Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 10 nr. 85
estate 1980


Rivista Anarchica Online

Anche il cervello è una zona erogena
di Roberto Ambrosoli

Ma il sesso, è un bisogno? Sì, nel senso che non possiamo farne a meno. No, se lo consideriamo come un "problema da risolvere", come l'espressione della pura e semplice necessità di placare uno stato di eccitazione vissuto come sgradevole o, comunque, anormale. Il sesso non è solo l'orgasmo, o la ginnastica che ad esso ci conduce, ma anche l'eccitazione che la precede e che di quella ginnastica (quale che sia) costituisce il condimento e il carburante. Di per sé, l'eccitazione è piacevole: è piacevole sentirla crescere in noi, è piacevole spartirla con chi ci regala in cambio la propria. Diventa spiacevole quando non trova uno sbocco accettabile. Il sesso è un piacere. Si tramuta in un bisogno quando questo piacere, in qualche modo, ci viene negato.
Fin qui, il discorso può sembrare ovvio. Ma cosa vuol dire, esattamente, "ci viene negato"? Un certo differimento tra desiderio e realizzazione è inevitabile: fino a quando tale differimento è "normale" e quando comincia a diventare sofferenza? In situazioni analoghe, si notano spesso comportamenti individuali differenti: come mai, in momenti di temporanea "carenza", c'è chi preferisce la "sofferenza" dell'attesa a quella di un rapporto che si preannuncia poco soddisfacente, e chi invece si comporta nel modo opposto? Perché, a seconda dei casi, una settimana di astinenza può essere vissuta come una condanna da cui si aspetta la liberazione, oppure come una stuzzicante preparazione ad una "notte di follie"? Quando, il desiderio cessa di essere uno stato di grazia e diventa un dolore?
A questo punto, la risposta è assai meno categorica, perché è contenuta in ciascuno di noi, nella nostra cultura, nel nostro modo di "vivere la sessualità", insomma nel nostro immaginario erotico. È l'immaginario erotico, infatti, che stabilisce la frontiera tra piacere e bisogno, perché è attraverso di esso che viviamo in maniera positiva o negativa le diverse situazioni concrete in cui veniamo coinvolti: è l'immaginario erotico che determina la "quantità" di differimento (o di piacere) che può essere accettabile, trasformando, con la sua presenza, le "quantità" in "qualità", affrancandoci dalla sottomissione bestiale al meccanismo "stimolo-risposta allo stimolo", e mutando tale sottomissione in ricerca consapevole del godimento, imponendoci contemporaneamente il rischio della frustrazione e dell'infelicità. Il nostro stato di felicità o infelicità sessuale, di soddisfazione o insoddisfazione, dipende infatti dalla maggiore o minore corrispondenza tra il nostro immaginario erotico e la realtà dei nostri rapporti sessuali, o, se preferite (ma sono due modi diversi di dire la stessa cosa), tra il nostro immaginario e quello dei nostri partners.
Dirà qualcuno: e la fisiologia, non c'entra per nulla? Zone erogene, funzionamento del corpo, accumulo di tensione, necessità di scaricarla, e via dicendo? Bè, anche il cervello e i suoi rapporti con gli altri organi fanno parte della fisiologia umana, sono un elemento del funzionamento del corpo. Anche il cervello è una zona erogena, nel senso che è ricettivo all'eccitazione e al piacere, ed è in grado di provocarli. La pienezza dei nostri orgasmi è legata forse soltanto all'impellenza del "bisogno sessuale", o, più frequentemente, alla carica psicologica che abbiamo in quel momento? Cosa, se non il nostro immaginario, ci spinge a volte a prolungare il gioco giocato secondo le regole che più ci affascinano, ritardando l'orgasmo al punto da farlo divenire non il fine, ma un elemento, fra i tanti, del piacere? E perché, invece, un orgasmo precoce e risolutore (tanto risolutore da far sparire l'eccitazione, interrompendo il rapporto) è vissuto come un dramma e ci lascia insoddisfatti? L'immaginario erotico, determinando l'"ambiente" nel quale i nostri meccanismi sensori sono posti a funzionare, assoggetta anche la nostra fisiologia.
Negli ultimi vent'anni, il costume sessuale ha subito una notevole evoluzione. Sulla natura e sulla portata di essa si potrà discutere, ma il fatto resta, incontrovertibile. Sulla scorta di tale considerazione, si potrebbe supporre che, parallelamente, anche l'immaginario erotico sia venuto modificandosi, adeguandosi o, quantomeno, riflettendo, in qualche misura, le idee (liberazione sessuale, rifiuto dei ruoli, nuovi rapporti interpersonali, ecc.) che hanno segnato, in questo campo, la nostra storia recente. Insomma, esiste oggi un immaginario erotico "liberato", o "libertario"? E qual è? (Al problema ha già accennato Lanza, sul numero di giugno di questa rivista, con un'impostazione generale sulla quale concordo. Questo mio contributo, quindi, non vuol essere né una risposta, né un "altro modo di vedere la questione", ma solo un complemento).
Nonostante l'apparente abbondanza di materiale di studio, un viaggio attraverso l'immaginario erotico del nostro tempo si presenta difficile, anche nei termini di uno scritto senza troppe pretese di definizione. Infatti, ancor oggi, l'immaginario erotico resta un fatto privato, seppellito nei sotterranei dell'individuo, a volte del tutto ignoto al suo stesso portatore e comunque, quando noto, coperto dai veli della decenza, della vergogna, e (perché no?) dell'ideologia. Un fatto di cui si può anche parlare, ma accademicamente, senza entrare nei particolari, soprattutto senza citarsi.
L'origine di ciò, è certamente da ricercare nella repressione sessuale che per tanto tempo (fino all'inizio degli anni '60, ad occhio e croce) ha gravato pesantemente sullo sviluppo delle nostre personalità, quando (ex-giovani della mia generazione, vi ricordate?) non tanto l'immaginario, ma il sesso, nella sua accezione più diretta e concreta, era privato di qualunque diritto ad un'esistenza pubblica, cauterizzato dal "rispetto" tra moglie e marito, relegato nello squallore dei casini e delle camere ad ore, ridotto a fantasie segrete nei letti degli adolescenti. Ma, anche dopo, quando il tabù ha cominciato, lentamente e tra mille incertezze, a sgretolarsi, il prezzo da pagare perché alla sessualità fosse riconosciuto il diritto d'esistere, è stato la denaturazione di ogni coinvolgimento psicologico, la soppressione della sua dimensione emozionale, il disconoscimento che "ciò che fa sesso il sesso" non è il coito, o l'orgasmo, ma il desiderio, l'eccitazione, la "voglia". Per essere ammesso nei discorsi della gente perbene, per acquistare nobiltà, il sesso ha dovuto perdere la "voglia", sublimandosi in un argomento "scientifico", affrontabile solo a patto di dichiararsi implicitamente non condizionati. Più che della distruzione di un tabù, si dovrebbe parlare di un esorcismo, o di un tentativo di esorcismo: esorcizzare il sesso depurandolo di ogni componente carnale, come un gatto che, per stare in salotto senza creare scompiglio, dev'essere castrato e convenientemente ammaestrato. Sta di fatto, comunque, che in seguito a ciò l'immaginario erotico, sepolto prima insieme al sesso, ha continuato per lungo tempo a rimanere in cantina anche quando il suo compagno di sepoltura è riuscito ad uscire all'aperto, e solo adesso, anche lui lentamente e tra mille incertezze, tenta di seguirne l'esempio. Intendiamoci bene. Seppellire l'immaginario erotico significa né più né meno che reprimerlo, e reprimere l'immaginario erotico significa né più né meno che reprimere la sessualità: compagni e compagne, chi di voi si ricorda la sessualità "militante" del mitico sessantotto? Nessun dubbio che, alla libertà tecnica di fare l'amore, non si accompagnasse altrettanta libertà psicologica di farlo nel modo che più vi sarebbe piaciuto? Nessuna censura, o autocensura, mai, in nome dell'ideologia professata? Sarà.
A parte una maggior consapevolezza del problema, le cose non sono molto diverse oggi. È certamente cresciuta, nutrita da mille modificazioni nel modo di vivere, che non è il caso qui di elencare, la libertà di fare l'amore, nel senso che sono aumentate e migliorate le occasioni e le condizioni di realizzazione. Ed è certamente aumentata (i primi tentativi dell'immaginario per uscire dalla cantina) la libertà teorica di farlo come più ci aggrada. Teorica, però: alla sua pratica espressione si oppone ancora il fatto che il nostro immaginario erotico stenta a rivelarsi, a uscire completamente allo scoperto. Ci opponiamo noi stessi, in fondo. Con le nostre paure, con le nostre verecondie. E, forse, con la mancanza di un'idea precisa, meditata, sul modo di comportarsi al riguardo.

Analizzare l'immaginario erotico, dunque, può essere un mezzo per aiutarlo ad uscire dalla sepoltura. Analizzarlo, ma come, se è appunto sepolto, e quindi misterioso? E che risposta possiamo dare alla domanda che ci siamo posti poc'anzi, circa la natura di un eventuale immaginario liberato dal peso della repressione?
Già la considerazione dello stato di sepoltura, ci fa intuire che le cose non sono delle più felici, a questo livello. Sembra ovvio pensare che la condizione prima perché si possa parlare di immaginario erotico "liberato" è che sia uscito, finalmente, all'aperto. Se così non è, significa che, con tutta probabilità, la liberazione è ancora lontana. Se poi andiamo a vedere il "comportamento" (chiamiamolo così) degli individui, nelle sue manifestazioni che hanno attinenza col sesso e quindi con l'immaginario erotico, confrontandolo con le dichiarazioni ideologiche che hanno accompagnato e influenzato (o preteso di influenzare?) l'evoluzione del costume, il quadro non migliora. Pur con la migliore disposizione d'animo possibile (siamo anche noi parte in causa, come tutti), non si può fare a meno di rilevare il divario profondo che esiste, che continua ad esistere, tra i principi conclamati (rapporti interpersonali alternativi, riappropriamoci del nostro corpo, superamento del rapporto di coppia, e via dicendo) e il nostro privato, anche il nostro di libertari antistituzionali, ancora farcito di gelosie, di monogamie possessive, di frustrazioni, di velleità insoddisfatte, di maschi sciovinisti e di femmine passive.
Pur con la migliore disposizione d'animo possibile, non si può fare a meno di pensare che tutto ciò, in quello che può essere rappresentativo di un "certo modo di vivere la sessualità", sia il sintomo di un immaginario erotico che, oltre che sepolto, abbia ben poco seguito l'evoluzione ideologica, evolvendosi indipendentemente e forse non evolvendosi affatto.
Ma restiamo in superficie. Nel vago. Io invece, vorrei guardarlo un po' più da vicino, quest'immaginario erotico, vorrei avere una conoscenza un po' più dettagliata di quello che è, oltre che di quello che non è. E forse, anche voi che leggete. Esiste, un "indice" un po' meno indiretto che l'analisi del comportamento, dal quale poter estrarre qualche notizia circa i fantasmi sessuali che affollano le nostre menti? Secondo me sì, ed è la pornografia, che qui adesso vi propongo, sia pur con qualche cautela e reticenza.
La pornografia, proprio per la sua natura, è a diretto contatto con l'immaginario erotico, ne riflette i contenuti con franchezza e sincerità: di tutti gli "indici" a nostra disposizione, è il meno mediato (forse solo il divano dello psicanalista può raggiungere risultati più espliciti) e garantisce quindi una certa affidabilità. Nella pornografia (almeno nella nostra, quella delle società industriali) il coinvolgimento emotivo non è represso, ma, al contrario, ricercato. Essa può dunque essere utilizzata come indice dell'immaginario erotico medio.
Premesso ciò, possiamo notare che i contenuti della produzione pornografica dei nostri giorni sono, fondamentalmente, gli stessi di quella dei tempi bui della repressione sessuale. È cambiata la presentazione, sono cambiati gli "strumenti di comunicazione": allo squallore degli anni '50, alla povertà tecnica legata alla clandestinità, si è sostituita la carta patinata, il cinemascope, gli addobbi portati dalla liberalizzazione (e dalla concorrenza, quindi). Ma gli ingredienti, le situazioni e le pratiche destinate ad aggredire la fantasia dei consumatori, restano gli stessi delle consunte "cartoline scandalose" di vent'anni fa, dei libri che gli adolescenti leggevano con una mano sola. Il che sembra confermare pienamente quanto si diceva poco fa, che l'immaginario erotico medio ha subito ben scarse modificazioni, ed è con questo immaginario che abbiamo a che fare ogniqualvolta tentiamo di "riappropriarci della nostra sessualità".

Il discorso, però, non fila del tutto. Si può obiettare, infatti, che la pornografia resta ancor oggi, come ieri, un prodotto destinato soprattutto al pubblico maschile, e quindi, se indice è, lo è solo dell'immaginario erotico maschile. E quello femminile?
A questo punto le mie cautele e reticenze aumentano, intanto perché sarebbe logico che non toccasse a me a dare una risposta, ma alle dirette interessate; inoltre, perché su tale argomento gli elementi di giudizio a mia disposizione sono modesti e di incerta affidabilità, basandosi più che altro sul mio privato, sulle mie personali esperienze, sui miei rapporti umani. Mi sembra comunque di poter dire che almeno una parte delle donne ha accettato l'immaginario "maschile", (quello che vediamo espresso nella pornografia) se non nel senso che se ne è appropriata e lo vive come suo, per lo meno imparando a convivere con esso nei rapporti sessuali. Che ciò sia un bene o un male, un atto di sottomissione o un recupero positivo, non sono io a poterlo dire, anche se mi piacerebbe sentire che opinioni girano in proposito. Sta di fatto che quello è l'unico immaginario del quale riusciamo ad aver sentore, di cui vediamo in qualche modo i sintomi. In alternativa ad esso, per quella parte della popolazione femminile che rifiuta o semplicemente non si riconosce nella "cultura pornografica", un altro immaginario non è dato vedere. O meglio, io non riesco proprio a vederlo. E la considerazione non vale unicamente per le donne, ma mi pare possa essere estesa anche ad una parte del sesso maschile, specie delle giovani generazioni, che non si riconosce, anch'essa, nella "cultura pornografica" figlia della repressione dei tempi andati.
In altri termini, ammettiamo pure che la mia pretesa di usare la pornografia come indice dell'immaginario erotico medio sia restrittiva e parziale. Ciò non toglie che un altro immaginario, diverso da quello "tradizionale" sia estremamente difficile da rilevare, tanto da far dubitare della sua esistenza. O da indurre a pensare che, se c'è, è ancora così sepolto, così represso, che non riesce a trovare il modo non dico di emergere dalla cantina in cui è stato rinchiuso, ma neppure di lanciare qualche grido di aiuto.
Un immaginario erotico inesistente equivale ad un immaginario completamente represso? Non saprei. So però che, in entrambi i casi, il risultato è, ancora una volta, la perdita di ogni coinvolgimento emotivo e quindi una vita sessuale poco stimolante, di modesta (o nulla) soddisfazione. Una vita sessuale che segretamente aspira all'assettica semplicità di un coito biblico e breve, il più breve possibile, forse addirittura nemmeno iniziato.
Non riusciamo a liberarci del peccato originale? Non riusciamo a scegliere tra una carnalità colpevole e un'innocenza priva di carnalità? L'immaginario erotico "tradizionale" è ricco, articolato, sugoso. Ma su di esso pesa il marchio d'infamia della sua origine sessuofobica per questo non riusciamo ad accettarlo serenamente, ad esprimerlo in piena libertà. Dobbiamo dunque rinunciare al piacere, al gioco, al trasporto generoso ed eccitante, alla complicità totale che ci lega per un attimo ad altri esseri, al gusto dell'invenzione e della fantasia, a tutto questo che, perdio, è una parte di noi, per avere la serenità?

L'imputato è sempre lo stesso, il coinvolgimento emotivo. Per essere sessualmente felici, dev'essere assolto con formula piena. La nostra dipendenza emozionale (e non solo fisica) dal sesso, ha bisogno di essere accettata, invece che esorcizzata. È un po' il succo di tutto il mio discorso.
Devo dire che mi è difficile, a questo punto, evitare il timore di aver voluto, anch'io, esorcizzare qualcosa, me stesso ad esempio. Quindi, non sono sicuro di aver condotto un'analisi completamente accettabile. Comunque, da essa deriva certamente che non è possibile accostarsi ai nostri immaginari erotici nei termini moralistici di "giusto" e "sbagliato", di "liberato" e "perverso", non è possibile considerarli un terreno più o meno inquinato da sottoporre a bonifica. Il problema è liberare le nostre emozioni dalla repressione, non adeguarle ad un modello ideale di "comportamento". Si tratta quindi di lasciare il nostro immaginario libero di lievitare, invece che seppellirlo o inaridirlo. Soprattutto, si tratta di lasciarlo libero di esprimersi, perché possa essere messo in comune con gli altri: quanto più resta misterioso e sconosciuto, tanto più è difficile realizzare quella complicità emotiva, quella comunione di eccitazioni, che sta alla base di una vita sessuale felice. Appunto per questo, l'immaginario erotico non può essere sottoposto al giudizio dell'ideologia, anche quando vi riconosciamo (o crediamo di riconoscervi) elementi contraddittori. L'unica "bonifica" a cui può essere sottoposto senza reprimere, attraverso di esso, la sessualità, è quella del confronto: il mio immaginario (quindi la mia sessualità) si modifica e si evolve, "migliora", a contatto (anche conflittuale, ma libero) con l'immaginario altrui, con la sessualità altrui. Per costruire, tutti insieme appassionatamente, un pezzetto alla volta, il "sesso liberato", che sarà quello che sarà? Forse. Per essere più felici? Certo.