Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 10 nr. 88
dicembre 1980 - gennaio 1981


Rivista Anarchica Online

Il palazzo e i polli
di Luciano Lanza

Diciamocelo con franchezza: chi si scandalizza per la corruzione dei potenti? Quasi nessuno. Un'affermazione, questa, che contrasta con l'immagine che i mezzi di informazione ci hanno fornito, ma che con tutta probabilità è più vera di quanto non appaia a prima vista.
Lo scandalo, gli scandali dei petroli che vedono coinvolte le massime cariche dello stato e delle istituzioni di vigilanza (ironia dei nomi) non rappresentano certo una novità. Le cronache di questi ultimi trentacinque anni sono una sequenza ininterrotta di scandali: corruzione, ruberie, frodi, peculati, truffe, estorsioni, prevaricazioni, a cui fanno da contrappeso insabbiamenti, condoni, proscioglimenti, assoluzioni, perdoni, giustificazioni, redenzioni. Chi allora può ancora scandalizzarsi di fronte ad un fatto consueto? Lo ripeto, quasi nessuno. Anche i censori di questi giorni giocano la loro parte, scrivono articoli infuocati, chiedono le teste dei colpevoli, ma non sono certo turbati come vorrebbero far credere. La ragione è molto semplice, quasi banale: la corruzione e l'imbroglio sono una delle costanti fisiologiche della "razza padrona", i cui appetiti sono cresciuti in maniera direttamente proporzionale alla sua immunità. Solo le lotte intestine tra i potenti permettono che ogni tanto si alzi un velo e venga mostrata ai sudditi la putrescenza di questo o quel signorotto. Questo non accade solo in Italia, gli scandali sono moneta in circolazione in tutti i paesi, ma di solito chi è stato colto con le mani nel sacco viene perlomeno messo alla porta e in questo modo il potere riesce a rinnovarsi e ad acquistare maggiore consenso. Da noi, invece, le cose vanno grosso modo così: il potente colto in fallo viene additato al pubblico ludibrio e lo si fa retrocedere di qualche posizione che viene subito occupata dai suoi accusatori. A questo punto il processo di espiazione è compiuto e si ricomincia la gara. Il potere democristiano è dunque capace di rinnovarsi mantenendo inalterati i suoi ranghi. In questo lo sorregge la concezione cattolica dell'espiazione che permette di recuperare anche il peccatore più incallito. Gli stolti denigratori di questo grande partito non hanno capito che se pur da trentacinque anni vediamo le stesse facce spartirsi la torta, i cuori sono cambiati. Noi non abbiamo visto il cilicio che mordeva le carni dei ministri-ladri, non abbiamo assistito alle veglie fatte di preghiere e di autoflagellazioni fino al momento della redenzione.
La dottrina cattolica ha pervaso la società italiana in modo più profondo di quanto comunemente si creda. Uno dei cardini di questa dottrina, l'assistenzialismo, si è trasfuso nello stato italiano. Il proliferare di enti, la costituzione di imprese pubbliche inutili, il salvataggio di imprese in cronico dissesto sono anche un'espressione tangibile dell'assistenzialismo cattolico. Un assistenzialismo che ha dato i suoi frutti. Il persistere al potere della DC è stato possibile perché questo partito ha comprato il consenso non solo corrompendo fino ai più bassi strati della popolazione, ma anche elargendo posti di lavoro, pensioni, sovvenzioni, e tutte quelle altre forme di corruzione larvata che l'inesauribile fantasia dei democristiani ha saputo escogitare. In questo modo il potere democristiano è riuscito a non rimanere un elemento esterno alla società, ma ha saputo innervarsi nel corpo sociale. Quindi il potere non corrompe solo coloro che lo esercitano, ma purtroppo anche coloro che lo subiscono.
Penosa constatazione, che ci richiama con prepotenza ad una realtà troppo spesso taciuta, rimossa, difficile da accettare. Come porsi dunque di fronte all'elemento "corruzione"? Se il suo diffondersi non rappresenta più un fatto accidentale, ma, come possiamo constatare, un segno caratterizzante la vita associata, forse non serve più di tanto denunciarla. Ci stanno già pensando i moralizzatori che sono portatori di una corruzione con caratteristiche diverse, ma sempre corruttori.
Ebbene la corruzione ci racconta la miseria della nostra quotidianità. Ci indica i punti oscuri che non vengono rischiarati dal "sol dell'avvenir". La corruzione ci dice che questo potere inefficiente, borbonico e bizantino ad un tempo, parolaio e capriccioso, inconcludente, ha trovato una sua giustificazione, un suo spazio, ha creato consenso (mugugnante, forse, ma acquiescente).
Come si risolverà questo ennesimo scandalo di regime? Molti auspicano la fine del predominio democristiano e la rifondazione della repubblica su basi diverse. È possibile. Ma questo presupporrebbe una recisione dei cordoni clientelari che la DC ha allacciato con numerosissimi potenti gruppi di pressione, presupporrebbe una predisposizione al cambiamento (anche se di cambiamento limitato si tratterebbe) che non è dato scorgere nella nostra storia recente. La parte in causa, la DC, spera invece di riuscire a mantenere inalterate le sue fortune elettorali grazie ad un parziale autorinnovamento: accantonati i personaggi più compromessi e quindi oggi più scomodi, pensa di potersi ripresentare con le mani un po' più pulite così da attenuare "irrazionali desideri di pulizia morale".
Delle due ipotesi la più realistica è senza dubbio la seconda, anche se la prima non è affatto da scartare. Staremo a vedere. Comunque sia in un caso che nell'altro chi avrà vinto sarà il potere perché nulla sarà stato effettivamente cambiato, il rapporto di dominazione si sarà tuttalpiù rinnovato, al limite avrà trovato nuove forme per ottenere il consenso, ma la distanza gerarchica tra governanti e governati sarà immutata.
Esiste una terza ipotesi, la più irrealistica al momento attuale, ma fino a quando? E cioè un'ipotesi che ci veda intervenire fattivamente per ostacolare il riassorbimento di questa crisi solo all'interno della logica del potere. Questo significa che possiamo e dobbiamo usare questa momentanea rottura per inserire il dubbio e per trasformare successivamente il dubbio in azione cosciente. Facile a dirsi. Lo so che le difficoltà sono enormi, che la voce del potere è molto più forte e più suadente, che i sudditi come tanti "piccoli poveri polli di allevamento" preferiscono il rassicurante tepore del pollaio ai rigori delle intemperie a cui vorrebbero richiamare i nostri gracili chicchirichì. Si sa che la strada della rivoluzione è lunga e difficile, ma non per questo dobbiamo scoraggiarci.