Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 10 nr. 85
estate 1980


Rivista Anarchica Online

Oltre l'anarco-femminismo
a cura della Redazione

Tumultuoso nella sua crescita, variegato nelle sue tendenze spesso tra loro in contraddizione, lacerato da una crisi d'identità che a molti ha già fatto proclamare il suo declino, il femminismo resta comunque il fenomeno ed il movimento che, su scala davvero internazionale, maggiormente ha contribuito a rimescolare le carte del dibattito politico-ideologico negli anni '70. Il suo pungolo spesso doloroso non ha risparmiato alcun movimento o partito, anche se nella maggioranza dei casi è stato riassorbito senza traumi eccessivi. Più che a livello "istituzionale", comunque, è nella vita quotidiana di milioni di donne e anche di uomini che si possono raccogliere i segnali più indicativi dell'avvenuto passaggio del "ciclone femminismo". Non sono mancate né mancano notevoli zone d'ombra, dovute per esempio alla spettacolarizzazione e conseguente commercializzazione del femminismo, come dimostra in modo lampante il mondo pubblicitario; e soprattutto, in campo "sinistrese", la vacua ripetizione di stereotipi "femministi" vissuti in maniera passiva, gregaria, manichea. Un discorso sul femminismo, ora che certi strumentali clamori sull'argomento sono passati, può essere molto fecondo per tutte le forze che si richiamano alla sinistra anti-autoritaria.
È quanto fanno due compagne americane, Kytha Kurin e Elaine Leeder, nei due articoli che hanno recentemente pubblicato rispettivamente su Open Road (con il titolo: "Anarcha- femminismo: perché il trattino?") e su Social anarchism ("Il femminismo come processo anarchico"). Entrambi si situano naturalmente nel contesto sociale nord-americano, così diverso dal nostro italiano: un contesto nel quale il femminismo, o meglio certe sue pratiche libertarie, ha di fatto occupato quegli spazi che l'assenza completa di un movimento anarchico nel senso proprio del termine (come lo intendiamo qui in Italia) lasciava forzatamente vuoti. Da qui la nascita di quel movimento anarco-femminista ("anarcha-feminist" è la significativa dizione esatta) che costituisce il punto di partenza e l'oggetto della riflessione dei due articoli che pubblichiamo in queste pagine. Al di là delle citate differenze "ambientali" che si riflettono sull'impostazione ed anche a volte sulla terminologia usata, a noi della redazione sembra che questi due contributi - soprattutto quello di Kytha Kurin - possano stimolare anche sulle pagine di "A" una proficua riflessione/dibattito tra le nostre lettrici (e lettori).