Rivista Anarchica Online
'ndo sta Allah?
di Franco Melandri
Non si può certo dire che lo scoppio della guerra irano-irachena abbia colto di sorpresa. Già da
vari mesi ormai tanto l'Iraq che l'Iran si confrontavano in previsione dello scontro che, al di là
delle rivendicazioni formali, mira al controllo del Golfo Persico e di tutta l'area del petrolio.
Mentre l'Iran basa le sue pretese principalmente sull'esportazione della rivoluzione islamica, di
cui si ritiene unico depositario, l'Iraq si sente tutte le carte in regola per diventare il dominatore
della zona del Golfo. Secondo paese esportatore di petrolio del mondo, con una fiorente
agricoltura ed una industria in ascesa, un potente esercito ottimamente equipaggiato con armi
russe, ma anche francesi (aerei ed attrezzature nucleari) ed italiane (navi di stazza media e
leggera ma di eccellente livello tecnico), l'Iraq, guidato dal Rais (duce) Saddam Hussein, già da
vario tempo si muove sulla strada dell'autonomismo arabo. Strada questa che, in concorrenza con
l'Iran, la Libia e la Siria, lo ha portato da un lato a stringere i rapporti con l'Europa comunitaria e
dall'altro a raffreddare quelli con l'URSS - suo antico protettore - ed a mantenere instabili quelli
con gli USA. In questa situazione lo scontro con l'Iran e le sue velleità islamico-rivoluzionarie era
inevitabile
per conquistare, come si diceva prima, la posta in gioco rappresentata dal controllo del Golfo
Persico e quindi delle rotte del petrolio. Tale controllo porta inoltre con sé sia la leadership del
mondo arabo sia la possibilità per il vincitore di trattare da pari a pari con le grandi potenze ed in
secondo luogo di aspirare al ruolo di guida e di gendarme dell'organizzazione dei paesi non
allineati e dell'OPEC. Difficile prevedere come volgeranno le sorti della guerra - soprattutto dopo che l'Iran ha
dimostrato capacità di resistenza impensate - ma in ogni caso quel che deve impensierire è il
ruolo che giocheranno le due superpotenze. Rimasti fino ad ora ufficialmente ai margini del
conflitto, i due grandi stanno studiando il sistema per inserirvisi innanzitutto per scongiurare la
creazione di un autonomo "polo arabo": in questo senso va interpretata la neutralità sbandierata
da ambedue e che serve solo a coprire le manovre nei confronti dei due belligeranti. Ed è così che
l'Unione Sovietica, mentre si allea con la Siria, avversaria dell'Irak, vende armi all'Iraq stesso e le
offre all'Iran; in tutto mentre gli Stati Uniti rafforzano la loro presenza in Arabia Saudita ed
Egitto e, dopo aver tentato il blitz del 25 aprile scorso, trattano con l'Iran la fornitura di armi in
cambio della liberazione (o di un gesto di "buona volontà") degli ostaggi e bloccano le forniture
di motori per navi ed altre attrezzature militari a paesi, quali l'Italia, che le dovrebbero fornire
all'Iraq. In questa complessa situazione (qualcuno ha notato che assomiglia a quella europea del 1939)
americani e russi cercano quindi di usare la guerra per eliminare le velleità di potenza di alcuni
paesi arabi, inserendosi contemporaneamente in maniera stabile nella zona nel tentativo di
controllare così non solo i depositi e le rotte del petrolio ma anche, con uguale importanza, tutto
l'oriente africano e gran parte del sub-continente asiatico. Difficile è per ora dire quali saranno gli
strumenti che USA e URSS useranno per raggiungere tali obiettivi ed in ogni caso ogni decisione
importante dovrebbe essere, salvo colpi di scena, rimandata dopo le elezioni americane; allarma
tuttavia notevolmente il fatto che gli USA abbiano già pronto un piano di intervento diretto nella
zona (piano Komer) da attuarsi col concorso di tutti i loro alleati europei ed è presumibile che
anche i russi abbiano previsto un loro simile intervento. A questo punto prende sempre più corpo la
possibilità di un confronto diretto fra i due blocchi
nella zona; una "guerra locale" con conseguenze di portata planetaria in cui l'Italia, portaerei del
Mediterraneo e fedele servitrice degli USA, avrebbe un ruolo, coi conseguenti rischi, facilmente
immaginabile. A fianco di quest'ultima si può però azzardare un'altra ipotesi che tenga conto sia
dei rischi di destabilizzazione che una guerra porterebbe all'interno dei due blocchi (i recenti fatti
polacchi insegnano) sia del ruolo autonomistico che l'Europa, e soprattutto Francia e Germania
occidentale, sta tentando di svolgere. Questa ipotesi potrebbe essere quella di una "nuova Yalta"
in cui russi ed americani deciderebbero la spartizione del medio oriente in zone di influenza
ferreamente controllate. Il luogo in cui cominciare tale spartizione potrebbe essere la conferenza
sulla sicurezza europea di Madrid e le trattative, mentre iraniani ed iracheni continuerebbero a
scannarsi foraggiati dalle due potenze, potrebbero continuare anche al tavolo della conferenza sui
missili nucleari di teatro in Europa (SS 20, Pershing 2 e Cruise). A favore di tale ipotesi gioca anche il fatto che
Francia e Germania (nazioni leader dell'Europa e
fautrici,nella pratica, del terzaforzismo europeo e della neutralità fra USA e URSS)
accetterebbero probabilmente di buon grado di lasciare l'importantissimo scacchiere medio-orientale (in cui ora
svolgono un ruolo abbastanza importante) in cambio di una loro non-belligeranza e di una maggior libertà
di azione nella stessa Europa e nell'Africa centro-occidentale. Terreno quest'ultimo in cui sia i francesi che i tedeschi
già da tempo la fanno da
padroni anche dopo la fine del colonialismo come è dimostrato per esempio tanto dall'intervento
francese a fianco dei belgi nello Zaire contro gli ex-Katanghesi e dell'abbattimento del
sanguinario cannibale Bokassa, quanto dal fatto che la Germania ovest sta dotando il Sud-Africa,
di cui è il primo partner economico e militare, della bomba atomica. Questa spartizione del mondo non
scontenterebbe probabilmente americani e russi perché essi
avrebbero così più libertà di azione nel resto del mondo potendo tuttavia mantenere sotto
controllo l'Europa con l'arma petrolifera, se quest'ultima volesse alzare troppo la testa. Al di là di
ogni possibile soluzione del conflitto irano-iracheno e delle trattative sulla distensione in Europa
una cosa è ormai lampante: ci stiamo avvicinando, o forse già ci siamo, al momento in cui gli
equilibri nati dalla 2a guerra mondiale dovranno essere mutati e solo l'impegno e la mobilitazione
dei popoli può impedire che si possa ricorrere ancora una volta alla guerra per continuare, come
ebbe a dire Von Clausewithz, la lotta politica con altri mezzi.
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