessuno. Malignamente oggi si potrebbe dire che si è capito qual è la tua
diversità: ti senti Dio.si potrebbe fare una lettura di questo tipo, anche se poi dici che ti senti
invischiato nei "nostri sfaceli". No, mi sembra un po' eccessiva questa interpretazione. Dio in questo caso
è un pretesto per
esprimersi e per far conoscere il proprio essere diverso. Anche nella canzone "Quando è moda è
moda" dicevo "se avessi la forza e l'arroganza io direi" e poi dicevo tutto. Ecco, il meccanismo è
un po' lo stesso, si tratta di un mezzo per superare il pudore di dire certe cose. In questo caso ci
è sembrato, a Luporini e a me, che tirare in ballo Dio ci consentisse un tono da giudizio
universale, apocalittico. Tu attacchi le istituzioni, i partiti politici, i movimenti rivoluzionari, dichiari la
tua
indisponibilità, il tuo rifiuto di tutta la politica istituita, anche quella che si definisce
antiistituzionale, ma che ha in sé i contenuti per istituzionalizzarsi. Sorge il sospetto che nel
rifiutare tutto questo tu faccia una implicita dichiarazione di anarchismo. Forse nei "no" possiamo trovare
quali sono i nostri "sì". Se esiste questa dichiarazione non
parte da un dato teorico ma da una sensazione fisica. È vero che ho delle affinità e delle
simpatie per gli anarchici ma forse più a livello personale che a livello teorico. Molto spesso
trovo che il discorso anarchico si richiami troppo ai temi generali e non entri nel dettaglio della
nostra quotidianità che è invece la mia passione. Quindi al di là del sentirsi un'altra cosa
rispetto al progetto anarchico, non posso neanche definirmi anarchico. Tu dici che sei diverso, Dio lo
sei come pretesto per attaccare tutti, hai forse qualche simpatia per
l'anarchismo però non riesci a riconoscerti neanche in questo, ma Giorgio Gaber chi
è? È una domanda a cui è difficile rispondere. Diciamo che Giorgio Gaber
è le cose che fa, è le
cose che pensa, tenta di dare un prodotto che lo rappresenti. Al di là di un'etichetta o di
un'appartenenza che in questo momento non ho. Però quando tu critichi la realtà che ci
circonda lo fai in un modo che lascia intravedere qualcosa
di propositivo. Le proposte, però, sono solo accennate come se tu avessi paura di essere definito,
paura di essere incasellato... Non è per fare della dialettica negativa, ma ogni volta che noi
abbiamo parlato in positivo
abbiamo fatto le nostre cose peggiori. Una volta abbiamo detto che "libertà è partecipazione" e
ci siamo esposti in una canzone assolutamente positiva il cui significato è stato snaturato e
strumentalizzato fino al punto da essere usato nei comizi della DC. Noi stessi, poi,
riascoltandola, ci siamo resi conto che effettivamente si prestava a varie letture perché un
progetto è sempre talmente complesso da non poter essere sintetizzato in una parola d'ordine, in
uno slogan. Nel discorso in negativo, invece, riesci ad essere più credibile perché parti da una
tua sensazione fisica sgradevole e dolorosa che è vera e che non è legata a una speculazione
teorica. Io non faccio il teorico ma faccio un lavoro più legato alle emozioni. Mi sento più
convincente quando uso il negativo. D'accordo, ma le critiche che tu fai sono di un tipo piuttosto che di
un altro, hanno un segno, una
connotazione, e quindi, bene o male, contengono l'intenzione di una proposta. È vero, ma questa
intenzionalità è il massimo che io posso dare. La scelta degli obiettivi, il modo
in cui si critica, il modo in cui ci si esprime su certe cose rivela un progetto che può essere un
progetto politico o può essere una intenzionalità morale, etica. Questa la si può trovare, ma
non
è un progetto politico. Facciamo un esempio: tu apri la televisione, guardi i terremotati, vedi la
speculazione dell'informazione, la speculazione morbosa sulla disgrazia, dopodiché ti sparano il
silenzio stampa sul terrorismo. Ecco queste cose suscitano una profonda indignazione e pensi
che questa stupidità va segnalata. Perché io vedo che esiste una pietà sana e una
pietà malata,
infatti, io parlo di stupido pietismo. Lo dico per la speculazione della televisione e dei giornali
su qualsiasi tragedia. La speculazione morbosa sul particolare tragico è talmente violenta nei
confronti di chi legge o guarda la TV che ti senti assolutamente espropriato della possibilità di
soffrire autenticamente e quindi di avere una pietà sana perché anche la pietà viene
istituzionalizzata e diretta in modo univoco da questa informazione assolutamente compiaciuta. Il
problema è che queste cose fanno schifo. Poi vedi come si muovono gli uomini politici, come
sono melliflui e allora cosa fai? Devi dirlo. In questo tuo rifuggire da una identificazione precisa, mi
sembra che attacchi i radicali anche con
un intento preciso e cioè quello di far capire che non sei radicale. Infatti credo che siano molto
incazzati perché li ho messi dentro nell'ammucchiata che è non
tanto l'ammucchiata di potere, perché forse i radicali di potere ne hanno poco, quanto
l'ammucchiata della logica della stupidità, della superficialità, dell'effettismo, del
sensazionalismo di cui loro sono maestri. Loro non sono spinti da una effettiva passione di
conoscenza. Loro danno un grande risalto ai piccoli cambiamenti in modo che il meccanismo sia
più oleato, e questo secondo loro è antagonismo. Per inciso tu hai votato
ultimamente? No, sono tre lezioni che non voto perché non mi identifico con nessun partito.
Quindi non accetto
di farmi violenza andando a votare. Tu fai un discorso molto duro rispetto alla strategia della lotta armata,
tu la critichi soprattutto
perché hanno stravolto il senso del contendere, perché fanno impietosire la gente sulla morte del
carabiniere, perché ti hanno tolto la voglia di essere incazzato personalmente. Sì, si sono
arrogati il diritto di odiare anche per me. Non mi ricordo più chi ha detto che nel
mondo le quantità di amore e di odio sono sempre le stesse, si spostano solamente da un
individuo agli altri o viceversa. Ecco i lottarmatisti, con il loro intervento violento hanno tolto
alla gente quel sano odio contro le istituzioni, forse un può qualunquistico, ma simpatico che
una volta esisteva e che si sentiva nei bar, per la strada. Per chi poi tendeva a una opposizione
diversa dalla loro lo spazio si è ridotto moltissimo e naturalmente fra la coscienzona nazionale e
loro quelli che stanno in mezzo hanno sempre meno modo di muoversi. Ecco il mio dissenso va
oltre alla crudeltà di un gesto che comunque mi sgomenta, che ha una dimensione per me
impercorribile. La dimensione di chi oggi ammazza a freddo, di chi oggi si autoelimina con una
serie di buchi mi provoca sgomento in quanto si è di fronte a un segnale fortissimo di
disperazione. Sono sgomento in quanto tutto questo va oltre la mia capacità di comprensione. Io
e Luporini abbiamo cominciato a pensare alle cose che poi abbiamo messo nel disco quando
abbiamo visto in Piazza San Giovanni le bandiere bianche e le bandiere rosse per il rapimento
Moro. Lo stringersi di tutti attorno alle istituzioni, lo sproloquiare dei sindacalisti, tutto questo
ci dava una sensazione molto fastidiosa. Dopo lunghe discussioni siamo arrivati alla formula
che c'è nella canzone: da una parte uno stato assolutamente stupido e di cui le B.R. fanno
emergere tutta la stupidità, ma dall'altro questa gente che sceglie la distruzione e
l'autodistruzione in una completa disperazione. Quindi da una parte lo sgomento e la non
condivisione di una strategia vecchia e stantia e dall'altra lo sgomento per una scelta che è un
segnale di follia. Infatti uno dei versi più belli della canzone che è di Luporini dice: "anche
l'avventuriero più spinto muore dove gli può capitare neanche tanto convinto". Mi sembra
che il finale della canzone possa significare che tu credi di non aver più interlocutori.
Forse tu pensi di non aver più niente da dire o da fare? Diciamo pure che mai mi sono tanto
esposto come con questa canzone e quindi il finale
dell'andare in campagna è un modo di concludere. L'abbandono dell'illusione politica, della
praticabilità della politica è rappresentato in questo finale ed è un incitamento
affinché anche
altri abbandonino questo piano impraticabile. D'altra parte questo non annulla per niente
l'impegno di tutta la canzone. Quindi il tuo andare in campagna vuole dire: io non ci sto, io sono fuori
e contro la politica. Sì, e poi la canzone non poteva terminare con l'urlo e l'invettiva trionfalistica
perché la realtà è
la nostra impotenza, la nostra incapacità di cambiare le cose e l'ultima frase riequilibra un po' il
discorso, l'andare in campagna è anche l'accettazione di questa nostra impotenza.
Io se fossi Dio: alcuni brani
io se fossi dio e io potrei anche esserlo, se no non vedo chi... io se fossi dio non mi farei
fregare dai modi furbetti della gente, non sarei mica un dilettante, sarei sempre presente, sarei davvero
in ogni luogo a spiare o meglio ancora a criticare, appunto... cosa fa la gente per esempio il piccolo
borghese, com'è noioso, non commette mai peccati grossi, non è mai intensamente
peccaminoso. del resto, poverino... è troppo misero è meschino e pur sapendo che dio
è più esatto di una scheda lui pensa che l'errore piccolino non lo conti o non lo veda. per
questo io se fossi dio preferirei il secolo passato, se fossi dio rimpiangerei il furore antico dove si odiava
e poi si amava, e si ammazzava il nemico. ma io non sono nel regno dei cieli, sono troppo invischiato
nei vostri sfaceli. ... io se fossi dio non sarei ridotto come voi e se lo fossi io certo morirei per
qualcosa di importante purtroppo l'occasione di morire simpaticamente non capita sempre e anche
l'avventuriero più spinto muore dove gli può capitare e neanche tanto convinto. io se
fossi dio farei quello che voglio, non sarei certo permissivo: bastonerei mio figlio, sarei severo e
giusto, stramaledirei gli inglesi come mi fu chiesto e se potessi anche gli africanisti e l'asia e poi gli
americani e i russi, bastonerei la militanza come la misticanza, prenderei a schiaffi i voltairiani, i ladri,
gli stupidi e i bigotti perché dio è violento e gli schiaffi di dio appiccicano al muro
tutti. ma io non sono ancora nel regno dei cieli, sono troppo invischiato nei vostri sfaceli. ... io se
fossi dio maledirei davvero i giornalisti e specialmente tutti che certamente non sono brave persone e
dove cogli, cogli sempre bene. compagni giornalisti, avete troppa sete e non sapete approfittare delle
libertà che avete. avete ancora la libertà di pensare ma quello non lo fate in cambio
pretendete la libertà di scrivere e di fotografare. immagini geniali e interessanti di presidenti
solidali e di mamme piangenti e in questa italia piena di sgomento come siete coraggiosi, voi che vi
buttate senza tremare un momento; cannibali, necrofili, deamicisiani e astuti e si direbbe quasi
compiaciuti, voi vi buttate sul disastro umano col gusto della lacrima in primo piano. sì, va
bè, lo ammetto la scomparsa dei fogli o della stampa sarebbe una follia, ma io se fossi dio di
fronte a tanta deficienza non avrei certo la superstizione della democrazia. ma io non sono ancora nel regno
dei cieli, sono troppo invischiato nei vostri sfaceli. ... io se fossi dio naturalmente, io chiuderei la
bocca a tanta gente: nel regno dei cieli non vorrei ministri e gente di partito tra le palle perché
la politica è schifosa e fa male alla pelle e tutti questi che fanno questo gioco, che è poi un
gioco di forze ributtante e contagioso come la lebbra o il tifo, tutti quelli che fanno questo gioco ci
hanno certe facce che a vederle fanno schifo, che siano untuosi democristiani o grigi compagni del
p.c.i., sono nati proprio brutti o, perlomeno, tutti finiscono così. ... compagno
radicale tu occupati pure di diritti civili e di idiozia che fa democrazia e preparaci pure un altro
referendum, questa volta per sapere dov'è che i cani devon pisciare. compagni
socialisti. ... io se fossi dio non avrei proprio più pazienza, inventerei di nuovo una
morale e farei suonare le trombe per il giudizio universale. voi mi direte perché è
così parziale il mio personalissimo giudizio universale. perché non suonano le mie
trombe per gli attentati, i rapimenti, i giovani drogati e per le bombe. perché non è
comparsa ancora l'altra faccia della medaglia io, come dio, non è che non ne ho voglia. io, come
dio, non dico certo che siano ingiudicabili o, addirittura come dice chi ha paura degli innominabili, ma come
uomo, come sono e fui, ho parlato di noi comuni mortali, gli altri non li capisco, mi spavento, non mi
sembrano uguali. di loro posso dire solamente che dalle masse sono riusciti ad ottenere lo stupido
pietismo per il carabiniere; di loro posso dire solamente che mi hanno tolto il gusto di essere incazzato
personalmente. io, come uomo, posso dire solo ciò che sento cioè solo l'immagine del
grande smarrimento. però, se fossi dio sarei anche invulnerabile e perfetto. allora non avrei
paura affatto così potrei gridare e griderei senza ritegno che è una porcheria che i brigatisti
militanti siano arrivati dritti alla pazzia. ... e se al mio dio che ancora si accalora gli fa rabbia chi
spara, gli fa anche rabbia il fatto che un politico qualunque, se gli ha sparato un brigatista, diventa
l'unico statista. io se fossi dio, quel dio di cui ho bisogno come di un miraggio, c'avrei anche il
coraggio di continuare a dire che aldo moro, insieme a tutta la democrazia cristiana, è il
responsabile maggiore, di vent'anni di cancrena italiana. io se fossi dio, un dio incosciente,
enormemente saggio, avrei anche il coraggio di andare dritto in galera, ma vorrei dire che aldo moro
resta ancora quella faccia che era. ... io se fossi dio non mi interesserei di odio, di vendetta e
neanche di perdono perché la lontananza e l'unica vendetta e l'unico perdono e allora va a finire che
se fossi dio io mi ritirerei in campagna, come ho fatto io.
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