Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 10 nr. 85
estate 1980


Rivista Anarchica Online

La dea Tiamat
di Elaine Leeder

Negli ultimi quattro anni mi sono definita "anarco-femminista", ho fatto parte di gruppi anarco-femministi, ho partecipato a incontri, convegni ed ho tenuto corsi sulla dinamica dei piccoli gruppi. Attraverso la mia esperienza sono arrivata alla convinzione che l'interazione nei gruppi esclusivamente femminili ha un sapore ed uno stile unici e che questo è particolarmente vero nei gruppi femministi. Alcuni scrittori l'hanno definito il "processo a mosaico", in contrasto con il tradizionale pensiero "lineare" che ha permeato l'interazione umana in questa società. La competitività e la gerarchia sono caratteristiche proprie del sistema capitalistico. Nelle discussioni, le argomentazioni lineari, logiche vengono usate per perpetuare valori di questo sistema. Il pensiero lineare serve a dimostrare o a discutere un'ipotesi. Ai valori femminili della cooperazione, dell'emotività, dell'intuitività ben poco credito è stato all'interno di questa forma di pensiero. Il modello a mosaico usato dalle donne comporta invece una struttura notevolmente meno competitiva. Utilizza il materiale aneddotico, favorisce l'intromissione dei commenti nella conversazione, accetta i dati emozionali come parte legittima del confronto intellettuale, usa la narrativa, la parafrasi, cambia direzione e spinge l'intero gruppo alla ricerca di una reciproca comprensione.
È un processo organico, non gerarchico e non competitivo che potrebbe in effetti essere definito anarchico, in quanto i valori di assenza di leadership, mancanza di gerarchia, non competitività e spontaneità sono stati storicamente associati al termine anarchismo. Ma sono anche valori femministi. Da ciò che ho potuto verificare, questo modo di agire è meno frequente nei gruppi misti di donne e uomini. La letteratura anarchica è piena di episodi di oppressione maschile sulle donne nella vita privata. La mia stessa esperienza recente tra vecchi anarchici, e persino tra le giovani leve, conferma questa dichiarazione. Vi è conflitto anche tra i principi anarchici e la loro pratica corrente. Vi è sessismo nell'anarchismo. È perciò importante per gli anarchici incorporare questo "processo femminista" nella loro pratica, così che i principi e la pratica dell'anarchismo possano infine diventare una cosa sola.
Vi è un certo numero di femministe, me inclusa, che si sono rese conto dell'anarchismo immanente nel nostro sviluppo ed hanno iniziato a lavorare in gruppi per studiare e per crescere insieme come anarco-femministe: questo ibrido venne fuori negli ultimi anni '60, quando molte di noi erano coinvolte in organizzazioni di massa dominate dai maschi, competitive e gerarchiche. A quel tempo (ed ancor oggi in certa pubblicistica anarchica) fu detto alle donne di agire all'interno di un più ampio movimento. Invece molte di noi formarono piccoli gruppi "di presa di coscienza" che si occupavano dei problemi personali della nostra vita. Erano gruppi d'azione diretta spontanei, organizzati per noi stesse, molto simili ai gruppi organizzati in Spagna prima del 1936 e che potrebbero essere definiti gruppi d'affinità. Questi gruppi erano basati su una similarità di interessi e avevano una democrazia interna tale che tutte le donne condividevano le informazioni e la conoscenza. Generalmente questi gruppi erano formati da donne bianche della classe media che spesso si trovavano per la prima volta in una situazione che non le poneva in competizione. In genere non erano invece coinvolte in questi gruppi di presa di coscienza le donne originarie del Terzo Mondo o provenienti dalla classe lavoratrice, il che è ancor oggi vero nei gruppi anarco-femministi.

Un modello di pensiero femminista

Da questi primi inizi comincia lentamente ad evolversi una teoria femminista. Alcune di noi iniziarono a studiare teoria politica in questi piccoli gruppi, scoprendo l'anarchismo immanente del nostro femminismo. Nel nostro procedere verso una teoria e strategia del mutamento sociale, cominciammo ad utilizzare un'analisi anarchica. Alcune arrivarono alla convinzione che il patriarcato è una gerarchia dominata dal maschio e che la famiglia nucleare perpetua tale gerarchia. La famiglia, scoprimmo, ci insegna ad obbedire al Padre, a Dio, all'Insegnante, al Padrone e a chiunque ci stia sopra. Ci insegna la competitività, il consumismo e l'isolamento così come il comportamento reciproco basato su una relazione soggetto-oggetto. Vidi questo in maniera chiara soprattutto nel mio lavoro di terapia familiare. La famiglia nucleare è la base di tutti i sistemi gerarchici e autoritari. Ne consegue che se si lotta contro il patriarcato, si lotta contro tutte le gerarchie. Se riusciamo a modificare la natura della famiglia nucleare abbiamo la possibilità di cambiare tutte le forme del comando, della dominazione, del potere.
In seguito a questa struttura di pensiero, alcune di noi hanno ora una differente scala di valori nel porsi di fronte alle cose. Dobbiamo smetterla di guardare il mondo solamente attraverso i modelli del pensiero lineare: la ragione contro i sensi, la mente contro il corpo, la logica contro l'intuizione. Abbiamo cominciato a guardare le cose in un continuum piuttosto che in termini dualistici, competitivi. Siamo giunti alla conclusione che ci deve essere posto per tutti e due i modelli, lineare e a mosaico, e che entrambi sono metodi validi per pensare e per funzionare.
Se si continua a guardare al mondo in questi termini, ne segue che le anarco-femministe non dicono che le donne dovrebbero avere un eguale parte di potere. Al contrario diciamo che ci deve essere l'abolizione di tutti i rapporti di dominazione. Noi non vogliamo una donna presidente. Non vogliamo affatto presidenti. Per noi, parità di salario a parità di lavoro non è un punto cruciale: la gerarchia e la distribuzione del potere lo è.
Spesso i gruppi femministi seguono i principi anarchici. Alcune tra noi hanno evidenziato il collegamento; altre non l'hanno fatto, ma la forma è là, che sia conscia o no. Generalmente i nostri gruppi sono piccoli e a volte formano alleanze per agire insieme agli altri su particolari tematiche. Al loro interno tendiamo a far ruotare gli incarichi e a mettere in comune le capacità, in modo che il potere non risieda sempre nelle stesse persone. In accordo con i principi anarchici, c'è un eguale accesso a tutte le informazioni. I gruppi non sono gerarchici e l'autodisciplina è quindi essenziale. (...) Lavoriamo in questi gruppi praticando la rivoluzione oggi, nella nostra vita quotidiana. Prendiamo in esame l'esperienza diretta dell'oppressione del potere tra noi e le persone con cui viviamo. Lavoriamo sui problemi che ci opprimono ogni giorno e non solo sulle teorie, astratte idee di rivoluzione.
Avendovi fatto parte, ho scoperto che nei piccoli gruppi il problema della soluzione dei conflitti è cruciale per lo sviluppo della coesione. Quando il conflitto sorge al nostro interno c'è la tendenza ad autodisciplinarci, a porci nella posizione dell'altra persona: il dissenso è accettato, ascoltato ed anzi se ne traggono insegnamenti. (...) C'è spazio per il dissenso, perché è nata al nostro interno una fiducia ed un rispetto reciproci. E questa fiducia è una qualità che difficilmente si sviluppa in gruppi più numerosi, il che potrebbe spiegare perché gravitiamo continuamente verso il piccolo gruppo. Abbiamo imparato che la comunicazione è cruciale e che attraverso questa possiamo superare le nostre diversità. Il conflitto quindi può e deve occorrere regolarmente, proprio perché abbiamo visto di essere capaci di superarlo.
Poiché abbiamo l'esigenza di affrontare il sessismo nella nostra vita quotidiana, alcune di noi hanno dovuto confrontarsi con uomini (anarchici o no) che non vivono nella loro vita privata quello che predicano nella loro vita politica. È stato detto che spesso le donne praticano l'anarchismo senza conoscerlo, mentre alcuni uomini si dicono anarchici ma non lo praticano. Alcune fra noi si sono occupate di ricostituire organizzazioni politiche miste, in modo che persone estranee all'area femminista possano sperimentare l'intuitività, l'emotività, la spontaneità. In alcuni di questi gruppi misti, abbiamo provato ad introdurre il processo decisionale consensuale che fa normalmente parte dei gruppi femministi. Nella maggioranza dei casi questi sforzi hanno ottenuto successi limitati. In genere, la competitività, l'aggressività e una leadership dominante si sono affermate anche in gruppi misti che si ponevano in una prospettiva anarchica. I conflitti non si risolvono così facilmente come nei gruppi esclusivamente femminili.

L'esperienza del gruppo Tiamat

Gruppi anarco-femministi dovrebbero essere oggi fondati in tutto il mondo. Uno di questi gruppi è stato Tiamat, gruppo d'affinità anarco-femminista attivato ad Ithaca (New York) tra il giugno del 1975 ed il giugno 1978. Io sono stata membro di quel gruppo e penso che Tiamat sia un eccellente esempio di anarco-femminismo in azione. Abbiamo preso il nome Tiamat dal libro di Z. Budapest nel quale è descritto questo mito: "Quando Tiamat creò il mondo essa lo creò intero e senza divisioni così che la vita potesse influire spontaneamente tra luce e buio, tra stagione e stagione, tra vita e morte e tutte le facce del sole e della luna splendevano sopra il popolo pensante, gli umani, senza che essi fossero divisi, posti in categorie, analizzati, posseduti. Quindi il figlio di Tiamat divenne potente e spodestò sua madre, la tagliò in piccoli pezzi che disperse per ogni dove. Dai pezzi della madre egli costruì il suo nuovo mondo dove ogni cosa aveva il proprio posto, il proprio numero. Per questo gli uomini lo chiamano il creatore. Il nome di Tiamat continuò ad essere conosciuto ed essa fu venerata dalle donne, ma gli uomini la temevano come la dea del Caos, della distruzione, dell'anarchia".
Il nostro scopo iniziale era di studiare e per il primo anno e mezzo leggemmo insieme teoria anarchica. Successivamente facemmo uscire un bollettino (Anarca-feminist Notes), organizzammo una conferenza anarco-femminista e fummo coinvolte in azioni di politica locale. Ad esempio, ci battemmo contro la costruzione di un mega-magazzino e raccogliemmo denaro per un centro di aiuto ai dissidenti politici in Cile. Volevamo una crescita politica, rieducarci, criticare, discutere e agire e tutto questo lo realizzammo: l'evoluzione dei membri del gruppo era un momento centrale della nostra attività. Usavamo una procedura che chiamavamo check-in durante la quale ognuna di noi parlava della propria vita in quel momento, dei problemi con i quali eravamo personalmente impegnate, e di come ci sentivamo coinvolte con quanto si stava discutendo quella sera. Alcune volte occupavamo intere sessioni con questa procedura, o discutendo il check-in di una persona od anche un problema che poteva saltar fuori da un check-in. Altre volte ci occupavamo invece di discussioni teoriche. Attraverso la pratica del check-in ciascuna di noi si responsabilizzò verso le altre e al nostro interno cominciammo a conoscerci abbastanza bene. Spesso venivano assunte posizioni da "avvocato del diavolo" per permetterci di scavare in profondità intorno ad un dissidio politico. Tutto questo veniva però fatto in una continua atmosfera di fiducia. Date le diversità nel nostro modo di vedere le cose e nel tipo di vita potevamo imparare molto l'una dall'altra. Ma tali diversità erano anche fonte di molti conflitti. Metà del gruppo era eterosessuale, mentre l'altra metà era lesbico. Ne conseguiva che spesso le nostre vite personali erano fonte di tensioni, ma la similarità della nostra prospettiva e l'accordo politico spesso ci aiutarono a superare le diversità. Eravamo un gruppo centrato sulla problematica femminista, con una prospettiva teorica e pratica. Alcune volte nei nostri studi eravamo logiche e lineari, anche se c'era sempre spazio per le emozioni e la solidarietà. Noi tutte sentivamo che c'era qualcosa d'inesplicabile che ci teneva insieme al di là delle nostre differenze in quei tre anni.
I nostri studi inclusero l'anarchismo russo, l'anarchismo spagnolo, l'anarco-sindacalismo e l'anarco-comunismo. Ci interessammo della Cina, dei primi anarchici americani e di come, in quanto anarchiche, possiamo mettere in pratica questi principi nella nostra vita di tutti i giorni. Abbiamo discusso il vivere insieme agli uomini, lo sposarsi e l'avere figli. Abbiamo discusso il separatismo ed i suoi effetti sul movimento delle donne. Ci siamo occupate del salario alle casalinghe e del problema dell'energia nucleare in relazione alle donne. Abbiamo organizzato feste di compleanno, gite e azioni contro la celebrazione del 4 luglio (festa nazionale U.S.A., n.d.r.); abbiamo marciato insieme in manifestazioni, abbiamo cercato di aiutare altri gruppi anarco-femministi a nascere. Ci siamo realmente prese cura l'una dell'altra e quando ci incontravamo in altri posti sentivamo un forte sentimento di unità e solidarietà.

Verso nuove direzioni

Alla fine dei tre anni due dei nove membri uscirono dal gruppo. Un altro membro lentamente si ritirò poiché sentiva a quel tempo l'esigenza di un maggior coinvolgimento nella comunità lesbica. In seguito a ciò, rimaste in sei, sentimmo che non sarebbe stato appropriato ricostituire un gruppo che era stato una entità così particolare. Affrontammo invece creativamente lo scioglimento poiché sentivamo che era giunto il tempo per ciascuna di noi d'incamminarsi verso nuove direzioni.
Alcune di noi si unirono ad un gruppo d'affinità antinucleare composto da donne, altre entrarono nella Lesbian Alliance (Lega lesbica), altre lavorarono in gruppo misto su tematiche ecologiche. Prima che il gruppo si sciogliesse, organizzammo un convegno anarco-femminista a cui parteciparono 85 donne provenienti dall'Italia, Toronto, Boston, New York, Baltimora e Filadelfia. Nonostante Tiamat ed alcune sue amiche fossero le organizzatrici, una volta che le partecipanti arrivarono la responsabilità fu divisa tra tutte le presenti. Vi furono diversi seminari come quelli su anarco-femminismo ed ecologia, teoria anarco-femminista, i sindacati, la visione del futuro, le donne del Terzo Mondo, lavorare con i maschi e costituire una rete anarco-femminista, solo per citarne alcuni.
La sistemazione era idilliaca. Ci incontrammo in una riserva naturale che sovrasta il lago Cayuga. L'alloggio rustico, il cibo sano e gustoso e un tempo caldo e soleggiato resero ideale l'incontro. Durante il giorno ci riunivamo in gruppi e la sera suonavamo musica, ascoltavamo poesie e danzavamo con musiche composte da donne. Kathy Fire cantò delle canzoni dal suo album "Songs from a Lesbian Anarchist" (canzoni di una lesbica anarchica).
Nei gruppi di discussione scoprimmo la necessità di mantenere limitato il nostro numero. Nei gruppi superiori alle dieci persone la conversazione è inibita. (...) A un certo punto del convegno le partecipanti decisero che il programma dei seminari era troppo febbrile, e attraverso il processo decisionale consensuale si realizzò uno schema diverso. Ci scontrammo, la tensione crebbe e tutte insieme raggiungemmo un nuovo livello. Non c'erano posizioni di potere, le decisioni venivano prese da tutte, il fare insieme le cose era spontaneo, sofferto, ma aperto, la leadership rotava. Questo è stato un esempio di anarchismo in pratica. Più tardi, alla fine dell'incontro, riunite in cerchio, 85 donne si tennero per mano, guadagnando forza dal loro numero. Eravamo legate insieme dalla nostra visione di una nuova società e dalle esperienze che avevamo fatto insieme. Avevamo preso contatti per il lavoro futuro, non eravamo più individui isolati o gruppi: ci sentivamo parte di una più vasta rete di donne che si potrebbero incontrare dovunque nel mondo e che hanno idee e speranze affini. Ideammo giornali che ruotassero, programmammo di continuare la pubblicazione del nostro bollettino e molte di noi progettarono di incontrarsi a Seabrook ed in altre manifestazioni antinucleari.
Tiamat e il convegno anarco-femminista sono solo due esempi dello sviluppo anarco-femminista. Spesso alcuni gruppi assorbono questi principi senza rendersi conto dell'anarchismo che vi è implicito. Recentemente ho insegnato dinamica del piccolo gruppo a livello universitario. In queste classi ho cercato di trasmettere tutti quei principi di cui ho parlato sopra, cercando di gestire i corsi in modo simile agli incontri anarco-femministi. Lentamente gli studenti cominciano ad aprirsi sia intellettualmente che personalmente. Alla fine del semestre si sono resi conto che possono imparare molto l'uno dall'altro e anche guardando in se stessi invece di rivolgersi ad un esperto esterno nella gerarchia che impartisca loro nozioni.
Attraverso questo processo guadagnano potere sulla propria vita e infine dissolvono il rapporto di dominazione all'interno della classe. Ho qui potuto sperimentare come degli studenti privilegiati hanno avuto una presa di coscienza che li ha fatti passare da ferventi capitalisti a collettivisti, senza essere passati attraverso la sinistra rivoluzionaria. È possibile giungere a conclusioni anarchiche anche attraverso esperienze come queste.
Mi è dunque chiaro, per la mia esperienza in vari gruppi di donne, che è giunto il momento per le femministe di chiarire ed evidenziare l'anarchismo che sta nel nostro femminismo. Bisogna chiamarlo per nome e cominciare a realizzarlo come concreta alternativa di vita. La parola anarchismo non deve più essere bisbigliata. Noi lo stiamo vivendo ora nei nostri piccoli gruppi. Il prossimo passo è che sia noi che gli altri si sappia chi siamo e qual è la nostra visione per l'oggi e per il futuro.